L’incontro dal titolo “Olimpiadi SOStenibili” di martedì 21 maggio scorso a Sondalo, in Valtellina – a pochi chilometri da Bormio che sarà una delle sedi olimpiche principali per i Giochi invernali di Milano-Cortina 2026 – nel quale ho avuto il privilegio di intervenire, è stato bello e intenso non solo perché affollato oltre ogni previsione (a ben vedere non causalmente), ma anche per aver rappresentato una preziosa occasione per ascoltare e dialogare con i presenti, abitanti di Sondalo e dei paesi limitrofi, su un tema fondamentale per la Valtellina presente e futura e su numerosi argomenti ad esso correlati.
Come già riscontrato altrove, anche a Sondalo nessuno si è detto contro le Olimpiadi e molti erano felici dell’assegnazione dei Giochi e di diventare terra “olimpica”, ma parimenti nessuno si dice soddisfatto di come si stanno gestendo le opere olimpiche, molti si dichiarano preoccupati se non allarmati, tutti si sono sentiti (e si sentono) tagliati fuori da qualsiasi processo decisionale su interventi che cadranno sulle loro teste e, in certi casi, modificheranno profondamente il paesaggio abitato e vissuto senza che sia stata data alcuna garanzia né sulla loro autentica efficacia e né sulle conseguenze future. Un grande evento come le Olimpiadi, che avrebbe potuto e dovuto manifestarsi come un avvenimento collettivo, un prezioso progetto di sviluppo non solo turistico e economico partecipato e in grado di generare ricadute positive per tutta la comunità territoriale coinvolta, si sta rivelando un’azione forzata, di carattere impositivo e indiscutibile, una prova di forza della politica contro i territori, le loro peculiarità e contro le comunità alle quali non è stato riconosciuto il diritto democratico di poter dire la propria – In Valtellina come in Cadore e in altri sedi olimpiche.
In questo modo non solo le Olimpiadi, con le loro ricadute materiale e immateriali, rischiano di provocare danni e disagi alle popolazioni residenti senza donare loro alcun vantaggio, ma stanno diventando anche un boomerang per il consenso all’evento, il sostegno dei residenti, l’immagine del territorio. Oggi non è più accettabile che si intervenga così pesantemente in contesti pregiati e fragili come quelli montani, già sottoposti a sfide e criticità a non finire, senza coinvolgere, ascoltare e dialogare con le comunità residenti: non farlo è la via migliore per banalizzare e degradare la montagna ancor più di quanto già non accada accelerandone i fenomeni socioeconomici e culturali più deleteri – spaesamento, alienazione, spopolamento… – invece che risolverli, come si sostiene.
Possiamo permetterci di correre un rischio del genere? Io penso proprio di no. Vogliamo finalmente rimettere al centro le comunità delle montagne ridando loro dignità politica e democratica? Io credo proprio di sì. Ecco.