Massimo Centini, “I segni delle Alpi”

I processi di identificazione, appropriazione e umanizzazione dei territori che l’uomo formula e mette in atto fin dalla notte dei tempi possono essere concepiti anche – con una formula che a me piace parecchio – come una pratica di scrittura del (o sul) territorio della storia (o delle storie) delle genti che lo abitano nel corso del tempo, pratica che utilizza particolari codici semiologici i quali a loro volta si sono sviluppati nei secoli fino alle più complesse forme moderne, sviluppando al contempo una semantica che a volte è giunta ben leggibile fino ai giorni nostri, altre volte si è persa o è stata dimenticata. Tuttavia i segni restano, testimonianza sovente antichissima e messaggio intrigante di genti che hanno sviluppato relazioni particolari con i territori e i luoghi nei quali hanno inscritto quei segni: e se cogliere oggi il loro significato originario è un esercizio ostico, spesso meramente speculativo, constatarne la presenza marcante e così emblematica nella definizione culturale di quei territori e delle loro comunità residenti è un’attività non solo affascinante ma assolutamente necessaria e fondamentale al fine di mantenere vivi quei territori, la loro cultura, la storia, l’identità, conservando parimenti attivo il dialogo con il Genius Loci, riconoscendo e comprendendo il valore del luogo e ciò che da secoli, se non da millenni, custodisce. Con la possibilità per giunta di indagare e magari trovare la chiave di decifrazione di quei segni, di scoprirne il codice e così svelarne il messaggio: una ricerca oltre modo affascinante e comunque sempre illuminante, anche quando il codice resti segreto (il che ne preserva l’attrattiva, d’altronde).

Massimo Centini, antropologo torinese dalla fervida e variegata attività di ricerca su temi culturali “alternativi”, con una marcata predilezione per quegli ambiti che presentino ancora argomenti arcani e non spiegati e una produzione editoriale nella quale più volte ha disquisito di questi temi riferiti ai territori montani, ne I segni delle Alpi (Priuli & Verlucca, 2014) indaga la vastissima produzione semiotica millenaria delle genti alpine che, in forza delle regioni abitate, delle loro peculiarità e della conseguente particolare relazione intessuta con il territorio, risulta alquanto emblematica. Confrontate infatti con un ambiente oltre modo difficile, nel quale la residenza assumeva la costante forma di sussistenza quando non di sopravvivenza, le popolazioni alpine hanno inevitabilmente sviluppato un rapporto speciale con la Natura, il paesaggio, le altre specie viventi così come con i vari aspetti immateriali legati a una presunta matrice divina, magica o variamente sovrumana: rapporto che si è poi manifestato in una produzione di segni, di tracce, di “scritture” estremamente variegata nonché spesso arcana. []

[Rosa camuna (evidenziata). Località Carpene, Parco archeologico e minerario di Sellero, Val Camonica. Foto di Luca Giarelli, opera propria, CC BY-SA 3.0, fonte: commons.wikimedia.org.]
(Potete leggere la recensione completa de I segni delle Alpi cliccando sulla copertina del libro lì sopra, oppure visitate la pagina del blog dedicata alle recensioni librarie. Buona lettura!)

“Istituzione e differenza”: l’attualità di Ferdinand De Saussure e l’importanza dei suoi studi per chiunque abbia a che fare con la lingua

Per chiunque abbia a che fare con la lingua, parlata o scritta, usata nella libera espressione verbale o strutturata in un testo a scopo comunicativo, la figura di Ferdinand De Saussure è assolutamente fondamentale. A cento anni dalla sua scomparsa (22 febbraio 1913) sta avendo luogo, tra marzo e maggio, Istituzione e differenza: un ciclo di cinque incontri dedicati a Saussure e al suo pensiero, parallelamente alle commemorazioni che tra Ginevra e Parigi si susseguiranno nei prossimi mesi. Il prossimo incontro, un dibattito nello specifico, si terrà a Roma il prossimo 3 Maggio e tratterà un tema parecchio intrigante: La lingua come modello di ogni altra istituzione? La_LinguaPotete avere tutti i dettagli di questo incontro e dell’intero ciclo Istituzione e differenza cliccando sull’immagine qui accanto e così visitando il sito appositamente dedicato ad esso dall’Istituto Svizzero di Roma.

