Urgente!

[Foto di Mohamed Hassan da Pixabay, rielaborata da Luca.]
Se c’è un termine che, in tutta sincerità, sto cominciando a odiare in maniera viscerale, per come venga usato sempre più copiosamente in ambito professionale e non solo, con toni nevrotici se non a volte isterici e se possibile ancor più, questo, dopo il lock down, che indubbiamente in generale ha esasperato certi animi molto più dell’ammissibile, influendo pure su ciò, è urgente.

Oggi tutto o quasi è “urgente”. Il lavoro è urgente, la consegna è urgente, il riscontro è urgente, la risposta pure e la telefonata e appuntamento anche – ma non di rado diventa “urgentissimo”, superlativizzando l’inopinata nevrastenia che, appunto, spesso viene manifestata e palesata dall’uso del termine e che altrettanto spesso ignora la pericolosità di rendere tanto pressanti certe cose che invece abbisognano di maggior tempo (il che non significa automaticamente “lentezza”, sia chiaro) per poter essere compiute al meglio.

Ma perché, poi, è tutto così urgente? Rispetto a cosa, e a vantaggio di chi? Che bisogno c’è di tutte queste immediatezze, improrogabilità, improcrastinabilità tanto forsennate?

Non è forse che, dietro tutta questa urgenza, si voglia nascondere la sostanziale incapacità di agire diversamente, ovvero con maggior buon senso e assennatezza, oltre che quell’ansia fobico-isterica di cui ho detto sopra che affligge palesemente un po’ troppa gente? Non è, forse, pure un’ennesima manifestazione dell’incapacità di pensare e costruire il futuro, vivendo sempre e solo nel presente ovvero – come si dice – “alla giornata”, in un mondo nel quale troppe cose vengono ignorate finché diventano “emergenza” così generando, inesorabilmente, ulteriore “urgenza”?

Ecco, sono domande alle quali, io credo, servirebbe qualche buona risposta. Urgente, già.

Tempus semper fugit!

Si parla tanto di velocità, di andare sempre più veloci, di costruire treni ad alta velocità e aerei ipersonici, di ogni limite che al riguardo deve essere superato da nuovi record, di ipotizzate future astronavi che un giorno, chissà, viaggeranno alla velocità della luce… ma, alla fine e ineluttabilmente, c’è una cosa che va veloce come nessun altra al punto da risultare sempre c comunque insuperabile: il tempo.

Che non esiste per come noi lo crediamo perché in verità è una rappresentazione del moto tra le cose, come spiega la fisica, ma che, se lo intendiamo nel modo più comune, come ore giorni mesi e anni che passano (il che in effetti è un moto, no?), è realmente qualcosa che sfugge via in modo inopinato e irrefrenabile. Sed fugit interea fugit irreparabile tempus, “Ma fugge intanto, fugge irreparabilmente il tempo” scriveva già più di due millenni fa Virgilio, e per questo, allora come oggi e come sempre, sprecare il tempo è una delle cose in assoluto più cretine che si possano fare. È un po’ come avere a disposizione – per tornare all’esempio utilizzato in principio di post – un mezzo di trasporto iperveloce, tecnologico e preziosissimo, e andarci a passo di lumaca, ma con una differenza fondamentale: che quel mezzo iperveloce, se pure andasse alla sua massima velocità, lo si potrebbe comunque frenare e controllare, il tempo invece no. Continuerà a correre, a superare, a staccare chiunque lo sprechi non rendendosi conto della sua inesorabile e velocissima sfuggevolezza. Che non esiste come non esiste il tempo, appunto, ma che anche per questo nessuno può raggiungere: bisogna solo adeguarcisi e sfruttarlo al meglio nel modo più proficuo possibile. Altrimenti si resta indietro, immoti e abbandonati in un’esistenza del tutto sprecata.

Tempo non c’è tempo, sempre più in affanno
Inseguo il nostro tempo, vuoto di senso, senso di vuoto.