Alle volte mi sembra che un’epidemia pestilenziale abbia colpito l’umanità nella facoltà che più la caratterizza, cioè l’uso della parola, una peste del linguaggio che si manifesta come perdita di forza conoscitiva e di immediatezza, come automatismo che tende a livellare l’espressione sulle formule più generiche, anonime, astratte, a diluire i significati, a smussare le punte espressive, a spegnere ogni scintilla che sprizzi dallo scontro delle parole con nuove circostanze. Non m’interessa qui chiedermi se le origini di quest’epidemia siano da ricercare nella politica, nell’ideologia, nell’uniformità burocratica, nell’omogeneizzazione dei mass-media, nella diffusione scolastica della media cultura. Quel che mi interessa sono le possibilità di salute. La letteratura (e forse solo la letteratura) può creare degli anticorpi che contrastino l’espandersi della peste del linguaggio.
(Italo Calvino, “Esattezza“, da Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, 1a ediz. 1988.)
Si badi bene: nel 1985, quando Calvino scrisse le sue Lezioni Americane, il web era solo all’inizio e non esistevano i social, tanto meno la politica era degradata come oggi e il termine “ideologia” un qualche senso l’aveva ancora, nel bene e nel male.
Che mai potrebbe scrivere Calvino, oggi, se dovesse esprimere delle osservazioni come quelle delle Lezioni? Se già allora gli pareva che si stesse manifestando “un’epidemia pestilenziale“, di quale ancor più letale malattia soffre l’umanità contemporanea?
Credo che Calvino oggi tenterebbe il suicidio per non leggere quello che si scrive male un po’ ovunque.
Il vuoto è cosmico e l’ignoranza sovrana.
Eh, caro Orso, tenterebbe il suicidio o, di contro, promuoverebbe omicidi di massa!
Ma hai ragione, la tua chiosa è quanto mai inappellabile, per questo nostro povero mondo…
😉
Sempre omicidi si tratta 😀
In effetti… 😀 😉