Tuttavia, come dicevo, il progetto del San Primo è talmente squinternato da essere stato immediatamente giudicato da molti come un’autentica follia, qualcosa privo di alcun buon senso sotto ogni punto di vista. Di contro, qualche rappresentante delle istituzioni locali sostenitrici del progetto ha ritenuto di bollare tali osservazioni formulate da più parti come «intellettualmente disoneste» (ovviamente, dal suo punto di vista, non potendo fare molto altro nel tentativo di giustificare le proprie scelte a fronte della loro generale illogicità). Ma se l’individuo onesto è colui che «agisce con lealtà, rettitudine, sincerità, in base a principî morali ritenuti universalmente validi, astenendosi da azioni riprovevoli nei confronti del prossimo, sia in modo assoluto, sia in rapporto alla propria condizione, alla professione che esercita, all’ambiente in cui vive» (voce “onesto”, vocabolario Treccani), una analisi appena più approfondita del progetto del Monte San Primo porta inesorabilmente a ritenere che la “disonestà” non stia certo in chi cerca di mettere in evidenza le palesi problematicità degli interventi ipotizzati in relazione al luogo e alle sue caratteristiche ambientali: un luogo di meraviglioso valore alpestre che veramente certifica alcuni di quegli interventi come «azioni riprovevoli» e certamente lontano da quei «principi morali» che in territori come il Monte San Primo dovrebbero mirare innanzi tutto alla salvaguardia ambientale e alla valorizzazione culturale di esso e della sua bellezza, un patrimonio dall’enorme potenzialità “turistica” ma nell’accezione virtuosa del termine, non certo in quella banalizzante che il progetto per molti versi tende a alimentare se non proprio che ricerca esplicitamente.
Quindi è una bella e nobile iniziativa quella che ha determinato la costituzione del Coordinamento “Salviamo il Monte San Primo”, unendo sotto tale egida ben 19 associazioni di vario genere, non solo specificatamente ambientaliste, che agiscono sia nell’ambito locale che in quello regionale e nazionale, oltre che un gran numero di persone che stanno pubblicamente manifestando la loro netta opposizione al progetto, magari anche inviando messaggi al riguardo agli enti locali coinvolti (si veda qui sotto). Il primo atto del Coordinamento è stata la diffusione di un “appello pubblico” nel quale sono riportati i principi cardine dell’azione dei soggetti che vi partecipano, le richieste al riguardo agli enti pubblici locali e alcune proposte alternative di immediata realizzazione atte a riequilibrare il progetto e soprattutto il suo impatto sul luogo.
Trovo che la nascita del Coordinamento rappresenti una bella dimostrazione di attenzione e di sensibilità – oltre che di affetto – verso il San Primo, anche per come la sua attività rimetta nel giusto equilibrio la relazione civica e politica che la comunità sociale deve intessere con i territori in cui vive e che gestisce, e che non possono essere soggetti a interventi incoerenti ad essi imposti in modo univoco, calandoli dall’alto dunque senza un’analisi condivisa e strutturata della loro portata sul territorio. Giustamente il Coordinamento chiede un incontro sollecito alle amministrazioni pubbliche coinvolte, per discutere intorno alle maggiori criticità del progetto: dovrebbe avvenire il contrario ma, ahinoi, la politica contemporanea dimentica sempre più spesso la propria natura originaria e gli scopi in base ai quali è delegata ad agire. In ogni caso è assolutamente augurabile che un confronto ci sia e che risulti effettivamente costruttivo; il Coordinamento poi non si ferma qui e anzi da questi punti iniziali intende partire per sviluppare un’articolata azione non solo di sorveglianza intorno al progetto ma pure di sviluppo di idee alternative e di una presa di coscienza culturale sulla realtà del Monte San Primo, sulle sue valenze ambientali e sull’importanza di valorizzare un luogo così bello e speciale in modo consono e coerente alle sue caratteristiche geografiche, storiche, ambientali, culturali. È ciò che un luogo come il San Primo merita, ed è qualcosa che farebbe del San Primo un modello emblematicamente virtuoso, da seguire e nei suoi principi da imitare. E che darebbe anche molto lustro agli amministratori pubblici che in tal senso agissero: basterebbe che con un pizzico di onestà intellettuale (appunto, si veda sopra) capissero l’importanza e la valenza di un modello del genere. In fondo a volte basta poco per fare grandi e nobili cose, no?
Non conosco il luogo ma pensare di costruire piste da sci a 1100 metri è pura idiozia. A parte le devastazioni dei luoghi a chi verrebbe in mente di andare a sciare su pendi dolci, almeno dall’immagine mi sembra così? Direi a nessuno, nemmeno ai bambini.