Una montagna (sacra) che cresce sempre di più

Zitto, zitto, piano piano, senza strepito e rumore – come si canta ne La Cenerentola di Rossini – in questi ultimi mesi il progetto “Monveso di Forzo Montagna Sacra per i 100 anni del Parco nazionale Gran Paradiso (ne ho già scritto qui), nonostante la sua matrice per molti versi “rivoluzionaria” e le difficoltà di comunicarne la stra-ordinaria idea di fondo, che di contro ha generato numerose discussioni al riguardo, sta conseguendo notevoli risultati. Innanzi tutto, il progetto ha ormai raggiunto e superato le 1000 adesioni: cosa non da poco considerando che vi si può aderire compilando il form presente nella pagina sherpa-gate.com e non attraverso le più facili e immediate raccolte firme offerte dalle varie piattaforme on line atte a tale scopo. Forse poco o nulla cambia, ma sono convinto che quel mezzo secondo in più da dedicare all’adesione al progetto nella modalità prevista sia anche un segno di maggior comprensione e condivisione dello stesso e delle sue finalità. Inoltre, la “Montagna Sacra” di recente è approdata anche su “Geo”, la nota trasmissione di Rai3, con la presenza in studio di Toni Farina – uno degli ideatori originari del progetto – che, nel pur breve spazio concesso, lo ha presentato in modo completo e coinvolgente.

Mi sono chiesto, in queste settimane, il motivo di un consenso certamente lento al progetto – ma è bene così: la lentezza, di nuovo, è funzionale alla ponderata riflessione e alla maggior comprensione – tanto quanto costantemente crescente, al punto che molte delle critiche inizialmente rivolte all’iniziativa, dalle quali spesso sono sorti interessanti dibattiti, si sono poi rivelate punti di forza così come chi le aveva formulate è in numerosi casi diventato un sostenitore del progetto, a volte trovando da sé le risposte ai propri quesiti critici iniziali. Io stesso inizialmente ero affascinato dal progetto ma mi formulavo alcuni dissensi, dei quali col tempo ho compreso l’infondatezza e, anzi, mi sono serviti per generare in me una ancor maggiore forza rispetto al senso e alla sostanza della sua idea di fondo.

[La posizione geografica del Monveso di Forzo nel territorio del Parco Nazionale del Gran Paradiso.]
Una delle obiezioni più frequentemente mosse al progetto della “Montagna Sacra” era stata fin dall’inizio quella di essere qualcosa di interessante ma eccessivamente “simbolico”, dunque inutile. Una vetta sulla quale si sceglie di non salire in mezzo a infinite altre sulle quali si può fare ciò che si vuole: a che serve? Sembrava una critica giustificata, in effetti. Poi è venuto l’anno 2022 con le sue stagioni “squilibrate” dettate da un clima inquietantemente bizzarro: un inverno avaro di neve, la primavera pressoché assente, l’estate precoce e caldissima che ha peggiorato la siccità (con la tragedia della Marmolada a fare da funesto esempio dello stato di fatto climatico) e l’autunno in corso altrettanto afoso e scarso di precipitazioni… un periodo che ha reso palese in moltissime persone, anche non così vicine al mondo della montagna, la delicatezza e la fragilità delle terre alte nonché la necessità evidente di averne una maggiore considerazione e una cura più attenta. Di contro, gli interventi discutibili di infrastrutturazione dei territori montani, principalmente ad uso turistico, non solo non si sono fermati ma anzi pretendono di andare ancora oltre i limiti già eccessivi finora raggiunti con lo sfruttamento delle montagne, generando di conseguenza un immaginario sempre più mirato ad un vero e proprio consumismo turistico di esse, ridotte a mero divertimentificio e private della loro cultura materiale e immateriale. Come fossero banali parchi di divertimento di una periferia cittadina allungatasi fino ai monti per “turisti” – o clienti/consumatori – alla costante ricerca di emozioni rapide e di sfondi da selfies.

Ecco: in tale situazione diffusa, la carica simbolica della “Montagna Sacra” perde la gran parte della sua presunta immaterialità per diventare la manifestazione di una visione assai concreta e potente, capace di trasmettere un messaggio tematico che di fronte a quanto sopra descritto si palesa non solo come una dichiarazione d’intenti ma veramente come un programma d’azione culturale, un mattone fondante d’una consapevolezza diffusa sempre più strutturata e acquisita verso la salvaguardia ambientale rispetto alla realtà climatica che già stiamo affrontando e che probabilmente nei prossimi anni si farà più problematica. Tutto ciò senza pensare a ulteriori iniziative come quella al Monveso di Forzo, anzi: è importante che vi sia un’unica montagna ben identificata e definita a fare da emblema concreto e referenziale dei temi alla base del progetto, una “nozione culturale a forma di montagna”, visibilissima, contemplabile come e quanto si voglia, potente nella sua matericità e in grado di diventare l’icona riconoscibile di un nuovo modo di relazionarsi culturalmente con le montagne e in genere con l’ambiente naturale.

Una relazione della quale, appunto, abbiamo sempre più necessità: per questo c’è bisogno della “Montagna Sacra” e del pensiero forte che vi scaturisce. Credo che anche per questo le adesioni, pur senza alcun sollecito, stiano aumentando così regolarmente: perché certe verità appaiono tali magari non subito ma inesorabilmente con il tempo e offrono punti fermi che, nel mondo liquido e banalizzato di oggi, appaiono di importanza capitale e valore oltre modo prezioso.

Per saperne di più sul progetto della “Montagna sacra” cliccate qui, dove troverete anche il form per sottoscrivere il progetto. Ogni adesione in più è importante, se frutto di una consapevolezza acquisita sul senso e sugli scopi del progetto; ma, ribadisco, credo che chiunque, interessandosene anche rapidamente, potrà facilmente comprendere il valore del progetto e farlo proprio.

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