Piani Resinelli: un sondaggio “particolare”

Un “sondaggio”, sì, sulla meravigliosa località prealpina sopra Lecco e ai piedi della Grignetta, una delle vette più spettacolari delle Alpi italiane sulle cui pareti si è scritta una parte fondamentale della storia dell’alpinismo.

Ma è un sondaggio diverso dai soliti, riguardante quello che, a prescindere da tutto ciò che di negativo si è portato appresso negli anni, è diventato un “simbolo” dei Piani Resinelli: il famigerato grattacielo di Piazzale delle Miniere, costruito negli anni Sessanta ovvero quando c’era il boom economico, lassù nevicava, si sciava regolarmente e, qui come altrove sui monti, ci si era convinti di poter fare ovunque qualunque cosa, senza pensarci troppo sopra se non a come generare tornaconti. Quindici piani fuori terra più sottotetto (come vedete lì sopra) a ridosso delle bellissime abetaie del Parco Valentino e con la Grignetta sullo sfondo, un edificio dal disegno architettonico obiettivamente interessante ma certo non lì dove è stato piazzato, autentico ecomostro (post)turistico oggi abitato solo in minima parte e comunque occasionalmente, percepito come alieno ormai da chiunque sia sensibile al territorio dei Resinelli e al suo paesaggio.

Dunque, ecco il sondaggio. Nessuna domanda ma tre immagini, dalle quali la domanda scaturisce da sé:

Ecco.

Cosa scegliete?

P.S.: al proposito, domenica 28 maggio, dalle ore 17.00 alle ore 19.00, nello Spazio “Le Cose” in via Antonio Corti 12/14 a Lecco, nell’ambito del Festival della Sostenibilità e grazie a Resinelli Tourism Lab, sarà presentato il  project work realizzato dall’MTSM Master in Tourism Strategy & Management (nona edizione) dell’Università di Milano-Bicocca, con il quale gli studenti hanno provato e stanno provando a valorizzare la destinazione dei Resinelli, con proposte turistiche integrate e rispettose dell’ambiente. Per saperne di più, date un occhio qui.

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Piani Resinelli: nuovi parcheggi, vecchi oltraggi

P.S. – Pre Scriptum: questo è il testo integrale dell’articolo pubblicato qualche giorno fa sui media locali riguardante i Piani Resinelli, sopra Lecco, e certe criticità inerenti la gestione turistica della meravigliosa località ai piedi della Grignetta della quale mi sono “occupato” in passato sia per iscritto che in loco la scorsa estate in un bell’incontro con residenti e villeggianti proprio sullo stessa tema. Da quanto è uscito dall’incontro, per come ne hanno dato conto i media locali, ho tratto alcune riflessioni e relative considerazioni, riportate nell’articolo per l’appunto, che ritengo assolutamente significative sia per i Piani Resinelli che per molte altre località affini le quali godono – o soffrono – simili circostanze turistiche.
Grazie fin d’ora per la lettura e per le eventuali considerazioni che a vostra volta magari vorrete trarne e manifestare.

[I Piani Resinelli – o meglio una parte di essi – visti dalla zona dei Torrioni Magnaghi, sul versante sud della Grignetta. Immagine di Valeria Viglienghi tratta da montagnelagodicomo.it, fonte originale qui.]
Per un impegno assunto da tempo, giovedì 11 maggio scorso purtroppo non ho potuto partecipare all’incontro tra amministratori locali e residenti, commercianti e villeggianti dei Piani Resinelli intorno alla questione dei parcheggi a pagamento e, più in generale, della gestione turistica della località ai piedi della Grignetta – uno dei luoghi più affascinanti delle Prealpi lombarde, ci tengo sempre a rimarcarlo. Anche per questo mi è spiaciuto molto non poter essere presente e così ascoltare direttamente le voci e osservare le espressioni degli intervenuti, dopo che in passato sui Resinelli alcune volte ci ho dissertato, sia per iscritto che in loco la scorsa estate – e frequentandoli da sempre, da buon appassionato di vagabondaggi montani.

