Per provare un senso di libertà interiore bisogna disporre di spazio e di solitudine. A ciò si aggiunga l’essere padroni del proprio tempo, il silenzio totale, una vita dura e lo spettacolo della bellezza naturale.
[Sylvain Tesson, Nelle foreste siberiane, Sellerio, 2012, pag.88.]
Sembra un breve ma risoluto manifesto contro gli agglomerati urbani, quello di Tesson riportato in questo passaggio del suo libro, ma anche contro certa falsa socialità costruita su relazioni artificiali convenzionali che sovente contraddistinguono la vita nelle nostre città, sia grandi che piccole e a volte anche nei paesi. Di contro, la condizione descritta è formalmente utopica, nel mondo contemporaneo, a meno di fuggire nel nulla (della taiga siberiana, nel suo caso) come ha fatto lo scrittore e viaggiatore francese e a patto di non dover tornare indietro (come lui alla fine fa).
Tuttavia, forse, possiamo comunque beneficiare della somma di tante nostre minime utopie, di tanti momenti nei quali cercare di conseguire, assaporare e comprendere il valore della solitudine, dello spazio vuoto di altre cose umane, dell’emancipazione dal tempo, dell’assenza di rumori, della necessità di adattarsi alle rudezze del luogo e della prerogativa di rimirarne la bellezza naturale. Solo qualche mezz’ora ogni tanto, restare lontano da tutti per tornare vicini a sé stessi per capire che è solo sapendo gestire e godere della solitudine che possiamo elaborare una migliore socialità condivisa. Anche dove tutto sembra fatto per annullare lo spazio, per accelerare il tempo, per contrastare il silenzio e cancellare la bellezza naturale, come a volte accade nelle nostre città. Ma tutte quelle piccole utopie, la loro energia, il loro succo vitale, li avremo dentro di noi, e così sapremo vivere la nostra piccola, singolare, autentica libertà.