La (solita) politica delle patate

Qualche anno fa il presidente dell’Iran Mahmud Ahmadinejad, giunto a fine mandato e desideroso di farsi rieleggere, per conquistare il voto degli elettori iraniani fece distribuire 400mila tonnellate di patate, soprattutto tra le classi meno abbienti del paese le quali peraltro già rappresentavano la sua principale base elettorale. Per la cronaca, Ahmadinejad vinse le elezioni, ma poi le cose per l’Iran e la sua gente non andarono proprio benissimo: lo possiamo ben constatare oggi.

Quella mossa elettorale di Ahmadinejad, che sembrò (e sembra tutt’oggi) così rozza e anacronistica, risulta in fondo tipica dei sistemi politici dei paesi meno civicamente e culturalmente progrediti, nei quali all’assenza di competenza democratica diffusa nella società si sopperisce da sempre con elargizioni ben più materiali dunque più facilmente comprensibili, meglio ancora se in grado di generare tornaconti terzi. Ovviamente, per l’Iran di Ahmadinejad non erano tanto importanti le patate in sé e il fatto che fossero cibo utile ma la loro elargizione e l’inesorabile riconoscenza (per così dire) generata.

Ecco. Ogni eventuale riferimento a cose accadute, persone esistenti o paesi altri non è così puramente casuale.

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La “normalità” italiana

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Quante se ne leggono di notizie come questa, e da decenni, sui media italiani? La cadenza è quotidiana, ormai, senza limiti territoriali. E cosa fa il paese per far che questa cadenza diventi sempre più lunga? Nulla. Perché è ormai consueto leggere di fatti del genere: restano un giorno sulle prime pagine e sulle home page, forse due, poi spariscono; gli arrestati vengono incarcerati, forse, poi rilasciati, poi il processo ma dopo anni, poi l’appello, la prescrizione, la riduzione della pena, il legale “giusto” lo si trova sempre… dei meri incidenti di percorso, insomma.

Per questo l’Italia è morta, istituzionalmente, ormai da tempo – sì, morta: non ve ne siete ancora accorti? – per non aver saputo risolvere i suoi più cronici e degeneranti problemi e, quindi, per averli resi normalità. Li ha accettati come “cosa normale”, ordinaria, abituale, esattamente come quando le notizie al riguardo escono sui media per l’ennesima volta: si elabora qualche attimo di indignazione e poi via, si va oltre. Tanto è risaputo che in Italia di cose così ne succedano sempre e dovunque, ce lo stanno testimoniando da tanto tempo proprio i media suddetti e ciò nonostante le inchieste, gli arresti, le condanne – quando arrivano. È normale, ribadisco. Persino inutile leggerle, quelle notizie: tanto è sempre la solita solfa.

E quali o quanti politici, di destra o di sinistra, avete sentito negli ultimi lustri scagliarsi veramente contro questa realtà così aberrante e distruttiva nonché, soprattutto, facendo seguire alle parole i fatti concreti?
Nessuno.

Semmai sono, quelli, gli avvoltoi che si cibano del cadavere istituzionale nazionale: vi nutrono la loro fame di potere e interessi, dunque non potrebbero mai privarsene, non avrebbero più di che sfamarsi. Eppure, in tal caso, il paese avrebbe tutte le possibilità di rinascere e rigenerarsi, di tornare a vivere in modi ben più salubri, o meno letali. Sempre che a qualcuno interessi, questa opportunità, e che non appaia qualcosa di troppo anormale, già.

‘NdranghetAosta

«Eh, certo che di mafia ce n’è pure al Nord, vero?»
«Caspita, forse più che al Sud.»
«E nonostante al Nord ci si vanti di essere la parte “sana” del paese!»
«Già.»
«Si salvano solo le regioni autonome… La Valle d’Aosta, per dirne una: beati loro, su in mezzo ai monti e lontano da tutte le bassezze italiche!»
«Be’, d’altro canto mica sono italiani. Parlano francese, quelli.»
«Vero.»

Ecco.
La Valle d’Aosta. Sì, quello che molti pensano sia un “paradiso”, anche come tessuto sociale. Lassù, nell’aria pura delle più alte vette alpine, protesa tra la Svizzera e la Francia, 125mila abitanti, più piccola di buona parte delle città di provincia italiane. Cultura montanara e francoprovenzale, lì, anche l’inno è in francese: è una regione autonoma mica per nulla – viene da pensare.

Già, “autonoma”, ma non dalle indegnità tipiche della peggiore Italia.

Eh, d’altro canto lo dico da un po’, occupandomi di cose culturali di montagna (per questo ne parlo, qui): non ci sono proprio più i montanari di una volta, trasformati in troppe occasioni, e in molti luoghi, nella peggior versione dei cittadini da non luogo urbano, non più difensori consapevoli delle loro montagne ma svenditori e distruttori incoscienti di esse. Nemici dei propri monti, paradossalmente (qui un altro caso emblematico al riguardo).

Ma l’aria, lassù in alto, resta fina nonostante le umane bassezze di alcuni che mai potranno inquinarla. Anche perché – altra cosa che dico spesso – le montagne non hanno bisogno dell’uomo per preservare la loro bellezza, semmai è l’uomo ad avere bisogno di essere per essere parte di quella bellezza. E se molti sanno respirare ancora a pieni polmoni l’aria pura delle alte quote, altrettanti, palesemente, dimostrano di non voler manifestare questo bisogno. Ergo se ne vadano al più presto da lassù, come acque sporche che i torrenti non possono che raccogliere nel loro alveo e mandare a valle, ove si possano confondere con tutta l’altra sporcizia a loro così simile.

“Tradizioni” italiche

Che meraviglia, questa passione autentica e fervida che da Nord a Sud l’ItaGlia mette nel preservare le sue più peculiari “tradizioni”, vero?
Le quali, con tutta evidenza, fanno pienamente parte della “cultura” popolare nazionale, conosciuta e ampiamente praticata di generazione in generazione, già.

E poi dicono che non ci sono più i valori di una volta! Ci sono eccome, e si fa di tutto perché siano “salvaguardati”, qui.
Proprio meraviglioso, vero?

Il paese delle seconde “possibilità” – e delle terze, delle quarte…

Tranquilli!
State pure tranquilli, voi politici, voi funzionari pubblici e pure voi, docenti universitari imbroglioni e corrotti! Ora si sta alzando un certo polverone sulle vostre malefatte ma presto, vedrete, le notizie spariranno dai media, la gente si dimenticherà e voi avrete tutto il tempo di aggiustare al meglio indagini e processi e uscire dai vostri guai sostanzialmente puliti, prescritti o, tutt’al più, con condanne irrisorie. Perché lo sapete: l’ItaGlia è quel “grande” paese ove viene sempre offerta una seconda possibilità – di compiere reati impunemente. E una terza, una quarta, una quinta… senza contare che, se si mette proprio male, c’è il Parlamento sempre pronto ad accogliervi.
Amen.