Uomini che continuano a odiare le donne

Concedetemi questo off topic dai temi solitamente qui disquisiti, ma che sento necessario proporre.

Sabato prossimo, 25 novembre, sarà celebrata una volta ancora la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

Una celebrazione evidentemente inutile, visto ciò che continua ad accadere alle donne per mano degli uomini, quasi sempre mariti, fidanzati, compagni, amanti.

Lo scrivevo già anni fa (io che non sono nessuno ovvero un uomo tra tanti, sia chiaro) che il rischio di una situazione del genere, in presenza di una “cultura” (virgolette necessarie) diffusa nella società che in concreto nulla fa per eliminare le radici d’una tale spaventosa devianza, è che i femminicidi diventino la normalità, una cosa che accade così spesso che le relative notizie, di conseguenza così ripetitive, non vengono nemmeno più recepite dall’opinione pubblica. Ed è proprio ciò che sta avvenendo, nonostante quei casi che i media rendono più clamorosi di altri.

Quella «cultura dello stupro» tanto di frequente citata quanto poco o nulla compresa – forse perché non siamo proprio capaci di comprenderla per una nostra tara culturale, appunto – è la stessa che fa credere che la soluzione per eliminare i femminicidi sia aumentare le pene per gli assassini, come tutt’oggi certi infimi politici propongono. Nulla invece circa l’avvio di una autentica, diffusa, piena rieducazione culturale collettiva sul tema, niente di niente (inclusi i recenti piani ministeriali che mi sembrano soprattutto una bella propaganda, con tutto il rispetto): solo tante belle parole al riguardo, puntualmente ripetute ad ogni caso di cronaca, che una volta spenti i riflettori dei media svaniscono inesorabilmente nell’ombra della ragione. Anche questo è «cultura dello stupro», senza alcun dubbio: così, inesorabilmente, i numeri dei crimini contro le donne negli ultimi anni sono in aumento, come si può constatare qui:

[Dati tratti da questo report del Ministero dell’Interno del 13 novembre 2023.]
Si chiede continuamente che le donne soggette a violenze denuncino i propri persecutori senza remore né timori: giustissimo, ovvio. Ma credo che ancora meglio sarebbe se noi uomini denunciassimo quei persecutori di donne: perché in una situazione del genere, e in una condizione di degrado culturale così evidente e grave, per giunta accentuato dalle stesse istituzioni, ogni uomo si deve sentire formalmente colpevole di non fare abbastanza. Ogni uomo, nessuno escluso.

Dunque, veramente per Giulia – Cecchettin – e per tutte le donne vittime di violenza non c’è da fare un minuto di silenzio ma c’è da bruciare tutto: a partire da ciò che abbiamo dentro di noi, nella nostra mente e nel nostro animo, che ci rende complici, anche se non ce ne rendiamo conto, di ogni episodio di violenza, di ogni femminicidio, di ogni donna maltrattata, picchiata, abusata, violentata, ammazzata.

Altrimenti, vuol dire che ci va bene tutto così com’è. Ma, in tal caso, non chiamiamoci più “società civile” perché non lo saremmo più.

La condanna perenne di Adamo per Eva

[Immagine tratta da blog.pianetadonna.it, fonte qui.]
Quando leggo e sento per l’ennesima volta notizie riguardanti casi di femminicidio nella maggioranza dei quali l’omicida è il marito, l’uomo che la vittima ha sposato e con il quale formava una famiglia giuridicamente riconosciuta – altrimenti detta “tradizionale”, come impone la morale cristiano-cattolica così diffusa, qui – puntualmente mi ritornano in mente le considerazioni che il cattolicissimo James Joyce scrisse già a inizio Novecento (ne ho già disquisito qui e qui, tempo fa) su come la “famiglia”, per come venga intesa e plasmata da diktat ideologici, luoghi comuni, convenzionalismi e disimpegni morali celati dietro presunte “sacrosante verità” ovvero intrisa di quella «meschinità che pare governare i rapporti umani e in particolare quelli protetti dall’istituzione matrimoniale, che paiono essere privi di un qualsiasi valore» (parole di Joyce, sì), il tutto virato ancora oggi in chiave moralistica e patriarcal-maschiocentrica, conosce (e conosceva già allora, appunto) una cronica, irrefrenabile tanto quanto inevitabile e inquietante decadenza.

In forza di questo suo precarissimo equilibrio, niente affatto primigenio ma indotto nel tempo da tutte le suddette pericolose devianze, che hanno avviluppato e incredibilmente avviluppano tutt’oggi la “famiglia tradizionale” di conformismi e ipocrisie, pretendendo di difenderla ma in verità disgregandone senso e sostanza, appena quell’infido castello artificiale di “verità” perverse costruitole sopra comincia a oscillare, sgretolarsi, perdere pezzi (e non ci vuole molto: basta ad esempio che la donna rivendichi il diritto di essere se stessa, molto semplicemente), ecco che la “famiglia” rapidamente implode, l’equilibrio artificioso si rivela una condizione di sproporzione iniqua e tutta la “moralità” introiettatale dentro a forza inesorabilmente diventa violenta disumanità contro l’elemento femminile che in essa si crede (ancora oggi, ribadisco) inferiore, “legittimamente” sottomesso e fonte della “colpa originaria” – siamo ancora fermi alla storia della maledetta Eva che frega il “probo” Adamo ascoltando il diavolo e cogliendo la mela, insomma. È d’altro canto questa una violenza già ben presente nelle basi del concetto ancora così diffuso di “famiglia tradizionale”, quantunque nessuno di chi lo perpetra e difende avrà il coraggio di ammetterlo: convinzione, questa, smentita (da anni, ormai) dalla realtà dei fatti e dalla sua oggettività criminale – ma l’analfabetismo funzionale al riguardo è a livelli deprecabilmente alti, è noto.

Una tale realtà dei fatti la si ribalta – perché è da ribaltare totalmente, definirla solo da “cambiare” è puro esercizio eufemistico – non tanto con nuove o più severe leggi, come ogni volta si torna a dire (leggi che ci sono già e, a quanto pare, non rappresentano affatto un deterrente in tali situazioni così deviate) ma con tanta, tanta, tanta cultura, da diffondere e sviluppare fin dall’età scolastica per renderla abbastanza forte da eliminare radicalmente quei “centri di pensiero” (politici, religiosi, ideologici, sociali, eccetera) che ancora rappresentano e diffondono le basi ideologiche “tradizionali” al riguardo. E poi la si ribalta pure con tanti, tanti, tanti uomini. Veri, intendo dire, e veramente consapevoli di cosa sia l’uomo nei riguardi della donna e della società formata da entrambi anche a prescindere da formalismi tradizionali a volte ormai culturalmente sterili, e non burattini alienati che in men che non si dica, e in totale assenza di personalità e di reali capacità cognitive (annullate proprio dall’incultura diffusa, vedi sopra), si trasformano in barbari assassini. Uomini veri, sì: tuttavia, roba forse troppo rara da trovare, in certe situazioni della nostra contemporaneità.

La stessa fine

[Le immagini che potrete vedere sono tratte da questo articolo di “Greenme“.]
Vedo immagini semplicemente spaventose dei danni provocati dagli incendi di questi giorni, di migliaia di animali arsi vivi o gravemente ustionati, di boschi inceneriti – in Sardegna in special modo ma non solo. Immagini che flagellano il cuore e feriscono nel profondo: personalmente non riesco a guardarle che per pochi attimi ma da molte tolgo via lo sguardo subitamente, tanto sono terribili.

Be’, molto semplicemente, chiunque abbia causato e agevolato un crimine così orrendo, deve fare la stessa fine di quegli animali. La stessa fine, punto.

Ripeto: la stessa fine.

Ribadisco: la stessa fine.

Non può esistere pena “severa” per qualcosa di tanto crudele, ciò che prevede il Codice Penale per il reato di “incendio doloso”, pur apparentemente “pesante”, è una bazzecola rispetto al disastro e alla sofferenza cagionati. Per circostanze come quelle viste in Sardegna, e non solo lì dato che casi simili si stanno susseguendo anche altrove, il termine “severità” apparirà sempre inadeguato, manchevole di senso compiuto.

Chi ha provocato quella catastrofe, quella distruzione, quelle morti, deve fare la stessa fine, lo ribadisco una volta ancora. Se così non è, significa che questo mondo dove noi umani purtroppo siamo razza dominante non sarà mai un luogo giusto. Mai.

P.S.: e la si smetta una volta per tutte con la storiella che «si indaga sulle eventuali cause dolose degli incendi». Sono sempre dolosi, questi incendi. Sono sempre colpa dell’uomo – di individui che non hanno nulla per cui poterli definire “esseri umani”.

Di altri virus

Ecco, è bene comunque ricordare che esistono altri “virus” che da secoli circolano per il mondo, a loro modo letali per il genere umano che vi si trova esposto, i quali dovrebbero – loro sì – suscitare nella popolazione un razionalissimo panico, quello che poi attiva le difese immunitarie della ragione e dell’intelligenza. Invece, tali virus riescono ancora a diffondersi grazie all’indifferenza verso i danni cagionati e alle ipocrisie sulla loro reale natura divulgate da “medici” che sono invece i primi untori, continuando a provocare una delle infezioni più pericolose che vi siano: la narcosi mentale.
La condizione clinica ideale per la diffusione di molti altri virus similari, peraltro.

(Fate clic sull’immagine…)

Oggi è la giornata contro la violenza sulle donne

Oggi, 26 novembre, è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

Come dite? Era ieri, invece?

Sicuri?

Sicuri che non lo sia oggi, 26 novembre, e domani 27, e il 28 e il 29 e ogni altro giorno dell’anno?

Sicuri che non debba essere sempre, una tale giornata, ovvero che non debba essere mai più registrato alcun femminicidio in nessun giorno dell’anno?

Perché finché ce ne sarà anche solo uno, di caso, la questione resterà aperta e nessuna sconfitta di una barbarie così spaventosa potrà essere annunciata – non è una questione di statistiche, in fondo, di aumenti o diminuzioni dei femminicidi, di trend e quant’altro: ne basta solo uno, di caso, per rimarcare la gravità del fenomeno.

D’altro canto l’Italia è un paese nel quale quasi il 24% delle persone pensa che i casi di violenza siano da imputare a come le donne si vestono. Quasi un quarto della popolazione, nel 2019, in un paese che si dice “progredito”. Uno schifo che va risolto in modo del tutto drastico dal punto di vista culturale, perché è evidente che qui le pene più o meno pesanti non contano ma deve contare un radicale – r-a-d-i-c-a-l-e – cambio di cultura in ogni settore della società civile.

Anche per questo ogni giorno dell’anno è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Per questo, per ogni donna e, ancor più, per ogni uomo.