A che punto è l’emblematica questione del collegamento sciistico tra Colere e Lizzola?

È ormai passato un anno da quando il “caso Colere-Lizzola” – cioè il progetto da oltre 70 milioni di Euro di collegamento tra i due comprensori sciistici sulle Prealpi bergamasche posti in gran parte sotto i 2000 metri di quota e in zone variamente sottoposte a tutela ambientale – è scoppiato in tutto il suo fragore, echeggiato sulla stampa locale e nazionale nonché nei vari incontri pubblici organizzati al riguardo dai soggetti che si sono mossi contro il progetto e a tutela dei territori montani coinvolti. Qui trovate i numerosi articoli che anch’io gli dedicato.

Un caso che è diventato rapidamente emblematico al pari di altri (Monte San Primo, Vallone delle Cime Bianche, Tangenzialina dell’Alute, le varie infrastrutture olimpiche, eccetera) circa la più opinabile turistificazione delle montagne, in forza dell’enorme investimento previsto – per la gran parte pubblico – a fronte della limitatezza e dell’attrattività del comprensorio sciistico rispetto ad altri ben più grandi e strutturati posta alla stessa distanza da Milano (ovvio bacino d’utenza primario della località), della sua vulnerabilità agli effetti della crisi climatica, del territorio coinvolto estremamente pregiato e delicato, dei bisogni ben diversi e insoddisfatti utili alla quotidianità delle comunità locali, e così via.

Dunque, dopo la pubblicazione del progetto di collegamento definitivo, lo scorso anno, e le varie iniziative di sensibilizzazione e di opposizione ad esso, qual è ad oggi il punto della situazione?

Lo delinea dettagliatamente il recente comunicato stampa delle associazioni che si stanno muovendo contro il progetto, cioè Orobievive, TerreAlt(r)e, Valle di Scalve bene comune, Lipu, APE, Legambiente Bergamo, FAB/Flora Alpina Bergamasca e Italia Nostra, che vi propongo di seguito, ringraziando di cuore Angelo Borroni che me l’ha inviato.

A che punto è il collegamento sciistico Colere-Lizzola?

A maggio 2024 RSI, la società che gestisce il comprensorio di Colere, presenta il progetto di collegamento sciistico delle stazioni di Colere e di Lizzola.

A luglio 2025 le relazioni economica-finanziaria e legale, redatte dai consulenti incaricati dagli stessi Comuni, evidenziano le carenze del progetto che pretende la quota prevalente di investimenti effettuata con denaro pubblico, riservandosi per 60 anni la eventuale redditività dell’impresa.

Questi pareri confermano tutte le obiezioni che in questi mesi sono state indicate dai cittadini di buon senso e dalle associazioni, senza dimenticare la devastazione ambientale che coinvolgerebbe anche la Val Conchetta e l’alta Val Sedornia, finora non antropizzate, compromettendone la bellezza e pure la fruibilità turistica estiva, che viene raccontata come “destagionalizzazione”.

Questo progetto acquisisce di fatto la certificazione di non poter stare in piedi.

Le Amministrazioni devono di fatto prendere atto che il collegamento sciistico non è economicamente e giuridicamente sostenibile: il Comune di Colere ha votato contro la richiesta di RSI di allargare alla Val Conchetta la convenzione già in essere; nel Comune di Valbondione l'inserimento del progetto di collegamento sciistico fra le Opere di Pubblica Utilità viene paradossalmente votato dalla minoranza con l’astensione della maggioranza.

Nel frattempo occorre sottolineare che viene negato l’accesso agli atti per conoscere l’evoluzione del progetto. Il Comune di Colere ha inserito nel suo sito una sezione che dovrebbe comprendere il materiale relativo ai rapporti Comune-RSI, ma in realtà molti documenti non sono pubblicati; invece il Comune di Valbondione nega semplicemente tutte le informazioni dopo ormai più di un anno dalla richiesta.

E la stazione di Colere, come sta?

