La libertà del/nel bosco

[Foto di Larisa Koshkina da Pixabay.]

A partire dagli undici anni, trascorrevo molto tempo nei boschi, alla scoperta di non so cosa. Spesso partivo la mattina in bici con un panino e un termos, per non tornare che la sera. Ricordo che avevo scoperto in mezzo alla foresta, lontano da case, strade e sentieri, un laghetto dove mi ero costruito un rifugio. Passavo ore lì a osservare, fiutare, esplorare un angolo di natura selvaggia dove non veniva nessuno, e dove mi piaceva immaginare che nessuno tranne me avesse mai messo piede. In ogni caso non ho mai incontrato anima viva intorno a quel laghetto sperduto, cui non conduceva alcun sentiero. Ero solo e mi sentivo straordinariamente bene. Non avevo sempre bisogno di compagnia per sentirmi felice. Anzi. Oggi direi che ero felice perché mi sentivo libero, perché potevo andare dove mi pareva, perché nessuno mi diceva cosa fare e cosa non fare, ma anche perché, suggestionato dalle storie di indiani – piuttosto che di cowboy – dei romanzi di Fenimore Cooper e altri, immaginavo di essere fuori dal mondo quotidiano e tristemente reale (…) Le ore e i giorni trascorsi in solitudine nella foresta di Åseda sono sicuramente stati uno momento di libertà importante e formativo nella mia vita. E’ probabile che avrei trovato altre vie di fuga e altri margini dove inscrivere la mia indipendenza, se fossi vissuto in una grande città. Ma sarebbe stato molto più difficile scoprirli da solo.

(Björn LarssonBisogno di libertàIperborea, 2007, traduzione di Daniela Crocco, pag.22/25)

Anche io, come Larsson e con in mente l’esperienza filosofica di Thoreautrovo da sempre il bosco come uno dei luoghi dentro il quale mi sento più a casa, se così posso dire. Un ambito non solo possentemente naturale, protettivo, vitale, non solo bio-logico e antropologico ma anche culturale, in senso filosofico e non solo. E non è un caso che lo scrittore svedese ne parli in un libro dedicato al concetto di libertà e al bisogno di essere – non sentirsi, essere – liberi: che cos’è la libertà se non una delle più alte e consapevoli forme di cultura?
E dove si è liberi, e d’una libertà garantita, per così dire, anche dal poter starsene al riparo dalle cose spesso torbide del mondo, se non in ciò che possiamo riconoscere come “casa” – la quale non è solo, ovviamente e banalmente, il luogo con un tetto e quattro mura dove risiediamo?
Ecco, appunto.

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I ghiacciai, a Cremona

Eccovi un altro evento parecchio interessante in tema di montagne, ghiacciai e cambiamento climatico, la cui sede nel bel mezzo della pianura lombarda rende per certi versi ancora più affascinante. D’altro canto l’acqua che scorre (siccità permettendo!) nelle rogge tra i campi della pianura è sempre e comunque figlia, per gran parte, delle vette alpine lontane a settentrione, della neve e dei loro ghiacciai, che la lontananza e le foschie rendono di frequente invisibili ma che non per questo non sono parte fondamentale dello stesso ecosistema idrico padano. Il quale dalle Alpi fornisce acqua e vita all’intero bacino settentrionale del Po e che dunque è bene conoscere, senza dubbio, ancor più se in modi suggestivi e intriganti come quello proposto dalla mostra di Cremona.

Per saperne di più, cliccate qui oppure visitate il sito web del Servizio Glaciologico Lombardo, qui. Per ingrandire l’immagine della locandina, cliccateci sopra.

Oggi, al Liceo Frisi di Monza


Vi ricordo che l’incontro è libero e aperto a tutti, dunque, se potete e volete partecipare, credo (spero!) che ne uscirà qualcosa di parecchio interessante!

Cliccate sull’immagine per saperne di più.

