Ultrasuoni #29: SNFU

Gli SNFU sono stati, a mio modo di vedere, uno dei gruppi musicali che più hanno incarnato ed esaltato la definizione, un tempo assai utilizzata, di «underground band». Autentica e riconosciuta leggenda dell’hardcore punk anni ’80, ammirati da tanti altri gruppi anche di generi musicali diversissimi, musicisti sopraffini capaci di inventare brani che più dinamici e trascinanti non si può e al contempo pazzi scatenati, dotati di una verve umoristico-demenziale (tutti i loro album hanno titoli composti da sette parole, per dire) alla quale molto contribuiva la presenza di Mr.Chi Pig, il mitologico cantante, personaggio eccentrico in tutto a partire dalla genetica (nato in Canada da genitori tedesco e cinese) e tutto questo che ha reso gli SNFU una delle live band migliori della storia, peculiarità addirittura sancita dalla votazione popolare della rivista americana “Flipside” nel 1987 e dal relativo titolo (davanti a gruppi come Red Hot Chili Peppers e Fugazi, mica pizza e fichi), con concerti scatenati e divertentissimi. Eppure, nonostante tutto ciò, chi se li ricorda?

I forget è uno dei brani più rappresentativi della folle genialità degli SNFU – oltre a essere uno dei più belli e irresistibili dell’hardcore punk – ma no, che dico! Della storia del rock: iperdinamico, potente, veloce, melodico, ricco di finezze strumentistiche e con un testo spiazzante, che raccontava la malattia (Alzheimer) della madre del cantante con un’ironia niente affatto irriguardosa, anzi, capace di far riflettere al riguardo.
Ascoltatevelo, e poi ditemi se sarete riusciti a restare fermi e impassibili:

Ultrasuoni #18: Gluecifer, Soaring with Eagles at Night…

[Immagine tratta da tuneoftheday.blogspot.com, fonte qui.]
Nel ristrettissimo novero degli album musicali che verrebbe da definire “impeccabili”, quelli dove tutti gira alla perfezione, ogni elemento è nel posto giusto al momento giusto, tutte le canzoni sono ottime, non ci sono riempitivi e momenti di stasi, i musicisti suonano in stato di grazia e ogni volta che li si ascolta è entusiasmante quasi come fosse la prima, sicuramente io ci metto Soaring with Eagles at Night, to Rise with the Pigs in the Morning dei norvegesi Gluecifer, una delle migliori hard rock band dell’altrettanto miglior scena rock dei tempi moderni, quella scandinava.

In Soaring with Eagles… c’è tutta la storia del rock’n’roll declinata in ogni possibile accezione, da quelle primigenie elvispresleyane ai Rolling Stones, agli MC5 e agli Stooges fino alle interpretazioni di matrice punk-hardcore molto diffuse proprio in Scandinavia, e tutte quante ovvero tutti i brani dell’album suonati con un’energia incredibile, che li rende al contempo tanto “terremotanti” quanto dotati di grande appeal, anche perché l’esecuzione pur così energica non nasconde affatto la matrice elementale rock’n’roll.

Ascoltatevi brani come Silver Wings,

oppure Lord of the Dusk,

o ancora Go Away Man,

e converrete con me sulla grandezza di questo album, uscito nel 1998 ovvero nel periodo aureo dell’hard rock scandinavo, quando quasi tutte le band di lassù sfornavano grandi album che hanno (ri)scritto la storia del genere, riuscendo persino a offuscare la grande tradizione americana al riguardo. Probabilmente i Gluecifer sarebbero globalmente ben più famosi di quanto non siano, se non si fossero trovati davanti, nel loro stesso paese, gli insuperabili Turbonegro; ma, al di là di questo aspetto, la loro bella impronta nella fangosa storia del rock contemporaneo l’hanno lasciata senza alcun dubbio.

Ultrasuoni #10: Gogol Bordello, Gypsy Punk

[Immagine tratta da Facebook.]
Un’altra band che mi sono trovato a riascoltare con gran godimento sonoro sono i Gogol Bordello, una delle creature musicali più originali del panorama contemporaneo con la sua miscela esplosiva di musica tradizionale tzigana e slava, punk, hard rock, folk, ska, dub, il tutto proposto con attitudine da cabaret e con un inopinato, quasi inspiegabile appeal commerciale, quantunque la proposta sonora della band risulti a molti troppo “deviata”, per non dire folle.

Un album come Gypsy Punks: Underdog World Strike, peraltro prodotto da un mostro sacro come Steve Albini e del quale vi propongo due brani, è perfetto per entrare nel mondo dei Gogol Bordello e comprenderne il pulsante “paciugo” sonoro, che in certi momenti sembra sul punto di deragliare verso il caos da osteria di quart’ordine per poi riorganizzarsi, placarsi e divenire melanconico, a tratti quasi struggente, e quindi ripartire ancora a far caciara etno-musicale, sempre e comunque orecchiabile seppur – ribadisco – molto poco ordinaria, in tutti i sensi. I “sovranisti” della musica li odiano, i “globalisti” li amano; io, che rifuggo da tali facili ergo vuote e bieche catalogazioni, trovo che la loro capacità di controllo, tecnica e artistica, di così tanti stili e influenze musical-culturali in così “poco spazio” – i tre/quattro minuti di un brano o anche meno, intendo dire – è veramente notevole e, appunto, tutta da godere.

Auguri, Matera!

Tra pochi giorni, esattamente sabato 19, Matera sarà ufficialmente eletta (insieme alla bulgara PlovdivCapitale Europea della Cultura per l’anno 2019.

Auguro di gran cuore alla città, e a chiunque abbia lavorato negli anni scorsi per ottenere tale riconoscimento e lavorerà per portare a termine il programma nel migliore dei modi, che quest’anno anno sia un grandissimo e memorabile successo. È un’occasione di importanza ineguagliabile per Matera e lo è ancor di più per l’Italia intera, un paese che ha un disperato bisogno di cultura, di rinascita, rinnovamento, re-invenzione culturale, un paese che deve smetterla finalmente di frapporre al proprio cammino di sviluppo culturale (che è sinonimo di altrettanto sviluppo civico) infiniti ostacoli ideologici, politici, burocratici, sociali e quant’altro di affine, e che deve invece cogliere questa preziosa occasione per tornare a rendere carburante fondamentale e irrinunciabile del proprio progresso l’unico elemento, forse, realmente in grado di costruire il miglior futuro possibile per il paese e per la sua società civile: la cultura, appunto. Quella cultura di cui l’Italia è ricchissima come pochi altri paesi al mondo e che è sempre fonte di bellezza: la bellezza del sapere, della conoscenza, della scienza, delle arti, del buon vivere, della più armoniosa socialità. Quella bellezza che salverà il mondo per la quale Matera mi auguro sia durante tutto l’anno in corso un esempio e una fonte possenti, insuperabili e inesauribili anche negli anni futuri.

(Cliccate sull’immagine per visitare il sito web di Matera 2019 Capitale Europea della Cultura.)