Il bilancio 2024/2025 di RSI srl, società di gestione della stazione di Colere, è ulteriormente peggiorato rispetto al 2023/2024, in quanto:

a) lo stato patrimoniale fotografa una situazione sicuramente non solida dell’impresa, dove i debiti pesano per oltre il 60% del valore delle strutture e dei beni;

b) il conto economico dice che i costi di gestione sono aumentati, mentre gli incassi sono diminuiti, in quanto gli accessi invernali hanno continuato a calare (da 76000 nel 2023/2024 ai 70000 nel 2024/2025);

c) le perdite di esercizio passano da 328.000 a 1.449.000 Euro, gravate dai costi di gestione, cioè consumi energia elettrica, gasolio e acqua, dai costi per il personale, dal peso degli ammortamenti e soprattutto dagli oneri finanziari, che ammontano a 1.143.000 Euro, dovuti all’indebitamento bancario che ha raggiunto i 18.526.000 Euro, la quota prevalente dei debiti pari a 22.737.000 Euro.

Nel frattempo RSI continua a spendere con la ristrutturazione dell’albergo Pian del Sole al Polzone (costo 8 milioni), con il completamento dell’impianto di innevamento artificiale delle piste e con ulteriori edifici.

Questi interventi si aggiungono ad aggravare la passività nel prossimo bilancio con l’espansione dei costi, con il peso degli ammortamenti e di eventuali ulteriori oneri finanziari.

Ma il progetto non va in soffitta, anzi!

RSI, che ha già in tasca l’opzione di rilevare la società che gestisce Lizzola, ha manifestato l’interesse per la stazione di Spiazzi di Gromo, rendendosi disponibile a integrare il finanziamento (6,6 milioni), già assegnato dal Ministero del Turismo alla locale società di gestione IRIS per la sostituzione della seggiovia Vodala, con la prospettiva di rilevare interamente la società.

Nonostante le evidenze che certificano un incerto futuro per lo sci da discesa, nonostante le incontestabili condizioni climatiche sfavorevoli, nonostante i pareri contrari di tutti i consulenti tecnici (incaricati dai Comuni, su indicazione di RSI) e di tutti i responsabili tecnico/finanziari dei Comuni, i rispettivi Sindaci persistono nel voler portare avanti l'assurdo progetto. Come se si trattasse solo di rimuovere o aggirare fastidiosi ostacoli messi in campo da chissà quali nemici del progresso e non da pareri competenti e responsabili. Ma la parte pubblica, quella che dovrebbe rappresentare l'interesse di tutti noi, davvero intende gettare decine di milioni in progetti elitari e senza prospettive, che sottraggono risorse alle necessità prioritarie delle aree montane?

Ecco, questo è ad oggi lo stato di fatto della vicenda.

In chiusura, il comunicato accenna alle domande presentate da entrambe le società di gestione degli impianti di Colere e di Lizzola al bando del Ministero del Turismo per i comprensori sciistici di recente assegnazione (ne ho scritto qui.): 10 milioni sono stati richiesti da parte di Lizzola per la sostituzione delle proprie tre seggiovie attuali con unica cabinovia, una soluzione pensata per il collegamento ma che penalizza le piste di Lizzola; altri 10 milioni sono invece stati richiesti da Colere per la sostituzione di una delle seggiovie (la “Ferrantino”) del proprio comprensorio. Bene, come si evince dalle graduatorie pubblicate, il bando ministeriale ha respinto la richiesta di RSI (Colere), non ammessa perché la società non rientra nei parametri finanziari, mentre quella di Lizzola è stata classificata 31°, formalmente esclusa dall’assegnazione dei fondi ma in posizione potenzialmente funzionale a un eventuale ripescaggio. In ogni caso l’apposito provvedimento della Direzione ministeriale competente che sancisce la graduatoria definitiva non è stato ancora pubblicato, dunque questo aspetto dovrà essere rivisto prossimamente.

