
Gli uomini sbarrano un fiume, lo sbarramento dà origine a un lago: il nuovo elemento, benché divenuto parte della Natura, assorbito nei suoi ordini, esprime la misura dell’umanizzazione, diventa testimonianza per l’uomo della sua capacità di umanizzare, anche se la diga, proprio perché sottostà ancora a leggi di Natura, può sempre sfuggire al suo controllo. Il lago non è però soltanto il risultato di una conoscenza dei fenomeni necessari alla sua costruzione: ma anche della conoscenza dei fini che con tale opera gli uomini si propongono. Fini e possibilità realizzative entrano nei mezzi e nelle esigenze di una civiltà particolare, che in questo caso può essere quella industriale, la quale costruisce bacini idrici per fornire acqua d’irrigazione alle campagne durante la stagione arida o per produrre l’energia elettrica necessaria alle proprie attività. Ogni forma di umanizzazione si realizza secondo finalità e mezzi diversi a seconda delle culture, delle istituzioni e degli strumenti di cui essa si serve per instaurare un rapporto concreto e positivo tra uomo e Natura. Umanizzare la Natura ha quindi, in prima istanza, il significato di una sua annessione culturale al mondo dell’uomo.
È assolutamente emblematico che una figura fondamentale per lo studio delle geografie e dei paesaggi del mondo abitato dall’uomo come il grande Eugenio Turri abbia spiegato, in Antropologia del paesaggio (volume altrettanto fondamentale), il suo concetto di «umanizzazione» prendendo a esempio la costruzione di una diga. Per me, poi, leggere queste considerazioni di Turri quando il lavoro di stesura del testo de Il miracolo delle dighe era già a buon punto è stato oltre modo particolare e sorprendente: perché quelli espressi da Turri sono gli stessi principi sui quali ho costruito molta della narrazione del mio libro, che non parla tanto di dighe quanto parte dalle dighe per osservare il paesaggio d’intorno, quello alpino nello specifico, per esplorare la storia della relazione con esso degli uomini attraverso i segni antropici inscritti tra i monti, dei quali le dighe sono ovviamente quelli più ciclopici e significativi, nonché per partire materialmente – cioè escursionisticamente – dalle dighe e parimenti esplorare i territori delle Alpi che ospitano alcuni dei più grandi sbarramenti idroelettrici, ricavandone un particolare diario di viaggio, di cammini, di visioni, emozioni e intuizioni. In pratica, facendo della diga la “prima pagina”, in qualche modo la prefazione, del grande libro di storia dell’uomo nelle Alpi e così leggendo tutte le altre pagine – di roccia, erba, terra, neve, ghiaccio – delle quali le montagne sono fatte, quelle che descrivono il paesaggio che tutti noi possiamo cogliere, ammirare, meditare.
Mi auguro dunque, se vorrete leggere Il miracolo delle dighe, che possa diventare anche per voi il punto di partenza per camminare, vagabondare, esplorare, scoprire le montagne e poi, osservando il loro paesaggio dal coronamento delle dighe quale postazione insolita e privilegiata di osservazione attenta, che possiate formulare di conseguenza una più profonda e sentita relazione con quelle montagne e con il mondo – d’alta quota e ugualmente di bassa quota – che tutti insieme quotidianamente viviamo.

Il miracolo delle dighe. Breve storia di una emblematica relazione tra uomini e montagne
Fusta Editore
Data di Pubblicazione: 18 maggio 2023
EAN: 9791280749451
ISBN: 1280749458
Pagine: 128, con appendice fotografica
Prezzo: € 17,90
In vendita da maggio 2023 in tutte le librerie e nei bookstores on line.
(Cliccate sull’immagine delle copertine per saperne di più sul libro. La fotografia in testa al post è una veduta della diga di Fedaia, una di quelle di cui scrivo nel libro. Foto di Syrio, opera propria, CC BY-SA 4.0, fonte commons.wikimedia.org.)