Bisogna ringraziare SENTITAMENTE il Ministero per Infrastrutture, e in particolar modo il “ministro” in carica, per aver tagliato del 70% le risorse destinate alla manutenzione delle strade provinciali – che in quanto tali servono soprattutto le aree rurali e montane – allo scopo di finanziare i costi del Ponte sullo Stretto di Messina, cavallo di battaglia del ministro e opera notoriamente fondamentalissima per le sorti del paese.
Grazie per questa ennesima manifestazione di attenzione per le aree interne e per le montagne italiane!
Posto ciò, non si può dunque che rinnovare anche la gratitudine per quegli enti pubblici, regioni in primis, che nel frattempo spendono centinaia di milioni per finanziare impianti sciistici e opere annesse in zone montane dove ormai non nevica più e fa troppo caldo per sciare, al fine di alimentare gli affarismi locali a scopo elettorale. Zone montane presso le quali nessuno più arriverà, ora, visto che le strade che vi giungono, private di manutenzione, saranno troppo dissestate per essere percorse in sicurezza!
Complimenti vivissimi, le montagne ringraziano sentitamente.
(Se volete leggere gli articoli ai quali fanno riferimento le immagini, entrambi tratti da “Open.online” per maggior coerenza giornalistica, cliccateci sopra.)
[Foto di Pexels da Pixabay.]Nelle città in cui viviamo, posta la realtà di fatto che presentano e ciò che ci aspetta nei prossimi anni, tra nuove strade per velocizzare il traffico veicolare e “Zone 30” per rallentarlo, tra la libertà dell’auto privata e il privilegio dei trasporti pubblici, tra un passato che vuol farsi futuro e un futuro che vuol tornare al passato, tra slogan che dicono cose e altri slogan che dicono cose opposte, io credo che per la salvezza delle città e di chiunque le abiti e le frequenti, stanzialmente o saltuariamente, la soluzione sia una sola:
Cioè niente auto, già.
Solo mobilità dolce e trasporti pubblici capillari e efficienti.
La città costruita attorno alle strade e ai mezzi che le percorrono è un controsenso assoluto, un paradosso derivato da uno sviluppo distorto – più o meno conscio, più o meno dettato da affarismi vari e assortiti – delle aree metropolitane. La città va camminata e va pedalata per poterla dire viva così come altrettanto vivi i suoi abitanti in relazione ad essa. Di contro il traffico motorizzato non solo ne ammorba l’aria ma pure l’anima urbana: pensare ancora, oggi, che possa essere l’auto il mezzo principale per attraversarla è una delle più grandi stupidaggini della nostra epoca ed è inquietante che così tanti amministratori pubblici se ne facciano megafono (per giunta definendola assurdamente una “libertà”).
Le “Zone 30” non sono soluzioni ma solo palliativi, utili al momento e solo se si punta rapidamente allo step successivo: la “Zona 0” appunto. Finché le vie urbane non torneranno a poter essere completamente camminabili e dunque vivibili da chiunque, i cittadini in primis, le nostre città saranno solo delle sceneggiate di urbanesimo e dei simulacri di civicità. Diventeranno preda da un lato della gentrificazione più bieca e dall’altro di una slumizzazione degradante. Un mega nonluogo destinato a decadere presto, inevitabilmente.
[Immagine tratta da qui.]In questi giorni ho letto diversi documenti riguardanti la riforma del Codice della Strada, approvata di recente alla Camera (mercoledì 27 marzo), e do ragione piena alle numerose associazioni che lo hanno ridenominato «Codice della strage». A tutti gli effetti vi si legge un pensiero retrogrado, una visione miope e parecchio alienata dalla realtà urbana contemporanea, un atteggiamento tracotante che sembra inseguire fini ben diversi, per non dire opposti, rispetto all’obiettivo sbandierato di aumentare la sicurezza e diminuire il numero dei morti, chissà per quali altri interessi – propagandistici, elettorali, lobbistici… comunque nessuno che vada a vantaggio dei cittadini. Per come verrà aggiornato è un Codice della Strada che sembra scritto a metà Novecento o forse prima, non nel 2024. Trovate tali aggiornamenti ottimamente spiegati qui (cliccateci sopra):
Sconcertante è soprattutto il profondo disprezzo che traspare verso chi usa la bicicletta, la cui mobilità viene in diversi modi limitata e resa ben più pericolosa di prima. Con questo nuovo Codice muoversi in bici, soprattutto nelle città, diventa veramente una roulette russa: le piste ciclopedonali vengono sostanzialmente annullate e rimesse nel pieno dominio dei mezzi a motore, cioè nella condizione dalla quale scaturisce la maggioranza dei morti tra gli “utenti deboli” della strada, ciclisti e pedoni. Una vergogna assoluta.
A questo punto a me, ancor più di quanto già accadesse prima, sbigottisce profondamente leggere che fine stanno per fare le piste ciclopedonali urbane con questo nuovo e scriteriato Codice della Strada e di contro constatare la proliferazione di ciclovie in ambiente naturale – sulle montagne soprattutto – molte delle quali ecologicamente e culturalmente devastanti per i territori che ne restano sfregiati, per le quali si spendono decine di milioni di soldi pubblici, come ho già denunciato più volte. In buona sostanza, mentre in città chi usa la bicicletta abitualmente si vede cancellare le ciclovie e viene messo in pericolo sempre più grave, in montagna a chi usa la usa saltuariamente per mero diletto turistico (e spesso senza alcuna educazione e rispetto) vengono costruire vere e proprie strade ben livellate.
Be’, solo degli amministratori pubblici e/o dei politici mentalmente deviati (dunque deleteri per la società civile e il bene comune) possono consentire una situazione del genere, non c’è altro da aggiungere.
Il “Sole 24 Ore” è il quotidiano di Confindustria, cioè dell’associazione che riunisce le figure professionali che più di altre sanno perfettamente che se un’attività, un’impresa, un’opera, qualsiasi esse siano, non sono basate sul più proficuo ingegno, non hanno logica né criterio evidenti e non possono reggersi economicamente, rappresentando uno spreco di soldi e di lavoro: nessun imprenditore sano di mente le realizzerebbe.
Ecco: anche “Il Sole 24 Ore”, come vedete qui sopra, denuncia l’insostenibilità generale – cioè economica ma non solo – di molte delle opere olimpiche in costruzione per i giochi invernali di Milano-Cortina 2026 e in particolar modo della pista di bob di Cortina. Eppure, alcuni amministratori pubblici dotati di ben poca sanità mentale e ancor più di senso civico, onestà politica e sensibilità verso il territorio ampezzano stanno sprecando decine di milioni di soldi (pubblici) per costruire quella pista di bob. E tutto questo nonostante i numerosi esempi fallimentari del passato, a loro volta segnalati da “Il Sole 24 Ore” nell’articolo di spalla.
Ribadisco ciò che ho già affermato scritto più volte: se effettivamente realizzata, la nuova pista di bob di Cortina d’Ampezzo è già ora e diventerà viepiù in futuro una delle più grandi vergogne italiane in ambito di infrastrutture montane, per la quale i responsabili politici e amministrativi dovranno pagarne le conseguenze, in qualsiasi modo ciò possa avvenire. E se qualcuno obietta che molti cortinesi concordano con la sua costruzione, evidentemente è perché quei molti cortinesi hanno smarrito – inconsciamente oppure no – la relazione culturale con il territorio nel quale vivono, in forza di quei fenomeni psicosociologici di spaesamento e alienazioneben conosciuti da tempo ma dei quali la politica più becera e ottusa si approfitta per alimentare il proprio sistema di potere locale. Fine.