Dunque «ai posteri l’ardua sentenza»? No, niente affatto: per tutte le circostanze in corso il caso di “Colere-Lizzola” credo si risolverà presto e mi auguro in modi assolutamente positivi per il territorio locale e la comunità che lo vive.

L’unione di tante persone che “fa la forza” in difesa delle montagne, a Bormio e altrove

Riempie veramente l’animo di gioia e di speranza la visione dell’Auditorium dell’Istituto Alberti di Bormio gremito di persone, lo scorso venerdì per l’incontro pubblico dedicato alla questione della “Tangenzialina dell’Alute” (riassumo per chi non sappia di che si tratta: è la strada – opera “olimpica” – che il Comune di Bormio vorrebbe realizzare nel mezzo della piana dell’Alute, zona paesaggisticamente meravigliosa e emblematica nonché ultima rimasta a vocazione rurale nella conca bormina, al fine di portare gli sciatori più rapidamente agli impianti di risalita ma che agevolerebbe l’urbanizzazione e la cementificazione della piana). Un incontro nel quale si è fatto il punto della situazione e presentato le prossime mosse a difesa dell’Alute, in primis il ricorso congiunto depositato al TAR della Lombardia per chiedere l’annullamento del decreto che ha prorogato i termini per la realizzazione della Tangenzialina, anche in forza degli atti illegittimi compiuti al riguardo dal Comune di Bormio (il quale pubblicamente dichiarava l’opera “sospesa”). Trovate lo stato di fatto della questione e le prossime mosse che verranno messe in atto nel comunicato diffuso dal Comitato per la tutela dell’Alute e dalla sezione di Sondrio di Italia Nostra, qui.

D’altro canto le tante persone presenti lo scorso venerdì, così come nei precedenti incontri pubblici organizzati sulla questione, non sono che una parte ben rappresentativa della maggioranza della comunità bormina che non vuole la tangenzialina, come più volte constatato in passato – anche grazie alla richiesta di un referendum consultivo che il Comune ha negato, temendo chiaramente la sconfitta – e che vuole manifestare palesemente quanto abbia a cuore la tutela dell’Alute e, in generale, dell’intero territorio bormino già ampiamente antropizzato e turistificato.

Tutte quelle persone così partecipi in sostegno della causa a difesa dell’Alute non fanno altro che dare voce a un appello, forte, chiaro e inconfondibile, che si alimenta anche della sensibilità di chiunque abbia conoscenza della vicenda e appoggi la tutela del paesaggio bormino e la cui destinataria è il sindaco di Bormio, in quanto massima carica amministrativa locale prima responsabile – tanto nel bene quanto nel male – di ciò che sta accadendo e referente principale – idem come sopra – per i cittadini bormini e per chiunque abbia a cuore la località e il suo paesaggio.

Un appello innanzi tutto ad ascoltare il proprio territorio, a ritrovare il dialogo con il suo Genius Loci, a percepirne l’anima identitaria specifica, a relazionarsi in maniera profonda con il suo paesaggio che lo identifica in quanto insieme armonico di geografie naturali e umane, almeno dove l’antropizzazione non abbia già generato guasti.

Un appello a dimostrare attenzione, sensibilità, cura, cognizione, consapevolezza di ciò che è l’Alute, di cosa rappresenta, di quanto il luogo sia fondamentale, per ciò che è, per l’intero territorio di Bormio e della sua conca, e pure di come il luogo verrebbe svilito e degradato se sfregiato come la “Tangenzialina” farebbe, azzittendo il Genius Loci che lì dimora, soffocandone la vitalità sotto l’asfalto e il cemento e per ciò abbruttendo inevitabilmente l’intero paesaggio bormino.

Un appello ad ascoltare, appena dopo il territorio, la sua comunità, che si identifica nell’Alute e che identifica la piana in sé nel legame antropologico ineludibile tra paesaggio esteriore e paesaggio interiore, nel suo viverla, abitarla, frequentarla, considerarla parte della propria dimensione vitale, della propria quotidianità, della propria relazione con il luogo e dell’inestimabile valore culturale, nel senso più ampio della definizione, che rappresenta.