Posto ciò, non posso entrare nel merito di quanto discusso e ne traggo le impressioni dagli articoli pubblicati al riguardo dei media locali. Eccetto che su un tema, proprio perché già da me toccato in passato, e che è riemerso nell’incontro di giovedì: come leggo su uno degli articoli, «Sempre più persone raggiungono i Piani Resinelli e al di là dei posteggi a pagamento resta la carenza di posti auto. Questo porta spesso molti turisti a posteggiare in aree e vie private, creando disagio a villeggianti e residenti impossibilitati, tra l’altro, a far intervenire la Polizia Locale. Da qui, la richiesta alle Amministrazioni di impegnarsi nell’individuare nuove aree da destinarsi a parcheggio. Anche su quest’ultimo punto, il sindaco (di Abbadia Lariana, n.d.s.) ha assicurato: “Ci siamo già attivati in questa direzione e prossimamente inizieremo a contattare alcuni proprietari di terreni per capire se c’è la disponibilità di intraprendere una trattativa”».

[L’inconfondibile mole della Grignetta “spunta” dai prati fioriti dei Resinelli. Foto tratta da www.leccotoday.it.]
Ma veramente si crede di poter trasformare ancor più di ora i Piani Resinelli in un enorme parcheggio per poterci far sostare più auto possibile? È questa la strategia di valorizzazione del luogo che viene proposta dalla politica locale? I Resinelli sono il classico luogo che subisce le due facce della medaglia turistica contemporanea: l’overtourism dei fine settimana contrapposto al deserto o quasi dei giorni feriali. Dunque si vorrebbero rubare al territorio naturale della località altri spazi da riempire di auto solo il sabato e la domenica per poi farne desolati spazi vuoti nei restanti giorni? Magari asfaltandoli pure, dunque degradando ancor di più la valenza paesaggistica dei Resinelli banalizzandola in una sorta di periferia metropolitana a mero uso e consumo dei turisti occasionali, per di più con il consenso (che mi auguro non ci sia ma non vorrei sbagliarmi) dei residenti i quali in tale aspetto vedono solo la possibilità di ottenerne vantaggi materiali trascurando di intuire i danni al loro territorio che ne deriverebbero.

[Il parcheggio principale dei Piani Resinelli – Piazzale Daniele Chiappa – in un’ordinaria domenica di affollamento turistico. Foto tratta da laprovinciadilecco.it,]
E se invece si pensasse il contrario, di liberare i Piani Resinelli dal cappio soffocante del traffico veicolare, quand’esso diventi troppo intenso e sostanzialmente insostenibile – anche solo a livello di immagine visiva del paesaggio locale – strutturando finalmente un serio e adeguato progetto di mobilità sostenibile? Un efficiente servizio di bus navetta con mezzi ecologici, un sistema integrato treno+bus, una sorta di “rete metropolitana montana” con i capolinea a Lecco e ai Resinelli che unisca lungo il percorso tutti i centri abitati, così da offrire un servizio e apportare un vantaggio logistico non solo ai turisti ma pure agli abitanti del territorio a sua volta soffocato dal traffico veicolare dei fine settimana, una gestione in real time delle presenze di mezzi e persone ai Piani, la messa in rete di tutti gli operatori non solo dei Resinelli ma dell’intero circondario al fine di  ampliare lo stakeholding legato al polo attrattivo dei Piani e in generale delle Grigne… Veramente si pensa che un corpus di soluzioni del genere potrebbero rappresentare uno “svantaggio” per i Resinelli – e per gli affari dei locali, evidentemente – come sembra di dover intuire, e viceversa non ci si capacita del deterioramento e dell’oltraggio imposti al luogo dalle scelte di overtraffic – mi viene da definirlo così – cioè di sovraffollamento automobilistico/turistico che si vorrebbero portare avanti? Come si può tutelare, valorizzare e esaltare la bellezza dei Piani Resinelli ingolfandoli sempre più di autovetture e dunque di turisti meccanizzati che, lo dico con tutto il rispetto del caso, se pretendono ciò sapranno apprezzare ben poco le reali e preziose peculiarità montane dei Resinelli, la loro cultura, la storia del luogo, il valore inestimabile del suo paesaggio? Le spettacolari guglie della Grignetta che emergono da un mare di carrozzerie metalliche automobilistiche di mille colori, è questo che si vuole ottenere?

