L’apertura al pubblico di tre importanti poli culturali del territorio della Valle Camonica, una delle vallate alpine più ricche di storia e di palinsesti antropici millenari inscritti sui fianchi delle sue montagne – incluso il ben noto Parco nazionale delle incisioni rupestri di Naquane, riconosciuto dall’UNESCO nel 1979 “Patrimonio mondiale dell’umanità” (sito n. 94 “Arte Rupestre della Valle Camonica”, primo sito italiano iscritto) – è garantita dalla presenza di 11 lavoratori “esterni” il cui contratto prevede una paga oraria lorda di 6,25 euro l’ora.
Già, avete letto bene: sei-virgola-venticinque, lordi. E si consideri che in occasione dell’ultimo rinnovo dell’appalto di gestione del Parco, a fine 2022, i lavoratori si sono visti sottoporre un contratto peggiorativo rispetto a quello precedente da parte della cooperativa che si era aggiudicata il bando regionale. Ovvero una proposta iniziale fissata a 5,37 euro lordi all’ora, i quali poi, dopo parecchie proteste dei lavoratori, sono stati aumentati (!) ai suddetti 6,25 euro l’ora. Il tutto, nella provincia della “Capitale Italiana della Cultura” 2023, insieme a Bergamo. Fate voi!

Si dice di voler difendere, promuovere, sviluppare la cultura, e poi la si mantiene forzatamente in una condizione di totale volubilità, deprivandola delle sue fondamentali valenze e per ciò mantenendola ai margini dell’azione e dell’interesse istituzionali, come fosse qualcosa di fastidioso e irritante e nel diffuso disinteresse al riguardo dell’opinione pubblica (della quale la politica è sempre espressione compiuta, d’altra parte).
Nel frattempo, l’articolo 9 della Costituzione Italiana continua a sostenere che «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura». Be’, a quanto sembra è una “promozione” scaduta da un sacco di tempo. Ecco.
