Simone Aime, “La Valle Gesso e l’idroelettrico”

In Italia si contano oltre 530 grandi dighe, considerando con tale designazione ogni «sbarramento di ritenuta (diga o traversa fluviale) di altezza superiore a 15 m o che realizza un serbatoio artificiale di volume superiore a un milione di metri cubi di acqua», come recita la definizione istituzionale; numero al quale vanno aggiunte qualche migliaia di impianti minori. La maggior parte degli sbarramenti – pressoché inutile rimarcarlo – si trova sulle montagne italiane: gioco forza, visto che è dai monti che scende l’acqua e sui monti è relativamente più semplice costruire bacini di ritenuta, vista la morfologia favorevole delle vallate montane.

Più di 530 grandi dighe potrebbero sembrare tante, considerando l’imponenza di molte di esse, oppure poche, nell’ottica della vastità dei territori montani nazionali. In verità il numero è piuttosto relativo dacché, appunto, contano soprattutto le dimensioni degli impianti in relazione alle risorse idriche disponibili nei territori in cui sono stati realizzati. In ogni caso sulle nostre montagne le grandi dighe sarebbero potute essere molte di più, se si fossero concretizzati tutti i progetti elaborati al riguardo lungo tutta la prima metà e fino agli anni Sessanta del secolo scorso soprattutto nelle vallate alpine.

Tra di esse, nel settore sudoccidentale delle Alpi, la Valle Gesso è una di quelle più significative, innanzi tutto dal punto di vista geomorfologico, visto che la definizione toponomastica al singolare nasconde in realtà un articolato e peculiare sistema di convalli, valloni laterali, vallette e vallecole secondarie, tutte estremamente ricche di acque. Inoltre, proprio in forza della vastità e della ricchezza della rete idrografica, perché la Valle Gesso sarebbe potuta diventare un territorio tra i più infrastrutturati in assoluto, sulle Alpi italiane, per lo sfruttamento delle sue acque a fini idroelettrici, grazie a un ponderoso progetto concepito al riguardo negli anni Venti del secolo scorso, proprio quando cominciò la fase realizzativa più intensa dell’epopea idroelettrica alpina e presero a nascere un po’ ovunque grandi sbarramenti.

La storia idroelettrica “mancata” della Valle Gesso è raccontata nel nuovo libro di Simone Aime, 1924-2024. La Valle Gesso e l’idroelettrico. Il progetto originale e mai realizzato (Primalpe, Cuneo, 2024), già autore di un altro notevole testo sul tema nella stessa zona, quello dedicato alla Diga del Chiotas, sopra Entracque, uscito nel 2021 (ne ho scritto anche nel mio Il miracolo delle dighe) e per il quale il nuovo volume rappresenta la chiusura di una sorta di cerchio geostorico []

[Simone Aime durante una recente presentazione del libro.]
(Potete leggere la recensione completa di La Valle Gesso e l’idroelettrico cliccando sulla copertina del libro lì sopra, oppure visitate la pagina del blog dedicata alle recensioni librarie. Buona lettura!)

 

Fabrizio De André e le (sue) montagne

[La borgata Cialancia nel comune di Pradleves, in Valle Grana. Questa e tutte le altre immagini della valle presenti in questo articolo sono tratte dal sito web dell’Unione Montana Valle Grana.]
Giovedì scorso, 11 gennaio, si è ricordato il venticinquesimo anniversario della scomparsa di Fabrizio De André, che io ritengo tra i massimi poeti del Novecento e uno dei maggiori italiani in assoluto – oltre a tutto il resto di risaputo che fu il grande cantautore.

È poco noto che De André, nato in riva al Mar Ligure, aveva origini familiari alpine e negli anni Novanta volle visitare le montagne dalle quali provenivano i genitori, piemontesi e con il padre di probabile origine provenzale: quelle di Coumboscuro in Valle Grana, una delle numerose e meravigliose vallate a raggiera che caratterizzano l’arco delle Alpi cuneesi, sul confine con la Provenza.

Coumboscuro è a sua volta un vallone sulla destra orografica della Valle Grana, che dal capoluogo Monterosso Grana sale fino al crinale con il Comune di Rittana, verso la Valle Stura. Vi si parla la lingua d’oc, il provenzale alpino, che nelle terre alte piemontesi tra la Valle Vermenagna  e la Valle Susa resiste all’avanzata degli altri idiomi locali parlati nel resto della regione. Non a caso proprio a Coumboscuro nacque negli anni Sessanta il Coumboscuro Centre Prouvençal, centro di cultura e editoria fondato dal poeta Sergio Arneodo, che da allora si impegna in vari modi per la valorizzazione e la salvaguardia della minoranza linguistica d’Oc.

E proprio a Coumboscuro nell’ottobre del 1993 salì Fabrizio de André, in compagnia della moglie Dori Ghezzi e dell’amico Franco Mussida, chitarrista di tanti concerti con la leggendaria Premiata Forneria Marconi. Li vedere ritratti insieme a Arneodo nell’immagine qui sopra.

Come racconta questo articolo del quotidiano on line “Cuneo Dice” di qualche anno fa, condurre Fabrizio De André in provincia di Cuneo fu la curiosità di conoscere meglio la civiltà provenzale alpina in Italia di cui Coumboscuro è la “capitale culturale” fin dal secondo dopoguerra. Artefice del grande lavoro storico-letterario al riguardo fu il già citato Sergio Arneodo, scomparso nel 2013, che attraverso un’azione a tutto campo riuscì a far emergere dai secoli ed elevare al pieno rango di “letteratura” l’antica lingua dei trovatori, già parlata da generazioni.

D’altro canto, a stuzzicare la fantasia di De André fu anche la ricerca delle proprie radici. Pare che le origini del suo cognome fossero nascoste proprio in Provenza, come detto: il cognome De André se letto in provenzale significa “della famiglia degli Andrea”. Forse è stato questo uno dei motivi che ha spinto il grande cantautore a passare un po’ di tempo in Valle Grana in compagnia dello stesso Arneodo. I due ebbero così modo di assaporare intimi momenti di confronto, stimolati dalla comune sete di cultura, per confrontarsi su spiritualità, creatività letteraria, sensibilità del vivere. Il tutto mentre la moglie Dori Ghezzi si divertiva a cercare funghi con i bambini del villaggio di Sancto Lucio di Comboscuro.

Frutto di quella residenza sulle montagne cuneesi fu la registrazione della canzone Mis amour – I miei amori con Li Troubaires de Coumboscuro – oggi Marlevar. Il brano in lingua provenzale fu pubblicato nell’album dei Li Troubaires A toun soulei, del 1995. L’amicizia e la stima tra Fabrizio De André e Sergio Arneodo si mantennero nel tempo, nel solco di un reciproco prezioso equilibrio d’arte e creatività poetica, fino alla scomparsa del cantautore, appunto l’11 gennaio di venticinque anni fa.