È una bella fortuna avere a disposizione due possibilità così diverse eppure, a loro modo, ugualmente interessanti, non trovate?
È una bella fortuna avere a disposizione due possibilità così diverse eppure, a loro modo, ugualmente interessanti, non trovate?
Non ho né il modo né tanto meno la presunzione di mettere in dubbio i rilievi di Bernt Bratsberg e Ole Rogeberg, ricercatori norvegesi del prestigioso Centro Ragnar Frisch per la Ricerca Economica di Oslo, che hanno condotto un approfondito e rigoroso studio statistico sui dati di ben 730mila giovani uomini, raccolti tra il 1970 e il 2009 – tutti quanti future reclute per il servizio militare locale e per questo sottoposti ai test standard per valutare il loro quoziente intellettivo. Mettendo a confronto i risultati dei test, i due ricercatori hanno rilevato che i giovani di oggi sono sensibilmente più “stupidi” di quelli di 40-50 anni fa. Dal 1975 ad oggi si sarebbero persi almeno 7 punti di QI per ogni generazione. Qui trovate un articolo che ne parla e riassume la questione.
A dire il vero non formulo nemmeno la volontà di dubitare di questi rilievi, anzi.
Perché, anche al di là del rigore scientifico che lo studio norvegese manifesta, mi pare che i dati non facciano che confermare una situazione piuttosto evidente oltre che assai paradossale: nell’era in cui ogni giorno di più, grazie al web, alle reti sociali, ai media, a tutto quanto si ha a disposizione per (riassumo il concetto per chiarezza) diventare più intelligenti, diventiamo invece sempre più stupidi.
Inoltre, paradosso nel paradosso: secondo gli studiosi norvegesi la colpa di tale decadimento intellettivo “sarebbe principalmente dei media, che avrebbero allontanato i giovani dalla lettura ‘intrappolandoli’ davanti alla televisione, ai videogiochi e negli ultimi anni a trascorrere moltissime ore sui social network.” Una motivazione tanto banale e ovvia (per chi riesce a concepirla in questo logico modo) da essere costantemente ignorata e sottovalutata, così che ciò che ci dovrebbe rendere più intelligenti ci istupidisce, insomma.
Be’, in fondo basta poi guardarsi intorno, scorrere lo sguardo tra le “persone normali”, osservare il modus vivendi e cogitandi di molte, leggere sui social network (strumento nocivo per tanti quanto illuminante per alcuni) cosa esse scrivono, valutare lo stato della comunità sociale di cui fanno parte. È evidente che i norvegesi abbiano ragione, già.
Mi viene solo da osservare alcune cose. Primo, la ricerca è stata fatta in Norvegia, uno stato tra i più avanzati anche culturalmente: se l’avessero fatta altrove (sì, penso proprio a un certo paese dell’Europa del Sud) che ne sarebbe uscito? Secondo: forse che dalle nostre parti il suddetto decadimento intellettuale risulti meno marcato? Può essere, visto che già si partiva da un livello molto basso, e da questo si è scesi ancor più. Terzo: ma guarda, l’Italia è uno dei paesi dove si leggono meno libri! Quarto: resto profondamente fiducioso riguardo i giovani, convinto che, nonostante tutto quanto, possano fare molto meglio di quanto hanno saputo fare i loro genitori e, per giunta, abbiano tutto il tempo e le possibilità per invertire la curva discendente del QI; una cosa sola, però: si tolgano dall’influenza di buona parte degli adulti, soprattutto di quelli che si arrogano la volontà di imporsi come modelli e che invece, nella maggior parte dei casi, sono proprio il danno peggiore per il loro intelletto. Ecco.
(L’immagine in testa al post viene da qui.)
Io non seguo il calcio, anzi, me ne sto ben distante ma non per chissà qual snobismo. Il gioco del calcio sa anche essere molto bello e altrettanto divertente ma, a mio modo di vedere, tutto ciò che vi è stato costruito sopra è semplicemente insopportabile, e ne riduce l’altrimenti alto valore sportivo – e culturale, perché no – a pura fuffa.
Tuttavia, se c’è proprio una cosa che del gioco del calcio non capisco, è il risultato di 0 a 0. Zero a zero. Novanta minuti di tempo più recuperi, schemi, tattiche, azioni, difese, pressing, contropiedi, movimenti di palla, campioni e contro campioni, corri di qui, corri di là… e nemmeno un gol?
Ma che senso ha?
Voglio dire: sportivamente, agonisticamente, “filosoficamente” pure! D’altro canto, sono ben pochi gli sport che prevedano il risultato di pareggio e non propongano sistemi di gioco oltre i tempi regolamentari per pervenire a un vincitore certo, e ci sarà ben un motivo perché ciò avvenga.
Ma poi, zero a zero! Almeno 1 a 1, suvvia, un gol per parte quanto meno per giustificare i 90 minuti di corse – nonché gli stipendi faraonici elargiti dalle squadre delle serie maggiori… ma nemmeno quello?! Che diamine!
Fossi un tifoso che si è recato allo stadio per assistere a uno 0 a 0, chiederei il rimborso del prezzo del biglietto. Mi sembra il minimo, ecco.