Ormai è evidente anche ai sassi che l’iperturismo/overtourism non apporta alcun vantaggio ma solo danni ai territori coinvolti, ai loro paesaggi, all’ambiente e alle comunità che li abitano e, parimenti, all’immagine turistica di quei territori, che diventano meno interessanti e attrattivi.
Per tale motivo alcuni operatori della filiera turistica cercano di correre ai ripari, sovente in modi piuttosto discutibili quando non maldestri, come si può evincere dall’esempio dell’immagine sottostante riferito al recente “caso” del Seceda, in Val Gardena:
È vero, le code agli impianti di risalita del Seceda, le cui immagini numerosi media hanno rilanciato, sono state causate anche da un fermo tecnico di circa un’ora di uno degli impianti… embè? Da qui a sostenere che quanto accaduto e dunque denunciato lassù sia “disinformazione” non solo ce ne corre, ma appare come un incauto tentativo di negare l’innegabile, forse (appunto) per cercare di salvare l’immagine turistica del luogo peraltro già piuttosto compromessa.
Di contro, sminuire le manifestazioni e dunque le conseguenze dell’overtourism, piuttosto di analizzarne le cause intervenendo alla loro radice ed elaborando ben più consone strategie di gestione dei flussi turistici in loco, non fa che peggiorare la situazione e aggravare i danni al luogo e a chi lo vive.

Invece di negare o cercare di deviare l’attenzione altrove, sarebbe (è) necessario creare un fronte comune contro l’overtourism e fare massa critica verso le amministrazioni locali affinché tornino a difendere gli interessi dei territori e dei loro abitanti, invece delle mire e dei tornaconti dell’industria turistica!







