Me se regordi pü se chí, a Milan,
ghe sia ’na piassa cun l’aria sensa temp,
che dré ’n cantun me sun pruȃ de andà
e i gent ne l’acqua passàven cume ’l vent.
E dré ’l cantun una camisa bianca
pareva lí a spetàm, e gh’era nient.
La piassa sensa temp, ’na dòna stanca,
j òmm che van sarȃ nel sentiment.
Sú no due seri mí. Gh’era ’na panca
e mí che camenavi tra la gent,
e quèl cantun, che mai ghe se rivava,
l’era la vita che de luntan se sent.*
[Foto di Nino Carè da Pixabay + Lucarelli, opera propria, CC BY-SA 3.0, da Wikipedia Commons.](*: Non mi ricordo più se qui, a Milano, | ci sia una piazza con l’aria senza tempo, | che dietro un angolo mi son provato ad andare | e le genti nella pioggia passavano come il vento. | E dietro l’angolo una camicia bianca | sembrava lì ad attendermi, e non c’era niente. | La piazza senza tempo, una donna stanca, | gli uomini che trascorrono chiusi nel sentimento. | Non so dov’ero io. C’era una panca | e io che camminavo tra la gente, | e quell’angolo, cui mai si arrivava, | era la vita che da lontano si sente.)
In cambio del suo archivio alla Biblioteca Cantonale di Lugano, Guido Ceronetti aveva chiesto una villa con il bagno turco. Quando gli avevano mostrato la villa lui era corso a vedere il bagno e si era profondamente arrabbiato nel trovare un normale water; aveva detto “Non posso accettarlo! Qui sopra la gente ci muore”, e aveva chiesto di distruggerlo immediatamente per sostituirlo con un bagno turco.
[Foto di Martin Sanchez da Unsplash.]Mah, forse si sta tanto quia dire, fare, disfare, disporre, obiettare, ipotizzare, decretare, prevedere, e poi questo Covid-19 sarà veramente l’evento che metterà la parola “FINE” al genere umano, un po’ come narrato da certi romanzi di fantascienza.
Chissà.
Be’, nel caso, potremo prenderla come il buon Shakespeare:
Di morte mangerai, che mangia gli uomini, | e il morir finirà, morta la morte.
(Sonetto CXLVI, da I sonetti, a cura di Rina Sara Virgillito, Newton Compton, 1988.)
P.S.: comunque, quasi tutti quei romanzi di fantascienza che narrano di morbi letali raccontano pure di sopravvissuti, pochi o tanti, ai quali resta dunque il compito di ricostruire la civiltà umana. Se questo dopo tutto possa considerarsi un “finale a lieto fine”, non lo so. Pensate ad esempio se, per un inopinato e spaventoso caso, i sopravvissuti siano un gruppo di seguaci di QAnon. Ecco.
P.S.#2: suvvia, non preoccupatevi. L’umanità non finirà con il coronavirus. Be’… però forse con quelli di QAnon sì. Ok, preoccupatevi!
Oggi sono cent’anni esatti dalla nascita diGianni Rodari oltre che, rispetto all’anno in corso, quarant’anni dalla morte e cinquanta dall’attribuzione del Premio Andersen, il più importante al mondo nell’ambito della letteratura per l’infanzia, unico autore italiano ad averlo vinto: qui trovate il sito web espressamente dedicato al centenario rodariano con tutte le novità, gli eventi, le iniziative attivate durante quest’anno di celebrazione. Qualche anno fa, nel 2015, scrissi una riflessione intorno a una citazione di Rodari sul tema della creatività che, a rileggerla oggi, mi pare ancora più attuale e consona ai tempi che viviamo. Ve la ripropongo di seguito, piccolo omaggio ad un così grande autore “per l’infanzia” che soprattutto gli adulti dovrebbero leggere e rileggere, sempre e comunque.
Creatività è sinonimo di “Pensiero divergente”, cioè capacità di rompere continuamente gli schemi dell’esperienza. È “creativa” una mente sempre al lavoro, sempre a far domande, a scoprire problemi dove gli altri trovano risposte soddisfacenti, a suo agio nelle situazioni fluide nelle quali gli altri fiutano solo pericoli, capace di giudizi autonomi e indipendenti (anche dal padre, dal professore e dalla società), che rifiuta il codificato, che rimanipola oggetti e concetti senza lasciarsi inibire dai conformismi. Tutte queste qualità si manifestano nel processo creativo. E questo processo – udite! Udite! – ha un carattere giocoso: sempre.
