Carlo Limonta (in gir cunt i Sant!)

Chiamatelo film maker, video maker, documentarista o più “tradizionalmente” regista – oppure ancora cineasta, come si diceva una volta… In un modo o nell’altro Carlo Limonta è comunque, e prima ancora di qualsivoglia qualifica “tecnica”, un eccellente narratore di storie in immagini, che sa rendere suggestive e creative ma, al contempo, potentemente espressive ed esplicative, senza peraltro mai nulla togliere al fascino proprio di chi o cosa di quelle immagini è il soggetto. Così dalle sue opere scaturisce una realtà affascinante, vivida, eloquente, sempre illuminante eppure apparentemente “semplice”: come quelle narrazioni dietro la cui mera trama, di primo acchito così lineare, quasi essenziale, si nasconda un Universo di suggestioni, memorie, rimandi, sensi e significati, sapienze e saggezze, sogni e chimere. Ne esce insomma, dalle opere di Limonta, una realtà vera, nel senso più pieno, alto del termine ovvero più profondo e attinente a quel concetto autentico di “verità” oggi sovente travisato e distorto.

Il suo pluripremiato Al Gir di Sant lo dimostra perfettamente, fin da suo saper unire in modo sorprendente tanto quanto filosofico, quasi, l’ambito religioso più tradizionale e quello laico-panteista, dalla cui correlazione scaturisce un (altrettanto) vero senso di armonia verso la Natura, verso il mondo d’intorno nel suo insieme e verso sé stessi. Al di là del bene e del male ovvero verso un’autentica spiritualità umana emancipata dalle “pesantezze” quotidiane: una condizione dell’animo che più di ogni altra ci può elevare da una altrimenti inevitabile pochezza esistenziale.

Al Gir di Sant lo potrete vedere venerdì 17 novembre a Monte Marenzo, come recita la locandina qui sopra pubblicata (cliccateci sopra per aprirla in un formato più grande). Ci sarà anche Carlo Limonta, con il quale potrete approfondire la conoscenza della narrazione che le immagini del film vi offriranno nonché le suggestioni suscitate. Se potete, dunque, non perdetevela quest’occasione: ne tornerete sicuramente arricchiti e non solo di immagini e visioni, pure d’una preziosa e luminosa consapevolezza.

Lunga vita allo Strega! (Il liquore, s’intende, più che il premio.)