È un appello a porsi di fronte all’Alute, a osservarla, a percepirne i profumi e i suoni, a coglierne la presenza peculiare nel territorio circostante, a sentirsi parte di essa in quanto elemento del paesaggio antropico, a domandarsi quanto sia importante e salutare per sé l’Alute e quanto si voglia essere realmente importanti e benefici per essa.

E poi chiedersi, infine, se si abbia veramente il coraggio di guastarla, sfruttarla, degradarla, banalizzarla, consumarla, rovinarla con una grande strada che impropriamente si definisce “tangenzialina” e con le conseguenze inevitabili che per lungo tempo comporterebbe, forse irreversibilmente.

Ecco perché tutte quelle persone che hanno a cuore la difesa dell’Alute sono così belle da vedere e infondono così tanta speranza. Non solo per la salvaguardia della piana e del territorio bormino ma, in molti modi emblematici e esemplari, per tutte le nostre montagne cioè ovunque possa palesarsi una simile manifestazione collettiva di cura e sensibilità a supporto della loro tutela.

Occorre solo augurarsi che il sindaco di Bormio e la sua giunta sappiano ascoltare tale appello cogliendone il senso, la sostanza, il messaggio e la richiesta fondamentale. Per l’Alute, per i bormini, per tutti.

Nota finale, ultima ma non ultima: durante l’incontro è stato rinnovato un altro appello, altrettanto importante e accorato, a tutti i cittadini (bormini e non) per contribuire a sostenere le spese legali necessarie alle azioni in corso, ben sapendo che, come è stato affermato, «Ogni donazione è un mattone fondamentale per costruire la difesa del nostro patrimonio». Le donazioni possono essere effettuate tramite bonifico bancario al seguente IBAN, intestato al “Comitato promotore referendario a tutela dell’Alute”: IT 38 A 05696 52260 00000 3719X39 

L’ambiguità del Comune di Bormio è un altro ottimo motivo per continuare la lotta in difesa della piana dell’Alute

La verità che è emersa lo scorso 16 ottobre dall’aula del Tribunale Amministrativo Regionale nel corso della seduta dedicata alla vicenda della “Tangenzialina dell’Alute” di Bormio – la nuova strada, opera “olimpica”, che con la scusa di togliere il traffico turistico-sciistico dal centro della località per portarlo direttamente agli impianti di risalita, in realtà distrugge l’ultima, bellissima piana agricola della conca bormina e vi agevola la speculazione edilizia e la cementificazione – è che il Comune di Bormio ha formalmente “ingannato” i propri cittadini, sostenendo che l’opera fosse sospesa ma in realtà deliberando la riprogrammazione dell’inizio dei lavori nel tentativo di “fuggire” da un probabile procedimento legale, come ha ben spiegato il comunicato stampa congiunto del Comitato Tutela dell’Alute e di Italia Nostra [1] e parimenti questo articolo su “Il Fatto Quotidiano”.

Dunque, la Giunta comunale in carica sta permettendo – come hanno denotato in tanti, a partire ovviamente dal Comitato suddetto in lotta ormai da anni contro l’opera – la devastazione di una zona che, come ho raccontato lo scorso 24 agosto durante il mio intervento nell’incontro pubblico tenutosi sul tema a Bormio, è rimasta l’unica a custodire il Genius Loci bormino rappresentando un paesaggio identitario di inestimabile valore storico e culturale per la comunità tanto quanto per i turisti, in mezzo a un territorio altrimenti parecchio turistificato, e lo sta facendo per realizzarvi un’opera palesemente inutile se non – come accennato – a vantaggio di speculazioni immobiliari devastanti e dannose innanzi tutto proprio per la comunità locale, e tutto ciò, come visto, agendo di nascosto, ben sapendo di essere nel torto e in antitesi a ciò che vorrebbero i bormini stessi. I quali tempo fa hanno firmato in migliaia, ben oltre il numero richiesto dalla legge, per chiedere un referendum sulla Tangenzialina che il Comune non ha concesso.

