La (solita) politica delle patate

Qualche anno fa il presidente dell’Iran Mahmud Ahmadinejad, giunto a fine mandato e desideroso di farsi rieleggere, per conquistare il voto degli elettori iraniani fece distribuire 400mila tonnellate di patate, soprattutto tra le classi meno abbienti del paese le quali peraltro già rappresentavano la sua principale base elettorale. Per la cronaca, Ahmadinejad vinse le elezioni, ma poi le cose per l’Iran e la sua gente non andarono proprio benissimo: lo possiamo ben constatare oggi.

Quella mossa elettorale di Ahmadinejad, che sembrò (e sembra tutt’oggi) così rozza e anacronistica, risulta in fondo tipica dei sistemi politici dei paesi meno civicamente e culturalmente progrediti, nei quali all’assenza di competenza democratica diffusa nella società si sopperisce da sempre con elargizioni ben più materiali dunque più facilmente comprensibili, meglio ancora se in grado di generare tornaconti terzi. Ovviamente, per l’Iran di Ahmadinejad non erano tanto importanti le patate in sé e il fatto che fossero cibo utile ma la loro elargizione e l’inesorabile riconoscenza (per così dire) generata.

Ecco. Ogni eventuale riferimento a cose accadute, persone esistenti o paesi altri non è così puramente casuale.

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I bollettini meteo e le creme “scioglipancia”

Tempo fa, sulla base delle mie esperienze personali, ero giunto alla conclusione di poter ritenere la categoria dei previsori meteorologici affidabile, nei propri bollettini (salvo rarissime eccezioni), quanto quella degli astrologi da rivista di gossip.

Ora, ripensando a ciò e avendo nel frattempo accumulato ulteriori testimonianze al riguardo, credo di essermi sbagliato. Sì, gli astrologi ci azzeccano di più. A quanto pare, tirare a indovinare vaticini con le congiunzioni astrali è più facile che inventare bollettini con le congiunzioni meteoriche, ecco.

Conseguentemente, basarsi sulle previsioni dei bollettini meteo che ordinariamente circolano sui mezzi di informazione e sul web e far dipendere da essi le proprie attività quotidiane, salvo sporadiche eccezioni (ma per la cui “convenienza meteorologica” sovente basta il più ordinario buon senso), è pratica ormai da degradare a un livello inferiore rispetto a quella del dar fede agli oroscopi dei rotocalchi, dunque da fissare al livello degli acquisti delle «creme scioglipancia» di Wanna Marchi.

Tuttavia, sia chiaro, la meteorologia vera è tutt’altra cosa rispetto alle “previsioni del tempo”, così come la nostra relazione con il mondo e con le sue fenomenologie naturali è tutt’altra cosa da quella praticata da chi il mondo lo vive dando fede ai “vaticini” degli oroscopi, alle televendite di prodotti miracolose e ai bollettini meteo farlocchi. In fondo il principio di base è lo stesso di quei prodotti-fake di Wanna Marchi: non era di lei che vendeva falsità la colpa maggiore, ma di chi le credeva. Già.

P.S.: sì, continuo la mia personale battaglia contro le “previsioni del tempo”, secondo me una delle cose più futili della nostra ordinaria contemporaneità. Una battaglia persa in partenza, forse: ma, nel caso, è una sconfitta che non mi provoca alcun dispiacere.

Risposte affrettate

Il nostro di oggi, alla fine, è un mondo molto spesso basato su impressioni e risposte affrettate. Facciamo in ogni cosa della velocità una dote che crediamo imprescindibile, soprattutto dove non riusciamo a capire che così non dovrebbe essere e dunque, in primis, nel pensiero e nella riflessione, che possono avere velocità variabili e giammai “massime” – dovremmo avere qualche campanello d’allarme che suoni in tali circostanze e invece no, non lo abbiamo (più). Sia chiaro: qui l’istinto e l’intuito non c’entrano nulla, il primo è una dote da sviluppare che possiamo avere attiva o meno, il secondo è comunque un effetto del personale bagaglio culturale. No, le risposte affrettate sono generalmente conseguenza dell’opposto, del non pensiero, dell’ignorare il bagaglio culturale a disposizione e del non ascolto dell’istinto (il quale potrebbe certamente essere sbagliato ma, almeno, è dote ovvero talento propri). Per questo, molto spesso, le risposte affrettate in realtà non sono nostre ma di altri, che noi ripetiamo tali e quali per facilità d’espressione e svogliatezza intellettuale, perché in tal senso ci è comodo proferirle, o le impressioni generarle, e perché sembra che oggi, nell’era del blaterare social omnipervasivo, se non si ha qualcosa da dire su tutto non si conta nulla. È una fretta che non dona alcun impulso verso l’avanti ma, anzi, ci spinge all’indietro, verso una regressione intellettuale che, d’altro canto, nel dibattito pubblico appare quanto mai chiara un po’ ovunque.

