Spesso la via che corre verso la sottomissione più intollerante è invero assai attraente e confortevole: come fosse lastricata di morbida seta, già. Per questo certi pusillanimi la imboccano senza nemmeno rendersene conto, magari pure saltellando gioiosamente – o stoltamente, ecco.
P.S.: avrei anche potuto intitolare questo post Scopri l’incongruenza, credo che avrebbe funzionato ugualmente bene.
«E voi ancora non avete visto niente… Se vi inoltrerete un po’ nel paese, non troverete più un cantuccio che non sia truccato e pieno di meccanismi come il palcoscenico dell’Opera: cascate illuminate a giorno, contatori all’ingresso dei ghiacciai, e per le ascensioni ferrovie idrauliche e funicolari senza risparmio. Peraltro, la Compagnia, per far piacere alla sua clientela di inglesi e di americani arrampicatori, ha conservato ad alcune montagne famose, come la Jungfrau, il Monaco, il Finsteraarhorn, il loro aspetto pericoloso e selvaggio, nonostante che anche quelle non presentino ormai più pericoli delle altre.»
«Ma i crepacci, caro mio, quei terribili crepacci… Se, presémpio, uno ci cascasse dentro?»
«Cascherebbe sulla neve, signor Tartarino, e non si farebbe niente di male: c’è sempre, laggiù in fondo, un portinaio, un cacciatore o qualche altro che vi raccatta, vi spazzola, vi sbatte e vi domanda con buona grazia: ‘Ha bagagli il signore?’»
[Una raffigurazione di Tartarino sulla copertina di una vecchia edizione dell’opera di Daudet pubblicata da Bietti nel 1967; fonte qui.]Anche Daudet, grazie alle (dis)avventure alpine del suo celeberrimo Tartarino, intuì benissimo – e fu tra i primi a prevederlo con tanta vividezza – la degradante fine che avrebbe (e ha) fatto in molti casi il turismo sulle Alpi. Eppure, ancora oggi in tante località si continuano a perseguire e imporre modelli di turismo che sviliscono la montagna e vi causano danni incredibili – cioè proprio da non credere che possano essere cagionati e che li provochino quelli che si fanno credere i “difensori” dei monti, quelli che “li hanno a cuore”, che li vogliono “valorizzare”… quando invece ne guastano la realtà, il valore, la cultura e qualsiasi buon futuro.
Perché ancora oggi, dopo quasi un secolo e mezzo da quei primi illuminanti moniti e dopo tutto quanto accaduto fino ai giorni nostri, molte zone delle Alpi devono sottostare alle convinzioni, alle opere e alle relative conseguenze di così inopinate e pericolose menti bacate?
[Immagine tratta da kongnews.it, da questo articolo.]Devo acquistare un paio di pantaloni estivi da escursionismo.
Mi reco in un grande negozio di articoli sportivi, trovo gli scaffali che ospitano quei capi, osservo, considero colori, tessuti, dettagli, finiture, poi valuto e alla fine scelgo tre capi: uno veramente molto bello, uno quasi altrettanto bello ma che costa di più, uno più ordinario ma anche più economico. Li provo: il primo è perfetto, il secondo anche, il terzo pure.
Alla fine ho acquistato il secondo, bello ma non così tanto come il primo e di prezzo un po’ più alto. Il motivo è molto semplice: il primo era di una marca italiana assai prestigiosa ma “Made in China”, il secondo di un’altra marca altrettanto stimata ma “Made in Moldova”.
Ecco: questa, per me, è una regola fissa e indiscutibile che ormai seguo da tempo, per ogni cosa acquistata. Niente più cose prodotte in Cina, per quanto possibile (e so bene che in assoluto sia impossibile ma è un altro problema, questo).
Insomma, sono “soddisfazioni”. Personali, minime, ingenue, magari stupide e forse inutili, ma forse no.
Comunque è piuttosto divertente, e alquanto significativo, constatare come gli inviti proferiti dai media nazional-popolari (e da “gente importante”, di solito) del genere «Niente panico!», «Niente allarmismi!» o altro di simile, siano sempre la miglior fonte di panico e allarmismi.
Bisogna solo stabilire se siano più fessi quelli che li usano, non intuendo gli effetti puntualmente cagionati, oppure quelli che sentendoli se ne fanno terrorizzare senza alcun altro motivo valido.
O forse è solo una specie di processo di causa/effetto tra sodali, dunque qualcosa di pressoché inevitabile.