Per tutto ciò e oltre a quanto già rimarcato, mi permetto di osservare che la Giunta bormina ha mancato di adempiere anche, se non innanzi tutto, ai doveri etici e morali che dovrebbero guidare l’amministrazione di un territorio e della cosa pubblica che lo caratterizza. Doveri che includono l’integrità etica e personale (la mancanza di trasparenza citata), il contrasto a sprechi (la Tangenzialina dell’Alute costerebbe 7 milioni di Euro) e l’uso oculato dei beni pubblici, tra i quali c’è il territorio naturale, il rispetto della missione istituzionale e il rifiuto di favoritismi – ad esempio a quei soggetti che potrebbero avere interessi alla lottizzazione immobiliare della piana.

In poche parole, con la vicenda dell’Alute il Comune di Bormio sta dimostrando di non riservare alcuna attenzione e tutela al proprio territorio promuovendone anzi il consumo speculativo e la sua svendita a interessi che nulla di vantaggioso potranno portare alla comunità locale.

Un pasticcio politico e amministrativo parecchio desolante, insomma, posta poi la bellezza assoluta della conca di Bormio e il degrado del suo paesaggio che scaturirebbe dai lavori nell’Alute, oltre a quanto già imposto al territorio dalle altre opere legate alle Olimpiadi invernali di Milano Cortina.

Posta tale inquietante – oltre che desolante, come detto – situazione, che fa della vicenda della “Tangenzialina” una di quelle più emblematiche della turistificazione insensata delle Alpi lombarde e italiane, è quanto mai necessario continuare con il massimo impegno e altrettanta determinazione la lotta per la tutela della piana dell’Alute fino alla cancellazione definitiva del terribile progetto: una lotta che, vista l’importanza turistica e culturale di Bormio e la peculiare bellezza del suo paesaggio, non è solo dei bormini ma di tutti gli appassionati di montagna. La si può continuare già da domani sera, giovedì 20 novembre, grazie all’incontro i cui dettagli vedete nella locandina lì sopra: sarà importante partecipare, per chi potrà, e per chiunque altro è necessario sostenere tale lotta così emblematica, per il bene futuro del territorio bormino e di ogni altro luogo montano sottoposto a progetti del genere nonché, assolutamente, di tutte le nostre montagne e delle loro comunità.

[1] Senza nulla togliere alle altre sezioni di Italia Nostra, quella di Sondrio e della Valtellina è un po’ la sezione “per eccellenza” dell’associazione, che venne fondata nel 1955, insieme ad altre figure di prestigio, da un grande valtellinese come Antonio Cederna.

Il “Premio Marcello Meroni” non è un semplice “premio”

[Tutti i premiati con i candidanti dell’edizione 2025 e gli organizzatori del Premio.]
Il Premio “Marcello Meroni” non è un “semplice” premio. Non lo è perché intitolato a una persona veramente eccezionale come era Marcello Meroni, astrofisico, alpinista di livello eccelso, istruttore Nazionale di Alpinismo, persona di grandissima intelligenza e di altrettanta modestia. E non lo è perché dedicandosi a persone “eccezionalmente normali” che si sono contraddistinte per aver portato a termine iniziative di puro volontariato legate alla montagna e caratterizzate da originalità, valenza sociale, dedizione e meriti etici e culturali, ne riconosce le grandi qualità, che sono anche se non soprattutto umane.

