Esportare la democrazia

Sparatorie di massa. Razzismo. Terrorismo suprematista. Tentativi di golpe violento. Diritti civili negati.

Bisogna esportare la democrazia.

Sì, ma in America.

P.S.: ribadisco una volta ancora, se non l’avete mai fatto leggetevi Il racconto dell’Ancella di Margaret Atwood. Non è un romanzo distopico, come lo si definisce spesso, è l’America del prossimo futuro.

(L’immagine della bandiera della Repubblica di Gilead è di Marc Pasquin, CC BY-SA 4.0, fonte commons.wikimedia.org.)

Albione sull’orlo di una crisi di nervi

[Immagine tratta da qui.]
Mi si fa sempre più vivida l’impressione che la Gran Bretagna, dopo la Brexit, stia andando incontro a una generale crisi di nervi.

Ciò in base a molteplici evidenze: in primis dal punto di vista economico e sociale, per come la Brexit stia mettendo in crisi molti settori produttivi e, di conseguenza, un’ampia parte della popolazione ad essi collegata, nel mentre che, di contro, l’entrata nel Regno Unito dei cittadini europei per poter lavorare – dal momento che certe filiere produttive sono andate in difficoltà anche per la mancanza di mano d’opera – è ora diventata parecchio difficile, in base alle restrizione imposte dall’uscita dalla UE. Circostanze difficili previste, queste, ma che ora si comincia a ritenere più gravi di quanto ipotizzato. Quindi dal punto di vista socioculturale, per come la Brexit abbia non solo messo in evidenza ma stia rendendo sempre più drammatiche le fratture esistenti nella società civile britannica, presenti anche prima dell’uscita dall’Europa del paese ma ben più latenti e sottotraccia, mentre ora le condizioni politico-culturali generate dall’autoisolamento post-Brexit – oltre che da leaderships politiche francamente piuttosto discutibili, e non mi riferisco solo a quelle al potere – sembra le stia acutizzando in maniera vieppiù deleteria: un esempio in tal senso, forse “banale” eppure a mio modo di vedere emblematico, è quanto accaduto dopo la sconfitta della nazionale inglese nei recenti campionati europei di calcio. Inoltre temo vi sarà pure una crisi di nervi istituzionale, con le pulsioni separatiste della Scozia sempre più forti, una ben maggior irrequietudine nell’Irlanda del Nord rispetto agli ultimi anni tanto che, al riguardo, si sono manifestati nuovamente fatti violenti tipici del tempo dei Troubles e, soprattutto, con la concreta incertezza su cosa accadrà dopo la dipartita di Elisabetta II, comunque un simbolo e un’icona identitaria per il Regno Unito alla quale non si può che augurare ancora una lunghissima vita ma, con tutto il rispetto del caso, la sua bella età ce l’ha mentre alle sue spalle una figura di simile carisma non c’è proprio, almeno al momento.

Ho sempre pensato alla Brexit come a una grande stupidaggine ma ne ho “compreso” l’attuazione riconoscendo la realtà peculiare della Gran Bretagna e la sua unicità, per tanti motivi, rispetto al resto dell’Europa; tuttavia, ripeto, mi pare che le più fosche previsioni riguardo il dopo Brexit si stiano realizzando – pensando a quelle socioculturali come le peggiori, più che quelle economiche. Mi auguro che qualche suddito di Sua Maestà particolarmente saggio e illuminato sappia rimettere in sesto la situazione generale del paese placando la crescente e sempre più irosa inquietudine ma, ora come ora, stando alla realtà dei fatti e alle figure istituzionali in gioco, questa possibilità mi sembra si stia allontanando ogni giorno di più.

P.S.: per la cronaca, il titolo di questo articolo richiama quello del celebre film di Pedro Almodovar, mentre l’Albione citato è l’antico nome della Gran Bretagna.