Mi preme però qui, ora, dire qualcosa di più su De Saussure per come, lo ribadisco, i suoi studi sulla lingua accorpati in buona parte poi nelle teorie dello Strutturalismo siano fondamentali per qualsiasi utilizzo si voglia fare del segno linguistico, sia a livello di creazione del testo – verbale e, scritto, ovviamente più interessante per chi come me scrive, appunto, e pretenderebbe di farlo nel modo migliore possibile – che di critica dello stesso, letteraria e artistica.
Leggendo il comunicato stampa del ciclo di incontri si scopre che quella di Ferdinand De Saussure fu, in estrema sintesi, un’esistenza riservata sino ai limiti del mistero, caratterizzata dal pensiero solitario e spericolato, sovente capace di innovazioni dirompenti. Ginevrino, brillante studente di linguistica a Lipsia e Berlino, a ventuno anni pubblica quello che fu giudicato «il più bel libro di linguistica storica che sia mai stato scritto», il Mémoire sur le système primitif des voyelles dans les langues indo-européennes. Di ritorno a Ginevra nel 1891, dopo un intervento importante pronunciato in occasione del Congresso degli orientalisti (1894), Saussure fa quasi perdere le sue tracce. È a Ginevra che insegna, dopo averlo fatto per dieci anni a Parigi, ed è sempre a Ginevra che sviluppa in modo febbrile le sue ricerche; ma per il pubblico scientifico internazionale i suoi contributi diventeranno solo un ricordo. Tra il 1907 e il 1911 tiene i corsi di linguistica generale a cui avrebbe ambito vent’anni prima: queste lezioni – pubblicate postume dagli allievi Albert Bally e Charles Sechehaye – non solo definiscono i tratti originali della sua produzione teorica, ma influenzeranno le scienze umane del Novecento. Muore, dimenticato e solitario, nel 1913. Del Cours, la cui prima edizione è del 1916, si avranno tante edizioni e traduzioni quante di pochi altri testi scientifici. Nel secondo dopoguerra, grazie all’opera di Hjelmslev e Benveniste, ai lavori di Godel e poi di Engler e De Mauro, il Cours viene adeguatamente tradotto, chiarito nella sua articolazione e commentato.
Saussure, prima e meglio di chiunque altro, pensa l’arbitrarietà radicale del segno linguistico e la sua complementarietà al principio di differenza. Dice Saussure nel Cours: «nella lingua non vi sono che differenze», «differenze senza termini positivi». Altrettanto, il valore di ogni segno linguistico è tale solo a partire dal rapporto differenziale che lo inscrive nella lingua storico-naturale come forma o sistema. Istituzione pura fatta di differenze, e differenze di differenze. Ci basta questa definizione per cogliere la potenza pratica e l’attualità del pensiero saussuriano, che ha posto le basi di una teoria delle istituzioni. Nella crisi della sovranità statale e della legge del valore-lavoro, nell’epoca in cui il linguaggio diviene principale risorsa produttiva mentre i valori finanziari perdono ogni tipo di rapporto convenzionale con la natura delle merci (compresa quella merce peculiare che è la forza-lavoro), pensare ancora con Ferdinand de Saussure la lingua come istituzione pura e sistema di differenze significa riflettere il presente in modo radicale.

Vi rammento che cliccando sull’immagine “magritteana” Ceci n’est pas une langue qui sopra (oppure anche qui: www.differenzadesaussure.istitutosvizzero.it) potrete visitare il sito web che l’Istituto Svizzero di Roma ha dedicato a Istituzione e differenza, nel quale trovare, oltre a tutti gli atti del ciclo, ogni altra informazione utile sull’intero progetto.