Insomma, tutto ciò mi pare veramente qualcosa di illogico, obsoleto, decontestuale, insensato. E obiettivamente nocivo, per i Resinelli e il loro futuro. Qualcosa che, se effettivamente attuato, non mi fa proprio sperare il meglio per un luogo così speciale. Ma, come si usa dire, la speranza (del necessario ravvedimento di chi di dovere) è l’ultima a morire ed è opportuno che vada così, a costo di mantenerla a forza in vita.

Sabato scorso, su “Ballabio News”

Giovedì scorso 11 maggio si è svolto l’atteso incontro tra amministratori locali e residenti, commercianti e villeggianti dei Piani Resinelli intorno alla questione dei parcheggi a pagamento e, più in generale, della gestione turistica della meravigliosa località ai piedi della Grignetta della quale mi sono “occupato” in passato sia per iscritto che in loco la scorsa estate in un bell’incontro con residenti e villeggianti proprio sullo stessa tema.

Da quanto è uscito dall’incontro, per come ne hanno dato conto i media locali, ho tratto alcune riflessioni e relative considerazioni proprio in tema di parcheggi, affollamento, gestione del turismo e qualità del paesaggio che ritengo assolutamente significative, per i Piani Resinelli e per molte altre località affini che godono – o soffrono – simili circostanze turistiche. Ringrazio molto la redazione del quotidiano on line “Ballabio News” che sabato scorso 13 maggio vi ha dato spazio, al solito con l’augurio che tali mie considerazioni possano unirsi a quelle più utili e costruttive per favorire il bene del luogo, dei suoi abitanti e del suo prezioso paesaggio, patrimonio di noi tutti.

Potete leggere l’articolo cliccando sull’immagine lì sopra.

Torre de’ Busi, una delle “capitali” orobiche dei rissöi

Credo che Torre de’ Busi, in alta Val San Martino, si possa considerare senza tema di smentite una delle capitali dei rissöi o ressöi, come nella parlata bergamasca vengono chiamate le mulattiere selciate, antiche vie di percorrenza dei territori rurali diffuse ovunque, sulle montagne, e dovunque dotate di fattura simile ma dettagli peculiari e identitari dei vari luoghi in cui si trovano.

Conosco poche zone come quella del territorio comunale di Torre de’ Busi che custodiscono una cosi alta quantità di mulattiere selciate, alcune certamente vecchie di qualche secolo e sovente ancora ben conservate come è difficile riscontrare altrove, di tipologie varie ma tutte aderenti alla tradizione e allo “stile” locali, in certi casi dotate di opere accessorie (ponti, muretti a secco di sostegno…) di foggia altrettanto affascinante: un ricco campionario di architetture e ingegnerie vernacolari (come le ho definite qui, quando già ne scrissi) diffuso per il territorio e custodito dai suoi boschi e dalle selve.

Questi antichi manufatti rappresentano un patrimonio culturale oltre modo prezioso sia in senso storico che artistico, tecnologico, etnologico, antropologico, identitario, così come sono una forma di scrittura litica impressa sui monti la cui lettura narra la storia delle genti che li hanno abitati lungo i secoli: una lettura che si compie camminandoci sopra, seguendone il percorso tra boschi, prati, vallette, nuclei ancora abitati oppure ormai abbandonati che a loro volta rappresentano tanti capitoli da leggere di quella storia umana locale.

