
Siamo in tanti su questo pianeta e moltissimi in questa regione – dieci milioni per la precisione. Ma l’orientamento politico resta sempre quello: “crescita” infinita, profitto, investimento in strutture inutili, dannose, dalle prospettive di corto respiro (inaccettabili i contributi pensati per gli impianti di risalita con la crisi climatica in corso e la conseguente necessità di creare la energivora neve artificiale). E così sindaci e assessori a ogni livello si abbeverano ai numeri del profitto – le presenze record – e alla retorica delle zone di montagna depresse economicamente. Un’immagine, questa, falsa per molte aree alpine e prealpine, che non tiene conto della geografia di questa regione, dove dal suo capoluogo – Milano – alle montagne della stessa regione si accede in meno di due o tre ore.
Resta l’aspetto più complesso, però: quello culturale, poco amato dalla politica (a meno che per “cultura” non intendano i Mondiali di Enduro o altre attività aggressive verso la Terra), poiché per la politica l’identità della montagna è un concetto appiattito sul solo parametro del profitto. E il “guadagno” ecologico, interiore, di salute, di rapporto armonico con la montagna, di sentirsi parte di quel tutto così variegato e struggente?
Da qualche tempo Davide S. Sapienza cura per «L’Ordine», inserto culturale de «La Provincia», lo spazio intitolato Questo nomade, nomade mondo, una serie di articoli dedicati al racconto del rapporto tra scrittura, geografia, natura umana, attraverso incontri e riflessioni.
Quello uscito la scorsa domenica 14 settembre, il nono della serie, si intitola Capire la Montagna, maestra di libertà e, senza nulla togliere ai precedenti (anche perché, in quanto “serie”, sono articoli connessi gli uni agli altri), trovo sia tra i più belli e importanti da leggere e meditare.
Lì sopra ne ho riportato alcuni brani; l’intero testo lo potete leggere cliccando sull’immagine qui sopra.



