12 dicembre 1969, strage di Piazza Fontana a Milano.
A cinquant’anni di distanza da quell’orrendo misfatto, ancora senza il nome degli esecutori materiali e con una serie di strascichi altrettanto inquietanti, una delle memorie più belle e significative viene da lontano, dai bambini di un piccolo borgo agricolo della Sardegna, Barega. Nonostante la distanza non solo geografica ma anche culturale e sociale tra il capoluogo lombardo e il borgo sardo, una giovane maestra della locale scuola, Lydia Siddi, comprese quanto potesse essere importante che i suoi piccoli alunni fossero in qualche modo testimoni degli accadimenti milanesi – che tali, cioè “solo” milanesi, non si potevano e dovevano considerare. Come racconta “L’Unione Sarda”, il 15 dicembre, giorno dei funerali solenni delle vittime della strage, fece uscire i bambini dalla scuola «e, in fila per due, li portò a casa della bidella che viveva poco lontano e possedeva la tv. Le immagini in bianco e nero dei funerali solenni emozionarono tanto i bambini e la maestra li invitò a scrivere un tema per raccontare le loro emozioni.»
Cliccando sull’immagine qui sopra potrete vedere un servizio video al riguardo.
Di recente, riporta “Il Corriere della Sera”, una studentessa impegnata a preparare la sua tesi in archivistica ha trovato negli archivi del Comune di Milano un faldone con la dicitura «Piazza Fontana». Dentro, insieme a cartoline, telegrammi, lettere scritte a mano o battute a macchina su carta velina inviate in commemorazione della strage, c’erano anche i temi degli alunni di Barega.
Significative e importanti, quelle testimonianze scritte da bambini, perché in un paese che fa di tutto per perdere la propria memoria collettiva, così minando alle basi la salvaguardia della sua storia e dell’identità culturale nazionale che ne deriva, non posso che essere – e rimanere, pressoché soli – i bambini e i più giovani in generale a proteggere quella memoria, a esserne testimoni fondamentali, a formare un argine intellettuale ad una deriva socioculturale altrimenti certa e letale.
Sono già passati cinquant’anni da allora, almeno due generazioni. Il tempo si dice che cancelli ogni cosa ma in verità il tempo non esiste, è un’invenzione funzionale alle cose umane, ancor più quando la storia ne “acquisisca” il senso e conservi nel suo patrimonio ogni realtà passata facendone non solo memoria, anche cultura, consapevolezza civica, identità. Ecco, di fronte a fatti come la strage di Piazza Fontana, è bene che il tempo non esista, e di contro che esistano sempre bambini – ovvero cittadini in generale, di ogni età, ogni provenienza, ogni estrazione culturale – come quelli di Barega, futuri adulti indispensabili ad una società realmente civile, progredita e libera.