La verità, sulla politica contemporanea

[Illustrazione di Prawny da Pixabay.]
Suvvia, non meniamo(ci) tanto il can per l’aia: la verità più vera e palese, riguardo la politica – a livello globale, nei “macrosistemi” (gli Usa, per fare un esempio), e nei “microsistemi” (la Lombardia, sempre per fare un esempio che ho sotto gli occhi quotidianamente, ma nel frattempo c’è un’ennesima crisi del governo nazionale, in Italia) – è che la stessa, invece di essere l’ambito nel quale confluisce la parte migliore della società che rappresenta, col tempo e con frequenza crescente è diventata il ricettacolo della parte peggiore. Sempre meno persone di valore e con un alto senso civico e sempre più inetti, incompetenti, incapaci, lazzaroni, approfittatori, disonesti, furboni, cialtroni, esaltati, palloni gonfiati, deviati mentali, buffoni, bricconi se non autentici mascalzoni, che riescono a farsi eleggere e sovente a presentarsi come “leader popolari” solo in forza del degrado culturale, morale e civico che negli anni è stato agevolato e alimentato proprio dal corrispondente regresso della politica, funzionale proprio alla trasformazione di essa in un esercizio tanto reiterato quanto vuoto e dannoso del potere con mere finalità di parte. Uno sconcertante e pernicioso circolo vizioso che si è sempre più autoalimentato, fino a che popolo e governanti si sono specchiati in un’unica immagine, perfettamente speculare ma al contempo dividente – così che l’uno sia sempre più sottomesso e gli altri sempre più liberi, nonché autogiustificati, di sottometterlo ai suoi fini particolari, secondo un processo sociologico e antropologico ben risaputo e comune ad altri ambiti.

Dunque, se è sempre più vero che ogni popolo ha i governanti che si merita è perché il “governo”, in senso generale e in primis come espressione (della) politica, si è meritato – ovvero coltivato e costruito – il popolo che lo elegge a proprio rappresentante. Per questo, se una società culturalmente e civicamente avanzata (ammettendo che ve sia effettivamente una, da qualche parte) si fa inevitabilmente rappresentare dalla sua parte migliore (come, ad esempio, di una squadra di calcio diventa l’emblema il giocatore più forte, non uno di quelli mediocri), la società degradata finisce inesorabilmente per sentirsi rappresentata da chi esprima in modo più netto quel suo degrado, scambiandolo per “emblematico” ovvero per la parte migliore di sé, quando invece con tale processo rende palese la sua parte peggiore e il profondo degrado che l’ha determinata e l’alimenta.

Posto tutto ciò, vi sono solo due vie d’uscita, molto semplici, a tale situazione: una vera e totale rivoluzione nella classe politica, che ribalti radicalmente i deleteri meccanismi sopra esposti, oppure l’eliminazione della classe politica stessa ovvero della politica nell’accezione comune e attuale del termine. E, credo, al momento sono entrambe due buone definizioni del termine “utopia”; d’altro canto, e per citare di nuovo l’esempio calcistico sopra esposto, sarebbe come continuare con una squadra di brocchi assoluti convinti che possa vincere lo scudetto mentre la stessa sprofonda sempre più verso l’ultimo posto in classifica.

Tutto molto semplice, appunto.

 

La destra!!! La sinistra!!!

Quando sento o leggo ancora, alla radio o sul web – e ne leggo e sento continuamente, al riguardo (non oso immaginare alla TV, che fortunatamente non guardo) – quelli di destra che dicono «Aaaaaah, la SINISTRA!» e «I COMUNISTI!», e poi quelli di sinistra che dicono «Aaaaaah, la DESTRA!» e «I FASCISTI!», e poi guardo il calendario e leggo, in alto “Anno 2020”, e poi ci penso un attimo, ma solo un attimo dacché non serve di più, inesorabilmente mi si forma in mente la solita immagine: due gruppetti (numerosi, invero) di mocciosi tanto cresciuti quanto un po’ tardi che, mentre alla loro età dovrebbero ormai divertirsi con giochi e passatempi più evoluti, già “da grandi”, oppure passare più tempo a studiare, magari, invece ancora si fronteggiano beccandosi e sostenendo che le biglie degli uni sono più belle, grosse e colorate di quelle degli altri e viceversa.

Così poi, altrettanto inesorabilmente, mi metto a canticchiare quella solita, sublime canzoncina che fa così:

VolTaiReUMP

«Non sono d’accordo con le cose che dici e darò la vita affinché tu non le possa dire.» (D.T.)

P.S.: è sempre divertente osservare la realtà quotidiana attraverso gli spunti che offre la grande letteratura (di stampo filosofico o meno), anche rileggendone e ricontestualizzandone gli “insegnamenti”, già. Non so se, come alcuni sostengono, tutto del mondo e di ciò che vi succede sia già stato in qualche modo narrato, nei libri, ma è vero che certe cose non fanno altro che ritornare eternamente (giusto per continuare nelle citazioni di cui sopra!)