“Questo è il punto”, di Francesca Serafini: un libro che non dovrebbe esistere – e invece esiste, fortunatamente!

Si può imparare a usare la punteggiatura divertendosi come quando si guarda un film? La risposta è sì, se a spiegarci come e dove mettere il punto e la virgola ci pensa una sceneggiatrice con un passato da linguista. Ecco che allora, tra una divagazione narrativa e l’altra, il grande narratore russo Isaak Babel’ si trova catapultato nello stesso universo di Perry Cox – il medico scorbutico e irresistibilmente comico della serie televisiva Scrubs creata da Bill Lawrence – per aiutarci a capire come va usato quell’insieme astruso di segnetti che costituisce la punteggiatura.
Francesca Serafini usa tutto questo e molto altro (attingendo gli esempi a un serbatoio variegato di materiali: dalla grande letteratura al videogioco, dai social network alla linguistica scientifica) per dimostrare come, per imparare a usare punti e virgole, bisogna superare la vecchia concezione secondo cui la punteggiatura serve a riprodurre nello scritto le pause della respirazione nel parlato. I segni interpuntivi sono infatti, prima di tutto, un prezioso strumento sintattico che, usato consapevolmente, rende chiara la scrittura ed efficace la comunicazione. Nella guida pratica contenuta nel libro, a ogni segno corrispondono regole ed eccezioni d’autore, in una successione di consigli utili a chiunque scriva per mestiere, per passione o semplicemente per comunicare, in un’epoca in cui – tra Facebook, Twitter, e-mail e sms – la scrittura, a dispetto della sua complessità, conosce un’espansione sorprendente.

La punteggiatura, questa sconosciuta! Quante volte vi sarà capitato di leggere testi scritti da persone pur dotate di un livello di istruzione elevato, e trovarvi nel bel mezzo di una sommossa di virgole, punti, due punti, trattini, parentesi e altri segni di interpunzione in fuga da qualsiasi buona logica linguistica? A me parecchie volte, eppure ben pochi essere umani parlanti e scriventi qualsivoglia lingua credo possano dirsi al riparo da piccole o grandi scivolate e/o inciampi su punteggiature fuori posto… Sapete che una semplicissima virgola può addirittura salvare (virtualmente) delle vite? Ad esempio, se riportate per iscritto l’espressione della volontà di andare a pranzo/cena a vostra nonna: “vado a mangiare, nonna!”, e non “vado a mangiare nonna!” come verrebbe da scrivere riportando pari pari quanto verbalmente detto… Come dimostra Francesca Serafini, la questione primaria sta proprio nel superare la concezione che la punteggiatura serve a riprodurre nello scritto le pause della respirazione nel parlato (cito dalla presentazione del volume sopra riportata); ma, diamine, fosse solo questo il problema! C’è forse di mezzo ben di più, fors’anche la sopravvivenza stessa della lingua per come l’abbiamo conosciuta, imparata e usata fino ad oggi, di fronte alla possibilità d’un caos linguistico irrefrenabile e irrecuperabile che qualcuno traveste di “libertà espressiva” quando invece si tratta, appunto, di soffocamento della nostra capacità d’intendimento verbale reciproca.
Per ciò Questo è il punto – Istruzioni per l’uso della punteggiatura, libro che sarebbe utopisticamente bello non veder pubblicato, è una lettura assai preziosa che tutti dovremmo fare, e che per fortuna Francesca Serafini ci da’ la possibilità di affrontare.

Francesca Serafini, Questo è il punto – Istruzioni per l’uso della punteggiatura. Editori Laterza, 2012, collana I Robinson/Letture, ISBN 9788842099420. Edizione cartacea € 15,00. Edizione ebook € 9,49.

N.B.: nel rileggere e correggere la bozza di questo post, ho cambiato posto a una virgola ed eliminato un’altra. Ecco.