Un percorso nello spazio e nel tempo, dunque, sugli stessi passi di donne e uomini che nei secoli passati hanno modificato, territorializzato, umanizzato queste montagne e vi hanno intessuto relazioni d’ogni genere: agricoltori con gerle sulle spalle a e attrezzi nelle mani, pastori con le proprie bestie, ambulanti con le merci da vendere nei mercati della pianura, bambini e ragazzi che andavano a scuola, soldati e partigiani armati, briganti, viandanti d’ogni sorta fino ai moderni e contemporanei escursionisti. È pressoché impossibile immaginare quanti tipi umani abbiano mosso i loro passi nel tempo lungo questi rissöi, carichi delle loro cose, delle loro storie e dei destini che ne hanno caratterizzato le vite, ma è parecchio affascinante ripercorrere oggi le stesse antiche vie così contribuendo a propria volta nel continuare a “scrivere” la loro storia, rileggendo con il cammino quelle storie di varia umanità che hanno definito il paesaggio antropico del luogo caratterizzandone l’anima più autentica.

Tutto ciò rappresenta un piccolo/grande tesoro che Torre de’ Busi possiede e che rende prezioso il suo territorio anche più di quanto già non faccia la geografia del luogo, del cui valore gli abitanti devono essere ben consapevoli e sensibili tanto quanto i visitatori devono esserne avveduti e rispettosi. Conosco bene l’attenzione e l’attività ammirevoli della Pro Loco di Torre riguardo la valorizzazione delle rilevanze culturale che il territorio comunale presenta: ma è bene rimarcare che la prima forma di salvaguardia e valorizzazione di questi preziosi segni antropici è sempre quella che ognuno – sia un residente o un forestiero – può e deve elaborare nonché manifestare, comprendendone la bellezza, l’importanza storica, l’armonia con il luogo nel quale si trovano, prestando attenzione e riguardo affinché quel loro valore resti a disposizione di tutti senza essere maldestramente consumato e danneggiato.

Con una attitudine del genere, e i sensi ben aperti alla ricezione del loro fascino peculiare, vagabondare e “leggere” queste antiche vie inscritte sulle montagne è un’esperienza oltre modo emozionante che vi invito caldamente a vivere e a trasformare nella conoscenza approfondita del luogo e del notevole fascino di questa zona della Val San Martino, palcoscenico naturale proteso sulla pianura lombarda, sul bacino dell’Adda e dei laghi prealpini, sulle valli bergamasche e verso il grande orizzonte delle Alpi che a quelle scritture di pietra che si sviluppano sul territorio fanno da inestimabile iconografia.

P.S.: per vagabondare al meglio il territorio in questione, potete contare anche su questa ottima carta dei sentieri, della cui qualità garantisco io – visto che ho partecipato alla sua creazione e alla pubblicazione! La trovate in tutti gli esercizi commerciali della zona – salvo che l’abbiano esaurita.

 

La stagione migliore per il Monte di Brianza

P.S. – Pre Scriptum: la recente “ospitata” presso il CAI di Calco per la presentazione della guida DOL dei Tre Signori mi ha riportato alla mente l’articolo che potete leggere di seguito e dedicato alla montagna di casa per gli amici calchesi e per chi abita le zone limitrofe, ovvero il Monte di Brianza. Un “piccolo” massiccio prealpino che sa regalare grandi sorprese, la cui scarsa elevazione altitudinale è inversamente proporzionale all’ampiezza di vedute panoramiche e di possibilità escursionistiche per le quali peraltro sono proprio i mesi invernali il periodo migliore, quando altre mete più prettamente montane sono irraggiungibili mentre qui il fascino intrigante dell’inverno prealpino si manifesta in tutta la sua suggestività. Ve lo ripropongo, dunque, insieme all’invito a conoscere e esplorare il Monte di Brianza: la sua bellezza e le peculiarità che offre vi sorprenderanno, ne sono certo.
Buona lettura.