Ghiacciai e montagne (e noi) a Monza, lunedì 27/02

Lunedì 27 febbraio, alle ore 15 presso l’auditorium del Liceo Scientifico Statale Paolo Frisi di Monza, interverrò nel secondo appuntamento dell’edizione 2022/2023 di “Viaggio verso l’altrove”, la rassegna dei pomeriggi culturali curata dal Liceo, in una conferenza intitolata Ghiacciai e montagna: l’altrove che ci riguarda. Tra storia, cultura e scienza: come li vediamo, come sono e come saranno. Con me ci sarà il paleoglaciologo Claudio Artoni e, a moderare l’incontro, lo scrittore e giornalista Luca Serenthà. Insieme proporremo un viaggio nello spazio e nel tempo attraverso le nostre montagne, esplorandone la relazione storica dell’uomo con esse, l’elaborazione culturale dei loro paesaggi, l’intreccio tra evidenze scientifiche e aspetti umanistici e riflettendo sugli immaginari attraverso i quali le vediamo e le frequentiamo, nel contesto della crisi climatica in corso e di ciò che ci aspetta nel tempo a venire. A guidarci in questo affascinante viaggio saranno i ghiacciai, da sempre elementi identitari e referenziali delle montagne oltre che soggetti scientifici fondamentali nello studio delle terre alte, che dal presente sanno raccontarci molto del passato e del futuro non solo dei monti ma pure di tutti noi.

La partecipazione all’incontro, come a tutti quelli della rassegna, è aperta e a ingresso libero per studenti, docenti, genitori e cittadinanza: dunque sono ben felice di invitarvi sperando che possiate partecipare e assicurandovi che, insieme, compiremo un viaggio alpino assolutamente intrigante.

Per saperne di più, sull’incontro e su tutta la rassegna in corso, cliccate sulla locandina lì sopra oppure qui.

Comunicare la “Montagna Sacra”

Il progetto “Una Montagna Sacra per il Gran Paradiso”, dopo la presentazione pubblica ufficiale avvenuta lo scorso 26 novembre presso il Museo Nazionale della Montagna di Torino e la conseguente, necessaria “metabolizzazione” dei suoi contenuti – in corso da tempo, a dire il vero, ma certamente divenuta più compiuta dopo la suddetta presentazione, anche rispetto ad alcuni fraintendimenti al riguardo – sta programmando le prossime iniziative attraverso cui il Comitato promotore – del quale mi onoro di far parte, spero motivatamente – vuole accrescere la presa di coscienza intorno ai temi basilari del progetto e concretizzarne nella realtà la valenza.

D’altro canto sono temi fondamentali, questi, non solo per il Monveso di Forzo ma per tutte le nostre montagne, la loro realtà e il futuro che le aspetta e aspetta tutti i frequentatori di qualsiasi vetta. Per questo siamo ben consci che il progetto de “La Montagna Sacra” debba essere raccontato il più possibile e con crescente diffusione, stante la sua potente valenza emblematica e le innumerevoli possibili e proficue ricadute concrete nei territori montani in merito alla loro salvaguardia – potenzialmente in ogni territorio che subisca “turistificazioni” aggressive e invasive, ed è inutile rimarcare quanti ve ne siano un po’ ovunque, soggiogati a tali pratiche degeneranti non solo dal punto di vista ambientale. In tal senso il progetto ha tutti i crismi per diventare “iconico” e rappresentare un nuovo o differente modus operandi  facilmente applicabile con la sua filosofia concreta e pragmatica alla sostanza della gestione (politica e non solo) dei territori naturali di pregio e alla necessaria ricostruzione di una cultura ambientale consapevole, base indispensabile per qualsiasi buon sviluppo futuro delle montagne e non solo.

Queste sue caratteristiche, dunque, richiedono una comunicazione conseguentemente innovativa e efficace, che si affianchi a quella più classicamente “istituzionale” e che possa ampliare la possibilità di informazione al riguardo senza con ciò pretendere di imporre verità dogmatiche, anzi, agevolando il dibattito sempre necessario (e necessariamente costruttivo). Una comunicazione come quella offerta dal contributo sulla “Montagna Sacra” di Elena Gogna per “Lifegate”, che a quanto si può constatare dai riscontri social funziona veramente bene: