Soglio, ovvero: (topo)nomen omen (summer rewind)

[Immagine tratta da siviaggia.it, la fonte originale qui.]

In uno dei passaggi più suggestivi de La leggenda dei monti navigantiPaolo Rumiz scrive una cosa che io trovo molto bella e ricca di significati, «Finché ci saranno i nomi, ci saranno i luoghi», che da un lato mette in evidenza l’importanza della conoscenza culturale ovvero vernacolare dei luoghi affinché non vengano del tutto abbandonati e, peggio ancora, dimenticati; dall’altro rimarca l’importanza altrettanto grande del nome dei luoghi cioè dei toponimi, termini lessicalmente tanto semplici, all’apparenza, quanto capaci di condensare in essi numerose nozioni e narrazioni delle località che identificano.

In certi casi, poi, i toponimi riescono anche a rappresentare in un’immagine lessicale di immediata comprensione la sostanza geografica dei luoghi denominati, diventando un elemento estetico ulteriore, ancorché immateriale, che ne compone la bellezza e la rileva, al punto che, a volte, parafrasando scherzosamente la nota locuzione latina, si può dire toponomen omen!

È il caso di Soglio, il bellissimo borgo della Val Bregaglia (e tra i più belli in assoluto della Svizzera), famoso per il suo caratteristico nucleo storico e per i magnifici panorami verso le spettacolari vette della prospiciente Val Bondasca. Ecco: il suo toponimo, ovvero la sua interpretazione, offre alcune considerazioni interessanti e particolari, per come non solo identifichi il luogo ma pure per quanto sappia offrirne l’essenza geografica, storica e antropologica.

[Foto di Kuhnmi, Opera propria, CC BY-SA 4.0, fonte: commons.wikimedia.org.]

Innanzi tutto delinea geograficamente la sua storia (e non è per nulla un ossimoro, quanto ho appena scritto), dacché il toponimo Soglio deriva probabilmente dal latino solium, con il significato di posta di stalla o soglio o abbeveratoio, anche naturale, per animali al pascolo (fonte), termine forse di derivazione da un antroponimo gallo latino “Sollius” (fonte). Tale accezione rimarca come, nei secoli passati, da Soglio transitava una delle vie principali lungo la Bregaglia, che non passava dal fondovalle ma restava lungamente in quota e percorreva il suo versante solivo e meno soggetto alle piene del fiume (via diventata oggi un frequentato percorso escursionistico), incrociando altri collegamenti storici importanti, come quello verso la Val d’Avers attraverso il Pass da la Duana.

D’altro canto, molti ritengono, e in fondo con numerose ragioni, che al toponimo si debba riferire l’altra principale accezione del termine: «Sòglio, s. m. [dal lat. solium], letter. – Trono, seggio di chi riveste un’autorità sovrana: s. realeimperiales. pontificioassistente al s.» (fonte). Effettivamente non è il borgo posto in posizione dominante sulla val Bregaglia come se fosse ben accomodato su un confortevole e soleggiato trono da quale ammirare alcuni dei più bei panorami delle Alpi?

È pure interessante osservare che il toponimo – e il luogo – Soglio lo si potrebbe pure mettere in relazione con l’essere sotto diversi aspetti una specie di soglia, morfologica ovvero d’ingresso alla parte superiore e più importante della Val Bregaglia, e climatica (in tal caso “soglia” s’intende come luogo di passaggio, di cambiamento), per come dal borgo in su l’ambiente naturale cambi radicalmente e diventi prettamente alpino mentre i pendii sottostanti Soglio sono gli ultimi della valle, salendo dall’Italia, sui quali si possono trovare estese selve di castagni (presenti qui fin da tempo dei Romani) nonché altri alberi da frutto che evidentemente risentono degli ultimi scampoli di clima favorevole generato dalla non lontana presenza del Lago di Como. E come poi non ricordare che Giovanni Segantini, il quale a Soglio soggiornò per alcuni inverni e che definiva il luogo, anch’egli “giocando” selle possibili accezioni del toponimo, “soglia del paradiso”, proprio per la suprema bellezza delle sue visioni panoramiche (che peraltro fissò in una sua celebre opera, Werden / La vita)?

Insomma, «Finché ci saranno i nomi, ci saranno i luoghi»: le parole scritte da Rumiz in quel suo libro citato a Soglio diventano quanto mai pregne di molteplici significati, contribuendo in modi assolutamente intriganti alla bellezza, all’attrattiva del luogo e al desiderio di comprenderne l’essenza storica, geografica, naturalistica, paesaggistica e antropologica nel modo più profondo e compiuto possibile – come il fascino del luogo merita pienamente, d’altro canto.

“Vita da gregge”: come aiutare l’Azienda Agricola Stefano Villani (e le sue pecore)

A seguito dell’articolo dello scorso 17 novembre nel quale ho raccontato – rapidamente – la storia di Stefano Villani e delle sue pecore disperse tra i monti della Val Masino, e invitato ad aiutarlo nel far fronte alle ingenti spese sostenute per i numerosi tentativi di recupero effettuati al fine di salvare più pecore possibile, molti stanno scrivendo a me per chiedere informazioni dettagliate al riguardo, su come partecipare alla raccolta fondi “Vita da gregge” o addirittura i dati con i quali inviare contributi in denaro.

A chiunque rimarco che è necessario (oltre che giusto) contattare direttamente Stefano Villani e Lucia Giacomelli presso l’azienda agricola scrivendo una mail a giacomelli.lucia@alice.it o un messaggio al numero Whatsapp 340.7077315.

Abbiate pazienza se non vi rispondono subito: non è un call center e hanno un’azienda agricola e degli animali – oltre a tutto il resto di ordinariamente quotidiano – a cui star dietro!

Ulteriori informazioni sulle modalità di partecipazione alla raccolta di aiuti le trovate sulle pagine Facebook dell’Azienda Agricola Villani, https://www.facebook.com/groups/217165815855431 e su quella di Lucia Giacomelli https://www.facebook.com/lucia.alpeboron/posts/2468092996686180.

Ricordo infine che un bel resoconto di quanto accaduto nelle scorse settimane al gregge di Stefano e delle numerose missioni di salvataggio in quota, tra i picchi e i precipizi vertiginosi dei monti del Masino tra i quali le pecore si sono incrodate – al netto dei media che, numerosi, se ne sono occupati in questo periodo vista la storia incredibile accaduta – lo trovate sulla pagina Facebook di Luca Maspes, celebre guida alpina che da subito ha offerto il proprio aiuto a Stefano e a chiunque abbia partecipato ai salvataggi, qui: https://www.facebook.com/profile.php?id=1532171155. Da leggere, per saperne di più.

Stefano Villani e le sue pecore, una straordinaria storia di montagna contemporanea

Avrete probabilmente letto da qualche parte, o sentito e visto alla radio o in TV, della storia di Stefano Villani, delle sue pecore disperse tra le cime, le pareti e i precipizi della sua Val Masino e dei reiterati tentativi, attuati con tutti i mezzi possibili, di riportarle a casa ovvero nelle stalle della sua azienda agricola alle porte della celeberrima Val di Mello, gestita insieme alla fidanzata Lucia Giacomelli.

È una storia straordinaria nel bene – per la dedizione con la quale Stefano, insieme a numerosi amici sovente giunti appositamente per aiutarlo, sta cercando di ritrovare e salvare più capi possibile – e nel male, per la perdita di una ventina di pecore purtroppo precipitate da quei ripidissimi versanti. Ma pure al netto della cronaca dei salvataggi – dei quali ne sta scrivendo in modi assolutamente avvincenti sulla propria pagina Facebook Luca Maspes, guida alpina valmasinese – autore anche delle foto che vedete qui, il quale fin da subito si è posto al fianco di Stefano per aiutarlo nelle ricerche e nelle operazioni di recupero in quota – trovo che la storia vissuta suo malgrado da Stefano rappresenti un’emblematica e potente dimostrazione di attaccamento e di passione per le proprie montagne e per la vita tra di esse in piena armonia non solo con il territorio ma pure con la sua storia, con le tradizioni e con un loro possibile e virtuoso futuro.

Ciò in quanto Stefano, abbandonando la precedente occupazione come muratore e aprendo la propria azienda agricola, alleva insieme a mucche, capre e suini neri alpini anche 50 capi di pecora ciuta, una razza ovina autoctona originaria della Valtellina e dell’Alto Lario (la vedete nella foto qui sopra) conosciuta per essere la più piccola delle Alpi e tra le pochissime dotata di corna simili a quelle delle capre la quale, dopo aver seriamente rischiato l’estinzione (solo 10 anni fa se ne contavano appena tre dozzine di capi ragionevolmente “puri”) è stata salvata all’ultimo minuto grazie a un progetto di recupero della Rete alpina Pro Patrimonio Montano (PatriMont) insieme a un gruppo di allevatori locali. Oggi se ne contano circa 400 capi e quello di Stefano Villani è l’unico allevamento della specie in Val Masino, cosa che rende il suo lavoro encomiabile al punto da essere riconosciuto da una menzione speciale agli “Oscar Green” 2023 di Coldiretti, e parimenti dimostra che il suo sforzo per salvare gli animali dispersi in quota ancora più importante.

Per tutto ciò vorrei contribuire nel mio piccolo a far conoscere e sostenere “Vita da greggeun’adozione a distanza, simbolica, della piccola Sion, trovata in compagnia della sua mamma e di altre pecore smarrite in quota, recuperata da Stefano in una notte buia nella Valle dei Sione e salvata dalle rocce impervie e traditrici, portata a valle, in braccio, da Marco, nipotino di Stefano e dal fratello Mauro. È un’adozione simbolica nel senso che attraverso Sion si avrà la possibilità di adottare tutto il gregge coprendo per quanto possibile le ingenti spese sostenute da Stefano per le missioni di recupero – spesso anche con elicotteri, immaginatevi con che costi! – delle sue pecore.

Come funziona lo spiega Lucia in un post sulla sua pagina Facebook, che qui riporto nei punti essenziali:

  1. Ogni singola adozione ha un valore di € 50 o € 100 (bonifico bancario da concordare insieme, l’Iban vi verrà mandato tramite Whatsapp o mail perché al bonifico effettuato corrisponde la data scontrino elettronico).
  2. Avete diritto al ritiro di un corrispettivo in prodotti dell’azienda agricola Villani Stefano.
  3. Ogni singola adozione andrà interamente nelle spese che abbiamo affrontato e stiamo affrontando per il recupero delle pecore in quota con l’elicottero.
  4. Una volta effettuato il pagamento, vi verrà spedito a casa tutto il necessario per l’adozione (abbiamo così bisogno del vostro nome, cognome, indirizzo, via, cap e numero di telefono).
  5. Nella busta troverete la carta di identità con i dati anagrafici dell’agnellina Sion, una lettera di ringraziamento con annessa poesia, lo scontrino elettronico).
  6. Il ritiro dei prodotti potrà essere effettuato passando direttamente in azienda in Val Masino già  dai prossimi giorni fino ai primi di maggio. Non sono previste spedizioni dei prodotti.

Per maggiori informazioni e per aderire alla raccolta fondi potete scrivere alla mail giacomelli.lucia@alice.it o al numero Whatsapp 340.7077315.

Lucia aggiunge che in programma c’è anche una lotteria per la quale come primo premio ci sarà un quadro donato da un artista riconosciuto a livello nazionale; ugualmente il ricavato andrà totalmente a favore del gregge.

Questo è quanto. Purtroppo all’appello mancano ancora una trentina di pecore, la cui ricerca è ora resa oltre modo difficile dalla neve caduta in quota che cancella le tracce, rende l’avvistamento quasi impossibile e l’eventuale recupero parecchio pericoloso. Tuttavia Stefano e i suoi amici non disperano di ritrovare tutti i rimanenti capi dispersi – l’ultimo volo di perlustrazione, come ne ha scritto Luca Maspes, è di qualche giorno fa, infruttuoso – e per tutto questo, mi auguro che pur solo da lontano ma, come visto, comunque in modo estremamente importante, tanti altri amici possano sostenerlo fino all’ultimo in questa incredibile tanto quanto emblematica storia.

P.S.: ringrazio di cuore Luca Maspes per avermi concesso la pubblicazione delle sue fotografie; sulla sua pagina Facebook ne trovate molte altre insieme a numerosi e impressionanti video.

Soglio in “fasce”

L’affascinante opera grafica qui sopra riprodotta è uno dei frutti del rilevamento compiuto nel 1983 a Soglio, il bellissimo villaggio della Val Bregaglia (sul quale ho già scritto qui), dagli studenti di architettura della scuola di ingegneria dei due semicantoni di Basilea sotto la direzione del noto architetto svizzero Michael Alder e pubblicato nel volume del 1997 Soglio: Siedlungen und bauten / Insediamenti e costruzioni (testo oggi fuori commercio, purtroppo).

L’opera illustra le costruzioni nelle diverse fasce altitudinali del territorio comunale evidenziandone in maniera tanto immediata quanto chiara la relazione con la porzione di riferimento del territorio locale: dal basso in alto si passa dal fondovalle, dove è ancora presente la vite (800-900 m), alla zona dei castagneti (900-1100 m), dominata dal villaggio terrazzato. Al di sopra del paese seguono poi i monti bassi, la fascia inferiore di alpeggi sopra il limite di crescita delle latifoglie (1500 m), e i monti alti, la fascia superiore, appena al di sotto del limite di crescita delle conifere (2000 m), il massimo limite altitudinale dell’antropizzazione nel territorio di Soglio.

L’immagine (cliccateci sopra per ingrandirla) è tratta dalla voce “Soglio” del Dizionario Storico della Svizzera, che potete consultare qui.

Soglio, ovvero: (topo)nomen omen

[Immagine tratta da siviaggia.it, la fonte originale qui.]
In uno dei passaggi più suggestivi de La leggenda dei monti naviganti, Paolo Rumiz scrive una cosa che io trovo molto bella e ricca di significati, «Finché ci saranno i nomi, ci saranno i luoghi», che da un lato mette in evidenza l’importanza della conoscenza culturale ovvero vernacolare dei luoghi affinché non vengano del tutto abbandonati e, peggio ancora, dimenticati; dall’altro rimarca l’importanza altrettanto grande del nome dei luoghi cioè dei toponimi, termini lessicalmente tanto semplici, all’apparenza, quanto capaci di condensare in essi numerose nozioni e narrazioni delle località che identificano.

In certi casi, poi, i toponimi riescono anche a rappresentare in un’immagine lessicale di immediata comprensione la sostanza geografica dei luoghi denominati, diventando un elemento estetico ulteriore, ancorché immateriale, che ne compone la bellezza e la rileva, al punto che, a volte, parafrasando scherzosamente la nota locuzione latina, si può dire toponomen omen!

È il caso di Soglio, il bellissimo borgo della Val Bregaglia (e tra i più belli in assoluto della Svizzera), famoso per il suo caratteristico nucleo storico e per i magnifici panorami verso le spettacolari vette della prospiciente Val Bondasca. Ecco: il suo toponimo, ovvero la sua interpretazione, offre alcune considerazioni interessanti e particolari, per come non solo identifichi il luogo ma pure per quanto sappia offrirne l’essenza geografica, storica e antropologica.

[Foto di Kuhnmi, Opera propria, CC BY-SA 4.0, fonte: commons.wikimedia.org.]
Innanzi tutto delinea geograficamente la sua storia (e non è per nulla un ossimoro, quanto ho appena scritto), dacché il toponimo Soglio deriva probabilmente dal latino solium, con il significato di posta di stalla o soglio o abbeveratoio, anche naturale, per animali al pascolo (fonte), termine forse di derivazione da un antroponimo gallo latino “Sollius” (fonte). Tale accezione rimarca come, nei secoli passati, da Soglio transitava una delle vie principali lungo la Bregaglia, che non passava dal fondovalle ma restava lungamente in quota e percorreva il suo versante solivo e meno soggetto alle piene del fiume (via diventata oggi un frequentato percorso escursionistico), incrociando altri collegamenti storici importanti, come quello verso la Val d’Avers attraverso il Pass da la Duana.

D’altro canto, molti ritengono, e in fondo con numerose ragioni, che al toponimo si debba riferire l’altra principale accezione del termine: «Sòglio, s. m. [dal lat. solium], letter. – Trono, seggio di chi riveste un’autorità sovrana: s. realeimperiales. pontificioassistente al s.» (fonte). Effettivamente non è il borgo posto in posizione dominante sulla val Bregaglia come se fosse ben accomodato su un confortevole e soleggiato trono da quale ammirare alcuni dei più bei panorami delle Alpi?

È pure interessante osservare che il toponimo – e il luogo – Soglio lo si potrebbe pure mettere in relazione con l’essere sotto diversi aspetti una specie di soglia, morfologica ovvero d’ingresso alla parte superiore e più importante della Val Bregaglia, e climatica (in tal caso “soglia” s’intende come luogo di passaggio, di cambiamento), per come dal borgo in su l’ambiente naturale cambi radicalmente e diventi prettamente alpino mentre i pendii sottostanti Soglio sono gli ultimi della valle, salendo dall’Italia, sui quali si possono trovare estese selve di castagni (presenti qui fin da tempo dei Romani) nonché altri alberi da frutto che evidentemente risentono degli ultimi scampoli di clima favorevole generato dalla non lontana presenza del Lago di Como. E come poi non ricordare che Giovanni Segantini, il quale a Soglio soggiornò per alcuni inverni e che definiva il luogo, anch’egli “giocando” selle possibili accezioni del toponimo, “soglia del paradiso”, proprio per la suprema bellezza delle sue visioni panoramiche (che peraltro fissò in una sua celebre opera, Werden / La vita)?

Insomma, «Finché ci saranno i nomi, ci saranno i luoghi»: le parole scritte da Rumiz in quel suo libro citato a Soglio diventano quanto mai pregne di molteplici significati, contribuendo in modi assolutamente intriganti alla bellezza, all’attrattiva del luogo e al desiderio di comprenderne l’essenza storica, geografica, naturalistica, paesaggistica e antropologica nel modo più profondo e compiuto possibile – come il fascino del luogo merita pienamente, d’altro canto.