Logo-Premio-Strega-16-1Non servirebbe nemmeno rimarcarlo, quanto consenso sappia raccogliere attorno a sé lo Strega. D’altro canto è inevitabile, tutto questo apprezzamento: l’ormai lunga e acclamata storia, il prestigio del suo nome, la riconosciuta qualità, e quell’inconfondibile colore giallo dovuto allo zafferano, una delle settanta erbe che lo compone… Sì, lo Strega! – il liquore! Che avevate capito?
Il premio letterario? Ah, no, quello, bisogna ammetterlo, di apprezzamenti ne raccoglie molti meno, anzi… quest’anno, a due mesi scarsi dalla proclamazione del vincitore (che avverrà il prossimo 8 luglio), pare pure che le voci contrarie siano aumentate esponenzialmente, e voci di tono importante: senza contare Adelphi, che allo Strega non ci partecipa da anni, prima ci si è messa Feltrinelli e poi Einaudi ad annunciare, per l’edizione di quest’anno, di non far parte del gruppo – peraltro con accenti piuttosto polemici soprattutto da parte di Feltrinelli, il cui direttore editoriale Gianluca Foglia ha dichiarato che “Lo Strega ha bisogno di un profondo processo di rinnovamento. (…) I grandi gruppi editoriali hanno una capacità di coinvolgimento e relazione con i giurati e questo li favorisce. Tra i giurati ci sono autori e compagni di strada degli editori. Finché rimane così è difficile prenderne parte”. Dichiarazioni che – mi sia concesso di osservare – avrebbero un po’ più senso se provenienti da un piccolo editore, ma sentire il dar contro ai grandi gruppi editoriali da parte del direttore editoriale di uno di essi, perdonatemi, è cosa non poco buffa.
Appunto, a proposito di piccoli editori: in gran pompa magna l’organizzazione del premio aveva annunciato, lo scorso anno che “Il premio Strega cambia e si apre alla piccola editoria. Stando alle nuove regole del premio di narrativa, deve esserci almeno un libro di un editore medio o piccolo nella cinquina finale.” A parte che questa è in buona sostanza una indiretta ammissione di colpa – dacché equivale a dire: ok, fino allo scorso anno dei piccoli editori non ce ne fregava nulla, da quest’anno magari un po’ sì – con un po’ meno pompa magna la stessa organizzazione precisava che “di ciascuna delle 12 opere selezionate dal comitato, gli editori devono mandare 500 copie gratuite”. C-i-n-q-u-e-c-e-n-t-o copie. G-r-a-t-u-i-t-e. Una tiratura che buona parte dei libri pubblicati dai piccoli editori nemmeno raggiunge – e non per scarsa qualità degli stessi, ma per mancanza di promozione generante mancanza di mercato ovvero di equilibrio commerciale nel mercato stesso, totalmente squilibrato a favore dei grandi editori. Non commento io, riporto i commenti di alcuni editori a tale “rivoluzionaria” apertura ai piccoli editori: “Cifra folle!” (MdS ed.), “Assolutamente ingiusta!” (Linee Infinite ed.), “Ridicola!” (Apeggio Libero ed.), “Proibitiva!” (Brigantia ed.), “Fuori dal mondo!” (Nero Press ed.), “Assurda!” (Passigli ed.), e gran finale, “E’ come essere invitati a un party solo se si indossa uno smoking da 3000 euro, chi non se lo può permettere resta a casa. Il party se lo facciano tra loro!” (Gianluca Ferrara, direttore editoriale Dissensi Edizioni). Ecco.
Si vada poi a vedere la lista dei pre-finalisti dell’edizione di quest’anno, del premio, e si noti quanto trabocchi – ma proprio tanto, eh! – di libri di piccoli o medi editori. Ariecco!
Ma poi, alla fine, serve partecipare allo Strega per un piccolo/medio editore? Sì. Cioè, no. Insomma… boh! Emanuele Tirelli, su Pagina99, ha raccolto le opinioni e le esperienze di alcuni di essi in un articolo significativamente intitolato L’incerto business model del premio Strega: opinioni ed esperienze incerte, appunto. Si va dalla soddisfatta Neo Edizioni (“La ricaduta è stata molto importante. L’attenzione nei nostri confronti è aumentata e il titolo – (XXI Secolo di Paolo Zardi, n.d.s.) – continua a vendere” dice il direttore Angelo Biasella) alla più dubbiosa Manni (“Credo che la visibilità dello Strega sia stata decisiva, ma non è tale da cambiare completamente le sorti di un volume. Di sicuro è stata determinante per l’attenzione delle librerie, ma poi c’è tutto il discorso delle rese. Abbiamo alzato la tiratura rispetto ai nostri standard perché sapevamo che distributori e librai l’avrebbero chiesto dopo la selezione, ma se torna indietro l’invenduto si tratta di soldi investiti a vuoto. La regola di portare almeno un editore piccolo o medio in cinquina è un bel passo avanti, ma chi sa di non poter sostenere certe spese evita proprio di andare incontro alla candidatura” sostiene Angela Manni, che ha presentato lo scorso anno Se mi cerchi non ci sono di Marina Mizzau). Appunto: è cosa logica ed equa che le spese per partecipare ad un premio che possa aiutare anche – anzi, soprattutto, in potenza – la piccola editoria, siano troppo alte per la stessa, a fronte poi di un risultato (in termini di ritorno di immagine e di vendite) non garantito?
Inoltre: basta andare sul web e girovagare per i vari social intercettando i post pubblicati nelle scorse settimane sullo Strega (sempre il Premio, sì) relativi ai vari annunci dei libri selezionati e leggere i numerosi commenti critici degli utenti per rendersi conto che, anche nel pubblico (potenziale per i libri in gara, ovviamente) e con diffusione statistica significativa, l’apprezzamento per il Premio pare piuttosto bassa (sono abbastanza eufemistico, eh!) e le dichiarazioni di “non acquisto politico” del libro vincitore o di quelli finalisti abbondando. Ciò mi pare in fondo una ricaduta in ambito popolare di quanto similmente hanno dichiarato in passato voci ben più autorevoli del panorama letterario nazionale. Ne cito solo un paio: Umberto Eco (che il Premio l’ha vinto, peraltro: nel 1981 con Il nome della rosa) dichiarò che “il premio rischia di morire per mancanza di competizione”, e Aldo Busi (che invece lo Strega non l’ha mai vinto e, anzi, nel 2013, venne “buttato fuori” dalla finale abbastanza in malo modo) che, da solito par suo, sentenziò cose del tipo: “Il Premio Strega? Mi ricorda tanto l’Isola dei Famosi… Quando ero tra i concorrenti, tutti ne parlavano. Poi sono tornato in Italia, e quel reality è sparito…” e ancora: “Non c’è un solo titolo che sia di per sé invitante, mi sembrano fogli morti standard per figli nati vecchi e rimasti infantili, quindi non ci sarà che l’imbarazzo della scelta: ovunque il premio cadrà, cadrà a fagiolo e sul sicuro, anzi, proprio sul manico del premio.