Una prerogativa della quale mi sono nuovamente potuto rendere conto sabato scorso a Milano, partecipando alla premiazione dei vincitori del “Meroni” 2025 nella prestigiosa cornice della Sala Alessi di Palazzo Marino, e ritrovandomi in mezzo a gran belle persone, di valore prezioso, dai talenti molteplici, capaci di fare cose realmente eccezionali ma come fossero “normali” – tutta gente di montagna o sulla quale è di casa, per giunta, garanzia di consonanza intellettuale e spirituale. Donne e uomini, insomma, che è un inestimabile privilegio conoscere e frequentare, persone eccezionalmente normali – ma potrei dire per loro è l’eccezionalità a essere “norma” – che per ciò ringrazio di gran cuore: Nicla Diomede, Laura Posani, Luca Calvi, Flavia Cellerino, Anna Staffini Cammelli, Anna Giorgi, Claudio Gasparotti, tutti i vincitori delle varie categorie e le persone che hanno ricevuto la menzione d’onore e, last but non least, Marco Soggetto e Annamaria Gremmo la quale con me ha candidato e presentato il vincitore della sezione “cultura” del Premio, Giovanni Baccolo.

Perché ho deciso insieme ad Annamaria di candidare proprio lui? Be’, banalmente (per così dire) potrei rispondere perché ha scritto un libro fenomenale come “I ghiacciai raccontano, dove la narrazione della glaciologia e del fascinoso mondo dei ghiacci terrestri articolata da Giovanni è proprio “eccezionalmente normale”, cioè capace di raccontare cose a volte anche complicate con una chiarezza e comprensione divulgative più uniche che rare, che pure le persone “normali” (espressione sciatta ma comune, come sapete) possono comprendere.

Ma sarebbe una risposta fin troppo facile, appunto; in realtà c’è di più, dal mio punto di vista.

Nel 1994, il primo di agosto ai “Colloqui di Dobbiaco”, Alexander Langer (altra figura eccezionale, senza dubbio alcuno) proferì quella famosa riflessione, in verità una domanda: «La conversione ecologica potrà affermarsi soltanto se apparirà socialmente desiderabile. Ma come può risultare desiderabile una civiltà ecologicamente sostenibile?» Conversione che già allora appariva necessaria per come le avvisaglie del cambiamento climatico in corso fossero sempre più evidenti. Be’, sono passati più di trent’anni ma quella riflessione, quella domanda di Langer è ancora senza una buona risposta. O per meglio dire: le risposte ci sarebbero, ormai ben definite, ma ancora non desideriamo di considerarle veramente.

Forse, questa nostra mancanza di responsabilità collettiva ci deriva anche dal fatto che non sappiamo e non vogliamo ancora renderci conto di ciò che da decenni fino a oggi ci dice la scienza, con i suoi dati tanto inequivocabili quanto scomodi, fastidiosi, indesiderati appunto. E forse è stata un po’ una mancanza della scienza, il fatto che ancora non si desideri ascoltare le sue verità nonostante siano le nostre verità, ciò che noi siamo e che è il nostro mondo.

Ecco, Giovanni Baccolo è uno scienziato che, proprio con uno degli elementi geografici del nostro mondo e delle nostre montagne fondamentale quale è il ghiaccio, ha proprio la capacità di farci desiderare di saperne sempre di più, di essere sempre più consapevoli di ciò che ci sta accadendo intorno e dunque di rimetterci in relazione autentica con il mondo che viviamo così da essere un elemento finalmente benefico, per quanto ci è possibile, e non più negativo come troppo spesso siamo stati, noi genere umano, fino a oggi. Se un cambio di paradigma potrà avvenire, riguardo la nostra presenza nel mondo e l’impronta antropica che vi generiamo, così determinante anche per la storia recente e futura dei ghiacciai, è anche grazie a persone “eccezionalmente normali” come Giovanni.

Per questo sono stato veramente felice che la giuria del “Premio Meroni” abbia accettato la candidatura di Giovanni ritenendola meritevole del riconoscimento. Perché se lo è meritato lui e, se così posso dire, ce lo siamo meritati noi che abbiamo la fortuna di poterlo ascoltare e di saper imparare da lui.

