Mi coglie una gran tristezza ogni volta che transito davanti all’ex Grande Albergo del Pertüs – succede spesso, visto che si trova sui monti di casa – e ne constato lo stato di abbandono, la conseguente e crescente incuria, le imposte danneggiate e in certi casi aperte così che gli interni si deteriorino ancora più rapidamente di quanto imponga il tempo, i danni da intemperie, e quel cartello «VENDESI» ormai esposto da qualche anno che accentua la percezione di abbandono, di dimenticanza dello stabile e del luogo.
Eppure quello del Pertüs è un edificio che trasuda narrazioni affascinati da ogni suo mattone: fu uno dei primi grandi alberghi costruiti in quota delle Alpi lombarde, edificato a fine Ottocento sul modello degli hotel alpestri svizzeri, dotato di confort all’epoca rivoluzionari come l’energia elettrica e il telefono anche prima che tali invenzioni servissero i paesi sottostanti, di stanze, soggiorni lussuosi e sale da ballo, frequentato da molte famiglie benestanti milanesi e bergamasche che vi giungevano a dorso di mulo e da lassù godevano dell’aria salubre profumata dalle essenze silvestri delle maestose foreste circostanti nonché di vedute panoramiche ampissime e spettacolari. Ne parlo con cognizione di causa perché ebbi la grande fortuna, ormai otto anni fa (era il 15 ottobre 2017), di farmi concedere l’apertura straordinaria dagli allora proprietari e di guidare una nutrita comitiva alla sua scoperta cui narrai la storia del luogo e alcune delle sue affascinanti vicende – visita poi raccontata in un bell’articolo del magazine “Orobie” sul numero di ottobre 2018.


Ciao Luca,
mi ricordo quando, agli inizi degli anni Ottanta, scendendo dal Monte Ocone e passando sul Ponte degli Spagnoli, si poteva attraversare il giardino dell’ex albergo/convento accedendovi dalla chiesetta retrostante. Costeggiando i vecchi muri si potevano immaginare i fasti di un tempo e fantasticare sulle persone che vi soggiornavano. Poi, negli anni Novanta, un tentativo di ristrutturazione ha chiuso il passaggio con delle orribili reti di plastica arancione, che, con il passare del tempo, sono diventate “parte integrante” del paesaggio…
Stessa sorte è toccata anche al vicino e più recente “Albergo Ristorante Pertusino”, dove ho dormito e pranzato innumerevoli volte con i miei familiari: ci si rilassava giocando a carte sui tavoloni di pietra sotto i piantoni oppure impegnandosi in interminabili partite sul polveroso campo da bocce.
Temo che gli eventuali acquirenti esigano come prima cosa un accesso alla struttura più agevole rispetto all’attuale strada forestale, con il concreto rischio, a mio parere, di un ulteriore scempio dopo quello perpetrato con la distruzione delle vecchie mulattiere preesistenti alla pista.
Grazie per l’attenzione e buona serata.
Simone
Buongiorno Simone,
grazie per questo racconto dei tuoi ricordi, peraltro molto simili ai miei.
Il rischio che corrono l’ex Grande Albergo e il Pertusino sono proprio quelli che tu denoti, e il fatto che la strada di accesso non sia granché praticabile è, paradossalmente, una delle garanzie più forti per fare che quei rischi non si avverino. D’altro canto è vero che posti così grandi e scomodi sono poco appetibili per qualsiasi privato che voglia fare investimenti – senza dimenticare che poco distante c’è pure l’Albergo Tesoro in vendita da anni – considerando pure le ingenti spese che si dovrebbero sostenere per la loro ristrutturazione. Detto ciò, vederli scivolare lentamente ma inesorabilmente nell’oblio e nella decadenza è comunque triste: l’unico intervento auspicabile (ma a sua volta non privo di rischi) sarebbe quello di un ente pubblico, ma temo sia ancora più utopico degli altri possibili.
Grazie ancora e buona giornata!