La neve autunnale sta ormai sparendo, le temperature alte non permettono di sparare quella artificiale e di precipitazioni degne della stagione in cui stiamo non se ne prevedono a breve. Mancano pochi giorni alle festività di fine anno, il periodo nel quale i comprensori sciistici “fanno” buona parte del loro bilancio: se in forza delle condizioni meteoclimatiche in corso dovessero toppare questo periodo, temo che potrebbero già dichiarare la stagione fallimentare.
Nonostante tale realtà ormai sotto gli occhi di tutti, si continua a leggere sui media di finanziamenti pubblici milionari – soldi nostri, è bene non dimenticarlo – per nuovi impianti o per rilanciare vecchi comprensori, per l’innevamento artificiale e per altre varie infrastrutture sciistiche (ad esempio ciò accade nelle località le cui immagini vedete in questo articolo). Un vero e proprio analfabetismo funzionale che gli enti pubblici manifestano, come se quella realtà che osservano (a meno di gravi problemi alla vista) non la sapessero comprendere, come se non volessero credere ai propri occhi negando platealmente l’evidenza dei fatti. Ma, bisogna rimarcarlo, quasi sempre essendo consapevoli di ciò e praticandolo per scelta, ovvero per inseguire interessi e tornaconti personali di varia natura in barba a ogni logica e obiettività.
Le montagne, ovvero buona parte dei loro territori, devono finalmente e pienamente comprendere la realtà che purtroppo stanno vivendo, la quale non farà che peggiorare nei prossimi anni così come sta facendo da decenni a questa parte. Continuare come se nulla fosse significa scavarsi la fossa sotto i propri piedi e farci finire dentro innanzi tutto le comunità che quelle montagne abitano. Gli sciatori qualche pista innevata per divertirsi la troveranno altrove, su montagne più elevate e climaticamente fortunate, ai montanari invece tocca restare lì dove vivono e subire le conseguenze di tutto ciò che sta accadendo. Devono rimarcarlo a chi ha il diritto elettorale e il dovere politico di gestire i loro territori, ovvero la responsabilità di dettarne le sorti nel presente ma ben più nel futuro prossimo – che è già domani, mica tra cinquant’anni. Se non lo sapranno o non lo vorranno fare, quei soggetti governanti dovranno subirne tutte le conseguenze politiche, morali, giuridiche. Inesorabilmente.
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