Insomma, quel noto aforisma che qualcuno attribuisce a Mark Twain, qualcun altro a Oscar Wilde, e che dice «A volte è meglio tacere e sembrare stupidi che aprir bocca e togliere ogni dubbio» oggi vale come non mai. E non è affatto una bella cosa.

Per un autentico diritto di voto

Ma poi, piuttosto di dibattere se sia il caso o meno di concedere il diritto di voto ai sedicenni, non sarebbe più logico, e più equo rispetto alla contemporaneità, introdurre un sistema di valutazione civica e culturale che giustifichi il prezioso e democraticamente fondamentale usufrutto del diritto di voto da parte di chiunque, a prescindere dall’età? In parole povere: se votare alle elezioni di uno stato democratico determina il presente e il futuro dello stato stesso nonché ne sancisce le sorti fortunate o nefaste al pari di tutta la comunità sociale che lo forma, è giusto che chiunque possa godere di un tale diritto, anche quando palesemente ignorante di rudimenti civici e culturali ovvero ostile ai principi democratici che stanno alla base della sua società e del suo ordinamento giuridico?

Insomma: è giusto che del diritto di voto (un tema del quale mi sono più volte occupato, qui sul blog) ne godano certi adulti terribilmente ignoranti e privi di senso civico, magari pure imbottiti di fake news assunte acriticamente dai social, e non ne godano dei sedicenni pur con tutta l’ingenuità dell’adolescenza ma, spesso, ben più consci del mondo che hanno intorno, più capaci di utilizzare le nuove tecnologie e di capire la realtà contemporanea nonché, e soprattutto, aventi davanti il futuro da vivere ben più delle generazioni precedenti?

Non ci vuole molto: un sistema di registrazione volontaria on line nelle liste elettorali, come già avviene in altri paesi, e qualche semplice ma indicativa domanda di cultura civica generale, che quanto meno – se non si conosca per essa la risposta – obblighi a una minima ricerca e a un processo di apprendimento della nozione richiesta. Tutto qui. Rispondi correttamente, così dimostrando di conoscere almeno un poco la democrazia del paese che ti chiama alle urne, e puoi votare; non rispondi correttamente, dimostrando al contrario di non possedere la più elementare cultura civica necessaria a dirsi a pieno titolo cittadini, non voti, e arrivederci alla prossima tornata elettorale.

Qualcuno forse ritiene che un tale sistema risulti sostanzialmente antidemocratico? E allora non è ugualmente antidemocratico, se non di più cioè maggiormente antitetico allo stesso concetto di “democrazia”, il voto di persone che vanno nella cabina elettorale come se andassero allo stadio (o in bagno, mi viene da dire!), votando di pancia (appunto) senza nemmeno sapere realmente cosa comporti il proprio voto ma ubbidendo meramente a comandi mediatici, a relativi slogan propagandistici e a falsità funzionalmente generate a fini di tornaconti elettorali a cui nulla interessa del bene del paese da governare? E non è forse vero che la democrazia, proprio in quanto tale, debba necessariamente formulare dei processi atti a garantire la propria salvaguardia e la difesa delle libertà da essa garantite, contro qualsiasi elemento che invece ne mini i principi fondamentali e la ponga in potenziale pericolo?

Ecco.

Come dite? In Italia l’elettorato verrebbe decimato? Be’, amen. Meglio pochi ma buoni e dotato di intelletto funzionante: in qualsiasi caso il futuro del paese ne trarrebbe un gran giovamento, qualsiasi risultato a favore di qualsivoglia partito o schieramento o idea politica possa scaturire dalle urne, statene certi.

Un test

Sto pensando a dove si potrebbero installare aggeggi come quello raffigurato nell’illustrazione qui sopra e, pur meditando a fondo e a lungo, mi viene sempre in mente un luogo, principalmente, solo che se lo dicessi/scrivessi poi sicuramente qualcuno finirebbe per darmi del sovversivo e allora, beh… allora no, non ve lo dico che li metterei accanto ai seggi elettorali condizionando al “risultato” la partecipazione al voto. Già
Ma appunto, scordatevelo proprio che lo scriva. Ecco.