Ecco anche perché il “Premio Meroni” non è soltanto un “semplice” premio. È un premio eccezionale, perché riconosce – e fa conoscere – persone all’apparenza normali che viceversa fanno cose “fuori dal mondo”, da quel mondo ordinario dove invece troppo spesso viene ritenuta eccezionale la vacuità e che tuttavia potrà salvarsi – dostoevskijanamente – proprio grazie alla bellezza profusa da certe persone normalmente eccezionali.

Di nuovo grazie di cuore a tutti quelli che hanno contribuito in ogni modo, attivamente ma anche solo con la presenza nel pubblico in sala, a rendere l’evento così bello e potente.

P.S.: su “Fatti di Montagna” trovare un bel resoconto della cerimonia di premiazione, mentre nella sezione “Altri Spazi” del blog di Alessandro Gogna trovate le motivazioni dei premi assegnati.

Sabato 8 novembre, a Milano per il “Premio Meroni” a Giovanni Baccolo

Sarà veramente un enorme piacere per me ritornare a Milano, sabato 8 novembre prossimo, per la premiazione dei vincitori della XVII edizione del Premio Marcello Meroni, e di farlo da proponente, insieme alla cara amica Annamaria Gremmo (già vincitrice nel 2023), del candidato nominato vincitore del premio per la sezione “cultura”: Giovanni Baccolo. Scienziato, docente e ricercatore con notevoli esperienze nello studio dei ghiacciai, dell’ambiente e dei climi alpini e montani, autore di due libri e di decine di pubblicazioni su riviste internazionali nonostante l’ancora giovane età, ma pure in quanto grande appassionato di montagne e natura, Giovanni possiede la rara dote di rendere comprensibili e avvincenti a chiunque temi scientifici sovente complessi, in ciò rappresentando un divulgatore culturale di eccezionale valore nonché un prezioso educatore alla conoscenza e alla sensibilità verso i territori montani e i loro ambienti meravigliosi e fragili. Doti la cui importanza diffusa – non solo tra i frequentatori delle montagne – è inutile rimarcare, posta la complessità della crisi climatica in divenire e di contro la consapevolezza per molti versi ancora carente nei riguardi di un tema così fondamentale per il nostro futuro.

[Giovanni in missione nel nord della Groenlandia, agosto 2022.]
Anche per questi motivi sono felice che la giuria del Premio Meroni abbia deciso di accettare la candidatura mia e di Annamaria Gremmo decretando Giovanni Baccolo vincitore. È un premio quanto mai meritato e assolutamente significativo che riconosce tanto il valore scientifico e culturale quanto quello umano di Giovanni. E per “induzione” anche il valore ambientale (e non di meno culturale, a loro volta) dei ghiacciai delle nostre montagne, così messi a dura prova dal riscaldamento globale.

Il Premio Marcello Meroni, a ricordo e testimonianza dello stile, delle passioni e degli interessi di Marcello Meroni, è organizzato dalla Scuola di Alpinismo e Scialpinismo “Silvio Saglio” della Sezione SEM del CAI e dalla Scuola Regionale Lombarda di Alpinismo ed è dedicato a persone “eccezionalmente normali” che si sono contraddistinte per aver portato a termine iniziative di puro volontariato legate alla montagna e caratterizzate da originalità, valenza sociale, dedizione e meriti etici e culturali.

Il premio ha il patrocinio del Club Alpino Italiano, del Comune di Milano, di ARCUS dell’Università Statale di Milano e dell’Università della Montagna UNIMONT.

Dunque siete tutti invitati a Milano, sabato 8 novembre dalle ore 9,15 presso la Sala Alessi di Palazzo Marino, in Piazza della Scala, per la presentazione aperta al pubblico e gratuita che sarà condotta da Luca Calvi, altra figura assai nota del mondo della montagna italiana. Ogni altra informazione utile sull’evento la potete trovare nella locandina lì sopra pubblicata.

Ovviamente, se sarete presenti, fatevi riconoscere!