Gente senza scrupoli

«Ma cosa ci si può aspettare da una nazione la cui storia è fatta di violenza e giustizia sommaria? La conquista del West non è altro che un’immensa spartizione storica di cadaveri, non certo un insediamento pacifico di pionieri in un nuovo continente. Quella conquista è la vittoria di un manipolo di gente senza scrupoli, e sono loro che hanno costruito gli Stati Uniti.»

(Arto Paasilinna, Il liberatore dei popoli oppressi, Iperborea, 2015, pagg.55-56.)

L’estasi smarrita

Ho visto un bambino di due anni, che non aveva mai lasciato Londra, in occasione della sua prima passeggiata in campagna. Era inverno e tutto intorno non vi era che fango e umidità. Per l’occhio dell’adulto non vi era nulla di piacevole, ma il bambino fu colto da una strana estasi; si inginocchiò sulla terra umida e nascose il viso nell’erba, emettendo inarticolate grida di delizia. Quella gioia che egli stava provando era primitiva, semplice e profonda. Il bisogno organico che in quel momento veniva soddisfatto è così profondo che coloro nei quali è spento sono di rado completamente sani.

(Bertrand RussellLa conquista della felicità, traduzione di Giuliana Pozzo Galeazzi, Longanesi & C., Milano, 1969, cap. IV; 1969, pag. 63; ultima ediz. it. TEA, 2003. Orig. The Conquest of Happiness, 1930.)

Tienanmen, 30 anni

Sono passati 30 anni dal massacro di Piazza Tienanmen.

Da allora la Cina, come e più di altri stati nella storia recente, ha operato di continuo per giungere ormai a signoreggiare su quasi tutto il mondo senza cambiare nulla di quel sistema di potere che ordinò il massacro e che tutt’ora fa della barbarie una precisa strategia di controllo politico e sociale. Nulla.
Va tutto bene, anzi: i tappeti rossi si sprecano, ogni qualvolta un alto funzionario cinese si faccia vivo da queste parti del mondo.

Ciò per riaffermare che, oggi ancor di più, io aborrisco la Cina.
Tanto lo so, non conta nulla perché non sono nessuno, ma ci tengo comunque a rimarcarlo.

Eugenio Pesci, “La scoperta dei ghiacciai. Il Monte Bianco nel ‘700”

cop_la-scoperta-dei-ghiacciaiSe si considera quanto oggi un panorama alpino, ovvero un orizzonte che sia chiuso dalle linee frastagliate delle vette delle Alpi – ancor più se innevate – sia gradito da tutti, oppure se constatiamo su quante di quelle vette giungano impianti di risalita ed esistano infrastrutture turistiche che ne consentano la frequentazione di massa e il godimento diretto della loro bellezza in tutta comodità e senza alcuna remora, pensare che un tempo la gente non avesse quasi nemmeno il coraggio di levare lo sguardo verso quegli stessi monti sembrerebbe cosa riferita ad epoche a dir poco primitive.
Invece è realtà di nemmeno 3 secoli fa, quando già la rivoluzione industriale stava riscaldando i propri motori (a vapore) per ribaltare il mondo e la gran parte del globo terracqueo era stata esplorata e conosciuta, almeno geograficamente. In effetti, s’è dovuto attendere l’età dei lumi per convincere i meno ingenui che lassù, sulle montagne più alte, non vi fossero affatto spiriti maligni, draghi e demoni come la superstizione popolare di matrice religiosa faceva credere. E proprio su tale “scoperta” – termine che parrebbe fuori luogo ma, appunto, a ben vedere è assolutamente adeguato – disserta Eugenio Pesci in La scoperta dei ghiacciai. Il Monte Bianco nel ‘700 (CDA – Centro Documentazione Alpina, Torino 2001). Da abile e raffinato indagatore dell’essenza filosofica presente alla base della frequentazione alpestre – riversata peraltro anche in ottime guide alpinistiche, Le Grigne della collana “Guida ai Monti d’Italia” CAI-TCI, per dirne una – Pesci ci racconta la lunga epopea che dal tempo in cui si pensava che, appunto, le alte vette montane fossero la tana di esseri demoniaci e i ghiacciai venivano raffigurati come lunghi mostri dalle fauci protese a divorare i fondovalle, ha portato a quella che fu una vera e propria scoperta dell’alta quota e del suo carattere peculiare, quello glaciale…