E dunque, che dire, in conclusione? Beh, mi viene da tornare all’incipit di questo articolo, e alla fine ricordare che, sia quel che sia, lo Strega è e resterà senza dubbio tra i più famosi liquori italiani, unico e inconfondibile per il suo sapore grazie all’esclusivo uso di ingredienti naturali ovvero alle circa 70 erbe e spezie selezionate da tutto il mondo e caratterizzate ciascuna da particolari proprietà organolettiche, tra le quali si possono citare la cannella di Ceylon, l’Iride Fiorentino, il ginepro dell’Appennino italiano, la menta del Sannio, oltre al citato prezioso zafferano aggiunto al distillato di erbe per conferirgli il suo caratteristico colore giallo.
Insomma: lunga vita allo Strega – ma più al liquore, che al Premio!

P.S.: articolo pubblicato anche su Cultora, qui.

Questa sera su RCI Radio, in FM e streaming, la 2a puntata 2014/2015 di RADIO THULE!

Thule_Radio_FM-300Questa sera, sei ottobre duemilaquattordici, ore 21.00, live su RCI Radio in FM, in streaming QUI, QUI, QUI e con l’APP scaricabile da Google Play, appuntamento con la puntata #2 dell’anno XI di RADIO THULE. Titolo della puntata, “Nobel & IgNobel”: nelle scorse settimane sono stati assegnati i premi Nobel per l’anno corrente, appunto, ne avrete letto un po’ ovunque sui media. Già, ma come è nato il premio Nobel, e perché? Chi era Alfred Nobel, e sapete che era legato a doppio filo all’Italia? E chi fu Ernesto Teodoro Moneta, l’unico premio Nobel italiano per la pace? Infine: cos’è il premio IgNobel, e perché nessuno scienziato spera di vederselo assegnato – anche se pure quest’anno vi sono stati parecchi vincitori meritevoli? Tutte domande alle quali si cercherà di dare una buona risposta in questa puntata, dedicata – ormai l’avrete capito – alla storia (ufficiale e non) del premio Nobel!
Dunque mi raccomando: appuntamento a questa sera su RCI Radio! E non dimenticate il podcast di questa e di tutte le puntate della stagione in corso e delle precedenti), QUI! Stay tuned!