Il fascino discreto (e un po’ magico) del Monte di Brianza

[Il Monte di Brianza dalla sommità del Monte Tesoro. Foto di © Alessia Scaglia; cliccateci sopra per ingrandirla.]
Il Monte di Brianza è uno dei quei luoghi per diverse “ragioni” (tutte assolutamente opinabili) troppo poco considerati e apprezzati. Vuoi perché troppo “facile” da raggiungere, così a ridosso della Brianza (come suggerisce il toponimo) e del milanese, vuoi perché monte dalle fattezze di tozza collinona boscosa priva delle più suggestive asperità tipiche della montagna “vera”, vuoi perché troppo bassa al cospetto dei monti vicini, ben più elevati e rinomati al confronto dei quali sembra appiattirsi intimorito. Be’, tutte cose oggettive ma fuorvianti, perché il Monte di Brianza è invece un luogo assolutamente affascinante e ricchissimo di numerosi piccoli e grandi tesori, un lembo di rigogliosa Natura inopinatamente poco contaminato e antropizzato a pochi km dall’ultracementificata (e inquinata) Brianza e dalla grande Milano, che veramente sembra galleggiare tra i troppi e disordinati segni dell’uomo in questo territorio come un’isola magica, misteriosa e attraente (si veda l’immagine notturna nella galleria fotografica qui sotto e la macchia scura del monte tra le mille luci dei paesi e delle città d’intorno, per cogliere una tale percezione), nella quale il vagare – tra i suoi boschi lungo sentieri e mulattiere secolari che raggiungono luoghi di delicata e antica bellezza – (ri)genera sensazioni piacevolissime, tanto imprevedibili quanto intense.

Ci si sente sospesi, sul San Genesio (altro toponimo del monte, dal nome di una delle sommità principali) in una sorta di piega dello spaziotempo, nella quale certamente giungono i rumori e le visioni della pianura ma sono come filtrati dai “bordi” della sfera ambientale che circonda la montagna e la separa, in modo geograficamente indistinto ma paesaggisticamente netto, dal resto del mondo d’intorno. Ci si trova a poche centinaia di metri in linea d’aria da impianti industriali e strade estremamente trafficate ma da essi ci si sente ben più lontani: forse proprio grazie al vivido e inatteso piacere di ritrovarsi in un’isola di virente quiete così bella e – per molti, ribadisco – inaspettata, che risintonizza i sensi su armonie diverse, fuori dall’ordinario.

Volendo lasciar libera la mente di vagare nei reami della fantasia, verrebbe da pensare che, muovendosi sul placido crinale del Monte di Brianza – che ha orientamento Nord-Sud, più o meno – lungo il sentiero che lo percorre interamente, ci si potrebbe credere in cammino lungo la schiena del Genius Loci del monte, il cui corpo si manifesti nelle fattezze di un ciclope addormentato a pancia in giù, appunto, la testa nascosta sotto il Monte Barro (l’altura adiacente a settentrione) e le gambe che affondano nelle pianure a Sud, verso le colline del Curone; un gigante placidamente a riposo ma assolutamente vivo, vibrante di energia e vitalità al punto da poterla percepire, camminandoci sopra, e sentirla come una forza naturale preziosa e benefica, di quelle che certi luoghi speciali sanno emanare consentendo a chi vi si trova di stare bene lì, di sentirsi ben accolti e compiaciuti di starci. E, a ben vedere, quanto vi ho appena raccontato può essere considerato un volo della fantasia solo nella sua forma metaforica dacché, al di là delle mere suggestioni “letterarie”, veramente il Monte di Brianza – o il suo Genius Loci – emana una propria vitalità peculiare: tenue, delicata, eterea più che altrove, in territori montani maggiormente scenografici (per l’immaginario comune), eppure nitida, a suo modo definita, che si può cogliere con un minimo di sensibilità in più rispetto all’ordinario.

Comunque, anche chi invece volesse far vincere la fantasia sulla razionalità e da essa lasciarsi piacevolmente irretire, sul San Genesio può farlo “a ragione”, viste le numerose leggende che sul monte si possono trovare, e che la fotografa Maria Cristina Brambilla ha raccontato sul numero di novembre 2020 della rivista “Orobie” e in questo suggestivo video:

Insomma: se non l’avete mai fatto prima, o non ancora con la più consona e sensibile attenzione, esploratelo, il Monte di Brianza. Per farlo in modo ben consapevole, potete consultare il sito web dell’Associazione Monte di Brianza (dal quale ho tratto anche le fotografie qui presenti), dove trovate ogni informazione utile al riguardo e molte altre suggestioni altrettanto utili e intriganti.

P.S. – Post Scriptum: sul Monte di Brianza ho scritto anche qui.