Ma che avrà da dire poi tutta ‘sta gente da scriverci libri e libri e libri…?!

Senza nome-True Color-02A fronte di tale ennesima genialata di Lercio (che con la sua pungente ironia è ormai ben più obiettivo e attendibile di tutti gli organi di informazione “seri” messi insieme) pubblicata sui social, e grazie ad alcuni interessanti commenti di amici sul tema, m’è venuto seriamente da riflettere (vedi la parentesi precedente) su ‘sta cosa… E non solo su che effettivamente quella di Lercio sia una battuta che, girando per gli eventi letterari nazionali, dai più grandi ai più piccoli, mi pare quanto vicina alla realtà dei fatti, ma soprattutto in tema di cosa tutti quanti abbiano da scrivere, ovvero che valore effettivo ciò che tutti quanti abbiano da scrivere riguardo all’esercizio della scrittura letteraria.
Con altri amici sui social, appunto, abbiamo supposto che una tale irrefrenabile messe di scrittori nasca anche, se non soprattutto, dal fatto di essere, noi italiani (ma non solo noi, tuttavia probabilmente un po’ di più noi di altri) un popolo di ego-chiacchieroni. Gente che tenta in tutti i modi di mettersi al centro dell’attenzione, nel bene e nel male, spinta da certi modus vivendi forzatamente imposta dai mass-media: e la scrittura, con la complicità di editori non troppo attenti alla qualità delle opere pubblicate, è uno dei mezzi più facili e semplici in tal senso – perché in TV devi quanto meno avere un bell’aspetto e un’altrettanta sfacciataggine, peculiarità che non tutti possono vantare. Si scrivono libri, insomma, non per raccontare storie di fantasia, ma per raccontare di sé stessi (e senza nemmeno troppa fantasia). Sia chiaro: ciò vale per la stragrande maggioranza degli autori letterari, anche per i più celebrati del passato e del presente, tuttavia, c’è modo e modo: si possono scrivere belle storie autobiografiche nelle quali in tanti si possono riconoscere; si possono scrivere simili storie in cui ben pochi ci si riconoscono e pure, cosa ancora peggiore, si possono scrivere storie pessime e bellamente egocentriche, spacciandole per “letteratura” quando invece hanno lo stesso scopo dell’andare nella via centrale della propria città gonfiando il petto e cercando di mettersi più in vista di chiunque altro, senza affatto considerare se ciò sia cosa giustificabile e giustificata (e quasi sempre non lo è). Si usano i libri editi esattamente come tanti usano la bella macchina o il telefonino all’ultima moda oppure ancora il capo firmato: per credersi qualcuno e tirarsela. Con chi, poi, è cosa ignota.
Forse, tutti noi che ci arroghiamo il diritto di scrivere cose e di proporle al pubblico (con non rari casi di gente che per aver pubblicato un libro, magari a pagamento e di valore letterario che ne ha di più lo scontrino del macellaio sotto casa, si sente pronta per il Nobel alla letteratura), dovremmo sempre chiederci, ancor prima di mettere nero su bianco la prima parola, se ciò che stiamo per scrivere potrà interessare qualcuno. Ovvero, ben sapendo che ogni nostro scritto inesorabilmente ci avrà dentro – poco o tanto, in modo evidente o meno – scrivere per noi stessi e nel contempo per chi ci potrà leggere, non scrivere di noi stessi pretendendo che (in tantissimi) ci debbano leggere. Pretesa derivante proprio dalla mera volontà di mettersi in mostra, non dall’eventuale buon valore di ciò che si è scritto (qui si tornerebbe a cose già affermate dallo scrivente, in tale blog-sede, su come sia illogico che tanti scrittori siano più famosi dei libri che hanno scritto, quando la logica dovrebbe imporre il contrario – ma è un discorso correlato seppur differente, ergo chiudo la parentesi.)
Una scrittura più obiettiva, ecco. Verso noi stessi che ne siamo autori, in primis, verso il pubblico che ci potrà leggere – sia fatto da una persona o da milioni – e soprattutto verso la letteratura. Come disse Sartre, “Il mondo può benissimo fare a meno della letteratura. Ma ancor di più può fare a meno dell’uomo.” Dunque, se vogliamo nel nostro piccolo contribuire a far sì che la letteratura possa invece risultare importante, se non indispensabile, al mondo, diventando per essere una delle forme più vive e proficue di civiltà (questo invece lo disse Luigi Russo), sarà bene come autori impegnarsi affinché ciò possa realizzarsi e prima – ribadisco, prima di scrivere la prima parola di un testo.

(Che poi, questo, può pure essere un (altro) modo per sfoltire in modo cospicuo la produzione editoriale italiana ovvero quella di minor valore. Ma questo non lo scrivo, che sennò qualcuno la prende come un’eccessiva cattiveria.)

(Ah, no… l’ho scritta. Beh, amen.)

L’unico italiano a non aver mai scritto un libro…

Una bellissima notizia!
Finalmente, e ben gli sta! Ma dico, chi si credeva di essere costui? Come si permetteva di rifiutarsi di fare ciò che TUTTI quanti ormai fanno, eh? Per di più, col suo abietto comportamento, tenendo in vita la folle speranza che potesse finire diversamente rispetto alla realtà dei fatti!
Se lo è meritato, ecco.

Lercio_photo2
(P.S.: massì, ridiamoci sopra su ‘sta situazione che di risate ne offre molto poche, dacché ormai il momento in cui dalle nostre parti vi saranno più “scrittori” che lettori in circolazione è sempre più prossimo.
Nel frattempo, appunto, facciamoci una risata con le notizie di Lercio, un sito molto più divertente di quanto sembri a prima vista e molto meno ridicolo di quanto lo siano innumerevoli altri. Per conoscere meglio cosa è Lercio, leggete QUI, oppure cliccate sull’immagine per entrare nel sito.
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