Raffigurazione ottocentesca di un ghiacciaio, tratta da http://www.thegorgeousdaily.com/etudes-sur-les-glaciers-by-louis-agassiz/
Raffigurazione ottocentesca di un ghiacciaio, tratta da http://www.thegorgeousdaily.com/etudes-sur-les-glaciers-by-louis-agassiz/
Leggete la recensione completa di La scoperta dei ghiacciai. Il Monte Bianco nel ‘700 cliccando sulla copertina del libro lì sopra, oppure visitate la pagina del blog dedicata alle recensioni librarie. Buona lettura!

Marte su Marte

(P.S. (Pre Scriptum!): il seguente è un racconto inedito che farà parte di una raccolta mooooolto particolare, di prossima pubblicazione editoriale. Seguite il blog e/o il sito e ne saprete di più, a breve. Peraltro, cade pure a fagiolo, visto che oggi, 6 Agosto, con una difficile manovra di atterraggio perfettamente riuscita, il robot NASA Curiosity è atterrato su Marte: ennesimo piccolo passo verso la conquista umana del Pianeta Rosso.)

Un primato, quella missione, lo stava già ottenendo, e ancor prima di giungere al proprio clou: quello del silenzio più diffuso mai avuto nel mondo, nonché – se possibile – quello della comunanza d’attenzione, di concentrazione e di sguardi – ovunque, in ogni continente, qualsiasi ora fosse, in qualsiasi luogo – fissi davanti alle TV che rimandavano live le immagini da Marte – un piatto deserto rosso con dune rosate sullo sfondo e un cielo che pareva un tramonto terrestre a cui mancassero alcuni colori e ve ne fossero altri più marcati, e con l’argenteo, luccicante modulo di atterraggio già posato su quel suolo alieno come unico elemento divergente da quel cromatismo così uniforme. Si stava riproducendo lo stesso possente pathos di decenni addietro, all’epoca del primo uomo sulla Luna, ma se possibile ora assai più intenso, per mezzo del maggiore realismo tecnologico che quelle immagini televisive sapevano offrire; e se allora lo sfocato bianco e nero che giungeva dalla Luna rendeva evidente la distanza di quell’evento, ora pareva che Marte fosse appena dietro le case di ogni uomo davanti alla TV: ciò non faceva che incrementare l’acme delle emozioni nel quale l’intera umanità si stava riconoscendo, e dal quale riceveva un orgoglio veramente interplanetario, ovvero smisurato come mai prima era avvenuto. Tutti si sentirono idealmente al fianco di quegli eroi che stavano per compiere un’impresa nuovamente più grande di qualsiasi altra prima realizzata, sovrastante la realtà e i sogni di un intero pianeta; tutti palpitarono quando il portello del modulo spaziale baluginò nei teleschermi – segno che stava per essere aperto sì da consentire l’uscita del primo uomo su Marte! – tutti tripudiarono in spirito per quella nuova conquista dell’umanità, per quanto ancora una volta l’uomo aveva saputo fare, per quanto grande egli stava ancora una volta dimostrando di essere…
E tutti ovunque nel mondo allibirono quando le TV mostrarono capitombolare giù dalla scaletta del modulo spaziale due astronauti avvinghiati tra loro in una lotta visibilmente violenta seppur goffa e ridicola, per quelle grosse tute indosso, e cadere sul suolo marziano fortunatamente salvati dalla bassa gravità del pianeta… I loro insulti furono eloquenti: stavano azzuffandosi perché l’uno, di fronte alla gloria imminente, non aveva più accettato di essere il secondo uomo su Marte. La diretta venne sospesa e partì un rullo pubblicitario, ma molti se ne andarono dalle TV. “E così Marte non è che una Terra tinta di rosso!” chiosarono sdegnati alcuni di essi.