L’Europa e la Russia

[Lev Nikolàevič Tolstòj in una fotografia del 1906, quando venne pubblicato il saggio citato nell’articolo qui sotto.]
Sarebbe stato meraviglioso, dopo decenni di zarismo, stalinismo, comunismo e cortine di ferro conseguenti, riunire la Russia all’Europa e viceversa, finalmente un’entità unica per diversi aspetti nella diversità quale prezioso valore aggiunto, un sodalizio speciale che avrebbe reso definitivamente il nostro continente il centro del mondo e a tal punto reso sì superata e inutile la Nato nonché decentrata e depotenziata l’egemonia statunitense.

Invece, quella che si sta formando è una spaccatura se possibile ancora più profonda di quella che separava Russia e Europa ai tempi della guerra fredda, con la prima che si allontana sempre più dal contesto europeo – il quale, pur con tutte le sue possibili colpe, resta il più libero, democratico e civilmente avanzato del mondo – e si cuce addosso, volente o nolente ma senza far nulla per spogliarsene, un nuovo vestito che gli conferisce un aspetto maligno, ostile, repulsivo e antieuropeo, in primis nel senso culturale del termine.

Mi tornano in mente le parole di Lev Tolstoj, sul rapporto tra i russi e i propri potenti, scritte ad inizio Novecento – quando ancora non era sopravvenuta l’era comunista, insomma – nel saggio Guerra e rivoluzione ma incredibilmente (o forse non è così incredibile, appunto) attuali:

La leggenda relativa all’appello fatto ai variaghi dai russi per governarli, composta evidentemente già dopo la conquista degli slavi da parte dei normanni, mostra perfettamente quale sia l’attitudine dei russi verso il potere, lo stesso prima del cristianesimo: “Noi non vogliamo prendere parte al peccato del governare. Se voi non lo considerate come un peccato, venite e governate”. Questa psicologia dei russi spiega la loro docilità verso gli autocrati più crudeli, o più pazzi, da Ivan il Terribile fino a Nicola II. È così che il popolo russo considerava il potere nei tempi antichi, ed è così che lo considera ancora oggi.

Se fosse accaduto ciò che ho scritto poco sopra si sarebbe potuto sostituire una volta per tutte quei dominatori autocrati e fare della Russia un paese finalmente avanzato anche dal punto di vista politico. Invece c’è il più che mai peccaminoso Vladimir Putin, al Cremlino, e il futuro dell’Europa e del mondo sarà diverso e, temo, più buio.

I sovra(stali)nisti

[Immagine tratta da qui.]

Noterella politicoide, dal basso (“alto” sarebbe troppo, non sono così sbruffone) della mie più assolute libertà e indipendenza di pensiero: a me pare che questi sovranisti, suprematisti e figuri affini che s’atteggiano a rappresentanti duri-e-puri della “destra” politica un po’ ovunque, non solo a Sud delle Alpi, spostandone apparentemente il baricentro verso l’estremo limite ideologico, in realtà assomiglino sempre di più ai comunisti del secondo Novecento, quelli totalmente, ciecamente votati alla (non)causa sovietica senza nemmeno conoscerla e che pendevano dalle labbra dei vari segretari del PCUS o degli alti dignitari analoghi, esprimendosi a meri slogan, rivendicando diritti e verità del tutto retoriche e basate sul nulla, credendosi portatori del verbo ideologico-politico perfetto e indiscutibile senza nemmeno lontanamente concepirne e comprenderne la nocività non solo verso il mondo ma, in primis, verso loro stessi. Non sono affatto “destra” come dicono, ovvero, sono molto più “sinistra” che destra – proprio quella sinistra che “aborriscono” e contro le cui istanze si mostrano paladini ma, non casualmente, raccogliendo consensi proprio in quella parte di società civile da cui scaturiscono quelle istanze e che dovrebbe essere loro avversa, e ciò non solo per il sostanziale fallimento ideologico e politico della sinistra – la quale, sempre non casualmente, per certi versi è oggi molto più simile ad una compagine borghese-capitalista di destra.

E d’altro canto è ugualmente vero che ogni potere di destra o sinistra che nel corso del Novecento abbia assunto fattezze autoritarie (e ai quali di frequente i “destri” e i “sinistri” di oggi si ispirano, i primi più apertamente e platealmente) sia giunto ad assomigliarsi reciprocamente. Gli opposti si attraggono, gli estremi si toccano: sono regole che valevano una volta e valgono ancora nella politica di oggi, ciò anche perché è la politica di oggi a non essere affatto contemporanea, ovvero a rappresentare, nella sua forma dualistica classica, un’espressione ideologica del tutto superata e sostanzialmente morta (Gaber docet!).

Proprio per questo io, sulla base di quelle mie scriteriate, sovversive e assolute libertà e indipendenza di pensiero, resto sconcertato da che ancora oggi si continui con quella pantomima politica: la quale, inesorabilmente, genererà sempre estremizzazioni, da una parte e dall’altra, e un altrettanto inevitabile degrado di qualsivoglia ideale più o meno nobile che fingono di portarsi ancora appresso, dilagando invece nel deserto post-ideologico più sterile e mortale. Per cui non (mi) resta che ridere addosso a tutti quelli, sovranisti o meno, con la speranza immortale di seppellirli tutti quanti e, finalmente, assicurare alla civiltà umana un futuro politicamente più virtuoso. E più serio, pure.