Gianni Rodari, grandissimo intellettuale, scrittore e autore celeberrimo di storie per bambini e ragazzi, lo sapeva bene e bene ce lo ha spiegato cosa significa essere creativi. Leggendo la sopra citata affermazione a pochi giorni dai tragici fatti alla redazione di Charlie Hebdo a Parigi, le sue parole mi sono sembrate ancora più importanti e illuminanti. Il “carattere giocoso”, la risata, l’ironia, la satira, sono grandi esempi di creatività, e lo è pure ogni arte espressiva, che sia visiva, letteraria, filmica, musicale o che altro; ma lo sono, tutte queste arti, soprattutto (o forse solo se) quando riescono a dare risposte e parimenti instillare dubbi, a generarci curiosità su ogni cosa, a insegnare a pensare con la propria testa ovvero a rieducare alla riflessione, lo sono quando sanno svincolarsi da qualsiasi tentativo di addomesticamento e sanno tenersi distanti da ogni imposizione conformistica e perbenista. Quando sono sinonimo di pensiero divergente, appunto, ovvero di pensiero libero.
Per questo i poteri dominanti cercano sempre di assoggettare il creativo ai propri fini, quando non riescono a zittirlo e/o a soffocarne la creatività. Per questo essa è considerata di frequente pericolosa e viene attaccata, in modo più o meno forte e violento, ed è per questo che la creatività è tra le poche cose che può salvare il nostro mondo e farlo progredire, eliminando da esso in modo peraltro giocoso – come giustamente afferma Rodari – qualsiasi bieca decadenza illiberale. Siate creativi, sempre, come bambini eternamente curiosi e intellettualmente irrequieti. Siatelo, e sarete vivi come in poche altre situazioni.
A prescindere dal fatto che sia anche l’editore del più recente dei (pochissimi: solo due, se non erro) testi pubblicati in Italia della Premio Nobel per la letteratura 2020 Louise Glück e che ciò rappresenti senza dubbio un bel colpo di fortuna – meritatissimo, peraltro – per una casa editrice tanto minuscola, fatemi rimarcare quanto sia bella l’altrettanto minuscola libreria dell’editoreDante & Descartes! Così piccola e così ingolfata di libri, il cui apparente disordine è in realtà uno dei principali motivi di fascino e manifesta la certezza di potersi imbattere in chissà quante sorprese editoriali, perdendosi nella stuzzicante ricerca tra gli scaffali e le pile di volumi (uno dei piaceri più sottili e irresistibili, questo, per ogni appassionato di libri). Bello è anche come si presentano, quelli di Dante & Descartes, sulla loro pagina facebook:
In questo tempo di consumismo e di menzogne, di supermercati impersonali e virtuali anche per i libri, le librerie vanno perdendo la propria identità. Dal fondo della città, noi continuiamo la tradizione, inattuale ma opportuna, degli antichi librai. Mediatori e distributori del piacere della conoscenza.
Ecco, luoghi come questo, simili nelle fattezze alle grandi librerie di catena ma in verità assolutamente differenti (lo affermo senza alcun tono polemico), sono per me come delle “porte ultradimensionali” attraverso le quali veramente posso uscire per qualche momento dalla quotidianità ordinaria e perdermi in un mondo parallelo fatto di libri e immaginazione, esplorandolo lungo itinerari intellettuali tanto quanto emozionali i cui “cairn” sono i dorsi e i titoli dei volumi che attirano la mia attenzione e, via via, mi indicano la via per il ritorno al mondo ordinario. Ma è un ritorno che mai avviene a mani vuote (anzi, nelle librerie il “problema” è opposto, semmai!), quindi quel mondo quotidiano sarà comunque meno ordinario, grazie ai “viaggi” in queste librerie così intriganti e a quanto vi ritrovo (e acquisto, appunto). Ciò fino al prossimo viaggio, alla prossima libreria che inesorabilmente mi attrarrà nei suoi locali e tra i suoi scaffali. Se possibile fascinosamente disordinati (all’apparenza) cioè a loro modo “non ordinari” come sono tali, ovvero straordinari, i grandi libri e il piacere di trovarli e leggerli.