Fare cose belle e buone in montagna: il progetto “Pasturs”

In queste settimane di tensioni montane che contrappongono a vario titolo umani e animali selvatici, in particolare orsi e lupi, tra tristi eventi di cronaca, inquietudini variamente (in)giustificate e caciare mediatiche, tornano evidenti il valore concreto e l’importanza del progetto Pasturs, nato in origine nel 2015 e avviatosi con la prima edizione nel 2016, il quale giusto lo scorso sabato ha iniziato le attività di formazione per l’imminente stagione 2023 di allevamento in alpeggio.

In buona sostanza, Pasturs – il quale gode del sostegno di numerosi soggetti pubblici e privati, sia a livello di gestione che di finanziamento delle attività – cerca di migliorare la convivenza tra allevamento e grandi predatori (orso e lupo in primis, appunto) attraverso giovani volontari che aiutano nella vita lavorativa d’alpeggio, promuove inoltre l’utilizzo di misure di prevenzione, che difendono il bestiame da potenziali incursioni di lupi e orsi, sostiene il dialogo costruttivo che aiuta ad arginare i conflitti presenti, propone soluzioni condivise e sensibilizza sulle tematiche di conservazione della biodiversità e delle produttività umane.

Le misure di prevenzione che i volontari del progetto mettono in atto sono un elemento comunicativo verso i predatori: orso e lupo sono mammiferi dall’intelligenza deduttiva complessa e imparano presto quali elementi costituiscono un eccessivo investimento energetico o procurano loro dolore fisico (elettricità) o rischio di incolumità (cani). In tal senso i metodi di prevenzione più efficaci sono la sorveglianza del bestiame da parte dell’uomo, l’utilizzo di recinzioni elettrificate (attraverso apposito elettrificatore portatile), l’utilizzo di cani da guardiania (es. razza Pastore abruzzese), il ricovero notturno.

I volontari selezionati per Pasturs, dopo aver seguito un breve corso di formazione, trascorrono un periodo in alpeggio aiutando l’allevatore nel suo lavoro quotidiano. Le loro principali attività sono la sorveglianza del gregge, l’aiuto nella gestione dei cani, il montaggio/smontaggio delle recinzioni elettriche di contenimento del bestiame, la sensibilizzazione e informazione dei turisti sulle corrette tematiche di conservazione della biodiversità e delle produttività umane.

Pasturs opera al momento su due aree montane, le Orobie bergamasche in Lombardia (Valle Brembana, Valle Seriana, Valle di Scalve), e la zona del Parco Naturale del Mont Avic, in Valle d’Aosta (Valle di Champdepraz, Valle di Champorcher), ma sta avviando le proprie attività anche sull’Appennino Tosco-Emiliano e in Trentino-Alto Adige, partecipando alla rete del Progetto interalpino LIFEstockProtect attivo in Austria, Baviera e appunto Trentino-Alto Adige.

Sia chiaro: Pasturs non è la “soluzione” per le problematiche di convivenza tra allevatori alpini e grandi carnivori, anche in forza della sua attuale relativa limitatezza (ma c’è da augurarsi che negli anni futuri possa ampliarsi sempre di più) ma rappresenta senza dubbio un ottimo e significativo modello di azione sul territorio che offre iniziative concrete sia per il sostegno della pastorizia montana e sia per la tutela della grande fauna alpina, nell’ottica di una necessaria – e necessariamente condivisa – opera di salvaguardia (anche culturale) dei territori montani, dalla quale può e deve trarne beneficio chiunque, umani, animali e montagne.

Per saperne di più sul progetto Pasturs, potete visitare il sito web qui.

[Le immagini fotografiche che vedete nel post sono tratte dalla gallery del sito del progetto.]

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