Il consum(ism)o della bellezza

[Foto di Enrique Meseguer da Pixabay.]
Una delle colpe maggiori di una società basata sul consumismo (ovvero su un certo consumismo culturalmente degradante che è un’altra manifestazione del generale consumismo socioeconomico) come la nostra è quella di aver consumato appunto, con un processo di “corrosione” che dura tutt’ora, anche la percezione diffusa della bellezza e il suo immaginario comune.

In forza di ciò siamo sempre più portati a considerare e credere “belle” cose che lo sono molto poco o non lo sono affatto, e siamo sempre meno in grado di percepire e cogliere l’autentica bellezza ove essa sia presente. Di contro, nel nostro modus vivendi contemporaneo, e nella “cultura” mainstream sulla quale si sviluppa, c’è ben poco che possa consentire il recupero e la salvaguardia di quella dote, anzi: come ho già accennato, il processo opposto è costante e sempre più degradante. Non solo non “capiamo” più la bellezza, ma siamo sempre più portati a disconoscerla e disprezzarla.

Dunque mi chiedo: quella bellissima “massima” dostoevskijana sulla bellezza che può salvare il mondo, che per quanto mi riguarda assurge al rango di assioma filosofico ineludibile per sanare e salvaguardare veramente il nostro (di esseri umani) mondo, come potrà mai realizzarsi se, pure nel caso che di bellezza ce ne sia – e ce n’è a iosa, nel mondo suddetto -, non saremo più in grado di riconoscerla e di goderne?

Insomma, ripropongo una domanda già proposta, qui sul blog: la bellezza certamente potrà salvare il mondo, ma il mondo saprà salvare la bellezza?

INTERVALLO – Latina (Italia), Anna

È un INTERVALLO parecchio particolare, questo, per una volta non dedicato a luoghi legati alla cultura e alla letteratura ma a una persona a ciò legata, a sua volta particolare: Anna, una prostituta che attende i propri clienti lungo la Strada Statale Pontina (nella zona di Latina) leggendo libri, sovente di pregio.

Al di là di qualsiasi considerazione sulla vicenda di vita di questa ventisettenne ucraina, mi piace dedicare a lei e alla sua passione letteraria questo articolo: una passione che dimostra come e quanto i libri, sappiano andare al di là di ogni condizione che l’esistenza quotidiana possa donare o imporre, rendendo il loro valore culturale qualcosa di fondamentale sempre, e altrettanto benefico, provvidenziale, salvifico, vitale.

Cliccate sull’immagine in testa all’articolo (con le altre tratta da qui) per leggere uno dei vari articoli usciti in questi giorni sulla storia di Anna.

Ma poi sapremo salvare il mondo con la bellezza?

dostoLa bellezza salverà il mondo” afferma il principe Miškin ne L’Idiota di Fëdor Dostoevskij. E’ una frase che mi torna in mente ogni qualvolta la cronaca presenta fatti tragici e/o situazioni critiche – il che accade ormai quasi quotidianamente.
E’ vero, forse solo la bellezza può salvare questo nostro mondo troppe volte in preda alla follia umana. Ma, posta quella quotidianità, appunto, siamo ancora capaci noi tutti di generare bellezza? Di coglierla, concepirla, comprenderla, propugnarla? O non siamo più in grado di fare ciò, ed è proprio questa la nostra condanna?
(“Ma quale bellezza salverà il mondo?” ribatte Ippolìt al principe Miškin, nello stesso brano de L’idiota…)

P.S.: a proposito della celeberrima frase dostoevskijana e del suo senso autentico, bisogna notare (come fa qualcuno sul web: questo interessante articolo, ad esempio) che “nella costruzione russa della frase, “Mir spasët krasotà”, l’autore con una anastrofe (non resa nella traduzione italiana “ordinaria”) inverte oggetto e soggetto, “Il mondo salverà la bellezza”, quasi a voler sottolineare che il punto centrale in tutto ciò di cui si sta parlando non è esattamente la bellezza“. Il che fin da subito rende assai più indeterminato il senso apparentemente ovvio della frase stessa. Inoltre, “la parola stessa mir in russo – fatto curioso – ha due significati: mondo e pace. L’universalismo della cultura russa sembra discendere o incarnarsi nella lingua stessa, laddove l’aspirazione all’armonia concorde dell’umanità coincide con l’umanità stessa, il mondo. Il punto centrale è dunque che il mondo sarà salvato dalla bellezza: una profezia “linguistica” in questo caso si avvererà e il semplice mondo/mir diventerà la pace/mir“. Tuttavia, per tornare al mio dubbio là sopra, “mondo” e “pace” oggi paiono due termini troppo spesso avversi ovvero, inevitabilmente, se il mondo potrà essere salvato, lo sarà solo dalla pace, condizione ideale per il generarsi della bellezza. Ed è proprio su tale utopia che il mio dubbio nasce.