I 100 anni del “miracoloso” Vittoriale

Lo saprete quasi certamente ovvero lo avrete già letto/visto da più parti, ma voglio pure io rimarcare l’anniversario dell’invenzione di uno dei luoghi più incredibili che abbia mai visitato – e l’ho fatto più volte e ogni volta rinnovando le stesse sensazioni di stupore: nel 2021 si festeggia il centenario del Vittoriale degli Italiani, l’inimitabile dimora di Gabriele D’Annunzio a Gardone Riviera, sulla riva lombarda del Lago di Garda. Una dimora «miracolosa» (clic) sotto ogni punto di vista, nel bene e nel male – dacché so bene che D’Annunzio è personaggio per molti controverso, ma personalmente rivendico orgogliosamente l’importanza fondamentale che la sua figura, certo suo pensiero e le sue opere hanno avuto su di me – e forse è in assoluto il manufatto architettonico (nel senso più completo che può conferire tale aggettivo) più aderente al personaggio che l’ha abitato e vissuto. Quasi a diventare esso stesso una speciale e insuperabile “opera letteraria” dannunziana, una summa dell’arte scrittoria del Vate espressa in forme architettoniche nelle quali ogni elemento costruttivo, artificiale o naturale, è una pagina di quell’opera assoluta.

In fondo fu lo stesso D’Annunzio a dare il senso fondamentale a una dimora del genere e lo fece già a 23 anni, quando in una lettera scrisse di nutrire «una passione profonda e rovinosa per le cose inutili e belle»; d’altro canto la bellezza sovente è ritenuta “inutile”, all’apparenza, eppure a chiunque risulta ineluttabilmente vitale: l’arte, ad esempio, si può dire che non serve a “sopravvivere” (eccetto che per l’artista) ma chi può obiettare che è invece fondamentale per vivere, nel senso più assoluto e umanistico del termine? Di contro quante sono le cose che, oggi più che mai, riteniamo “utili” ovvero “necessarie” e invece non lo sono affatto, anzi, a ben pensarci oltre che superflue alla fine risultano pure brutte?

Ecco, il Vittoriale di D’Annunzio può sembrare una dimora talmente sovrabbondante in tutto da apparire “inutile”, ma la sua bellezza, il suo fascino, l’attrattiva incredibile, la curiosità, il coinvolgimento che suscita ne fanno un luogo di rara e preziosa utilità, in primis per la mente, il cuore, l’animo e lo spirito di chiunque la visiti, che sia un fan del Vate oppure no.

Cliccando sull’immagine in testa al post potrete accedere al sito web della Fondazione del Vittoriale, dal quale potrete conoscerne ogni cosa e avere tutte le informazioni utili per visitarlo. Dal sito del Vittoriale ho tratto anche l’immagine in testa al post e i video qui pubblicati. Qui invece potete leggere un articolo sul centenario di Giordano Bruno Guerri, presidente della Fondazione.

D’Annunzio, 155 anni

Comunque, oggi sono 155 anni dalla nascita di Gabriele D’Annunzio.
Il quale resta, al di là del bene e del male (lo scrivo in senso nietzscheano, soprattutto), uno dei più grandi italiani di tutti i tempi.

(Consiglio: se non l’avete già fatto, fatevi un giro nel magico mondo dannunziano del Vittoriale degli Italiani. È un luogo unico, sotto ogni punto di vista.)

Su qualcosa di totalmente superfluo che in tanti dovranno assolutamente avere

Ci può essere qualche legame tra Gabriele D’Annunzio, il Vate inguaribilmente esteta che si vantava di non poter fare a meno del superfluo, e Ernest Hemingway, il quale scrisse molti dei suoi celeberrimi romanzi su una macchina da scrivere particolarmente amata, la Corona #3?
Forse no. O forse sì, grazie ad un nuovo gadget tecnologico che pare fatto apposta per diventare uno status symbol dell’indispensabilmente superfluo: Hemingwrite, una macchina da scrivere con accattivante design retro che unisce la semplicità di un word processor anni ’90 con la tecnologia più moderna. Connessione wifi, batteria che dura 6 settimane (!), schermo E-Ink con retroilluminazione da 6 pollici, memoria ben capiente per immagazzinare milioni e milioni di pagine scritte e, soprattutto, la riproduzione di una tastiera meccanica che offre quella corsa e quel ticchettio che solo le macchine d’una volta sanno dare.
red_render_lowOra: il riferimento a Hemingway è ovvio, fin dal titolo e nell’evidente intento di recuperare le tante immagini in circolazione del grande scrittore americano al lavoro sulla sua macchina da scrivere. Quello a D’Annunzio mi è balzato in mente quasi subito, nel leggere di questo nuovo gadget da scrittori e nel considerare appena dopo quanto sia sostanzialmente superfluo: ma sì, insomma, a che serve una pseudo-macchina da scrivere d’antan in salsa hi-tech che mai e poi mai, bisogna ammetterlo, offrirà la stessa comodità di scrittura – pratica e “logistica” – offerta da un “normale” pc? Con quello schermetto piccolo piccolo, poi, che obbliga a dover tornare indietro ogni volta che si voglia rileggere quanto scritto solo 6 o 7 righe prima!
Nel principio, ‘sta Hemingwrite mi ricorda un po’ quello spray da spruzzare sugli ereader per fare in modo che odorino di carta e inchiostro come i libri cartacei. Che è un po’ come andare in spiaggia a Rimini e farsi fotografare con alle spalle un fondale che riproduce una baia tropicale, per far credere di essere ai Caraibi!
Eppure, proprio per questo, scommetto che Hemingwrite potrebbe diventare un oggetto vitale per parecchi appassionati di scrittura. “Potrebbe”, sì, visto che al momento è ancora un progetto non ancora giunto allo stato di produzione e, nel caso, non oso immaginare quale prezzo d’acquisto spareranno per esso. D’altro canto, come insegnava il sempre indebitato Vate (e come insegna anche di più il turbo-consumismo delle società in cui ci tocca vivere), il gusto del superfluo non può certo essere legato ad alcun prezzo… E, forse, nemmeno ad alcun buon senso.