Stanlio e Ollio, gli insuperabili

immagine_4_2_0Per qualsiasi autentico appassionato di umorismo, in senso passivo (da fruitore) ovvero attivo (da autore) e dunque assolutamente per chi vi scrive il quale si ostina a considerarsi, nonostante tutto (ciò che ha fatto e scritto), uno scrittore umorista – e qualche giorno vi toccherà lasciarmi spiegare perché, nonostante tutto (bis), ritenga la letteratura umoristica un gradino sopra rispetto a qualsiasi altra forma letteraria – dicevo… per qualsiasi autentico appassionato di umorismo, ancora oggi Stanlio e Ollio, Laurel & Hardy, rappresentano il vertice assoluto di comicità toccato dalla razza umana, quanto di più comico e in quanto tale insuperato abbiamo mai avuto la fortuna di godere. Solo un altro ensemble comico può essere accostato ai due, ovvero i sublimi Monty Python: tutto il resto di comico/umoristico apparso sulla pubblica scena, pur se divertente, intelligente, pungente e quant’altro, viene dopo. Al punto che ritenerli parte del genere slapstick, come tradizionalmente si fa (e non che nel principio sia sbagliato farlo, eh!), sotto certi versi è scelta francamente assai parziale e troppo immediata, per quanto le loro infinite e sempre fenomenali (oltre che ispiranti, per chi produce materiale umoristico, appunto) gag, all’apparenza così elementari, contengano in verità un intero mondo di filosofia dell’umorismo in molti aspetti parecchio strutturata e profonda.

Voglio per questo consigliarvi la lettura di un ottimo articolo sulla coppia Laurel & Hardy, pubblicato in due parti qualche giorno fa su Doppiozero ad opera di Gabriele Gimmelli, il quale appunto analizza in maniera necessariamente succinta (per come lo imponga un testo fruibile on line) ma ben approfondita l’opera comica della grande coppia americana, riassumendone alcune peculiarità attraverso otto coppie di parole particolarmente significative.
Un articolo, e la conseguente lettura, che ritengo fondamentali non solo come forma di omaggio a Stan Laurel e a Oliver Hardy, ma come vera e propria cognizione culturale riguardo a due artisti che, quasi un secolo fa, hanno rivoluzionato – anzi, hanno inventato il modo di fare comicità che ancora oggi viene praticato. Ribadisco: Monty Python a parte, quasi ogni cosa che fa ridere, oggi, trova origine in Stanlio e Ollio. Qualcosa di enorme, nella storia dell’espressività umana.

«Basta vederli, anche se non fanno niente», ha detto di loro Pierre Etaix. Ora, non so se capiti anche ad altri, ma guardando Laurel e Hardy finisco sempre per provare una sorta di godimento infantile, un puro piacere estetico che va al di là del semplice divertimento. Perché tutto ciò? Secondo Jean-Pierre Coursodon la radice del fenomeno, che è anche la ragione del perdurante successo della coppia, risiederebbe in «un fatto morfologico indiscutibile: erano piacevoli da guardare […] Il loro contrasto era così totale che si sarebbero potuti credere due personaggi dei fumetti cui fosse stata magicamente donata la vita.»

(Dall’incipit della prima parte dell’articolo)

http://www.youtube.com/watch?v=AOsoOXYTs6A

A voi le due parti dell’articolo, e buona lettura!
Parte prima
Parte seconda

P.S.: cliccando sull’immagine in testa al post potrete visitare il sito web ufficiale dedicato alla coppia.

Sempre i migliori che se ne vanno, sempre meno “bellezza umana” per chi resta…

Avrete certamente saputo, dai social in primis e poi grazie a tutti gli altri media, della morte di Virna Lisi, una delle più brave, celebrate e affascinanti attrici italiane.
10500566_775142389222173_3781655257600196389_n (1)
Non apprezzo il consueto rincorrersi di tanti, sul web, in occasione della dipartita di qualche personaggio famoso, nel postare foto e citazioni varie dello stesso: mi pare espressione di un compianto assai artificioso, figlio ennesimo del costume diffuso nella vanesia opinione pubblica contemporanea per la quale, peraltro, quello pseudo-compianto trova forza soprattutto nel numero di “mi piace” raccolto, più che in una autentica comprensione e considerazione dell’evento, o nella conoscenza effettiva del personaggio.
Ma non è questo il punto. Voglio infatti qui esprimere una riflessione di diversa specie che mi sono ritrovato a elaborare dopo quest’ennesima partenza verso altri lidi di un bel personaggio, e intendo bello non solo dal punto di vista estetico quanto sociale e culturale, per aver rappresentato, lei come tanti altri che non ci sono più, un’epoca novecentesca sicuramente controversa per certe cose, ma capace di valorizzare la grandezza di alcuni personaggi – grandezza artistica, intellettuale, scientifica eccetera ma anche, e soprattutto, umana. Penso a quei tanti immensi personaggi che nei decenni scorsi, nel pieno dell’evoluzione e dell’espansione delle arti e dei media contemporanei, hanno reso celebre e celebrata la cultura italiana di ogni genere, in modo alto ma pure popolare; uomini e donne dal notevole carisma e dallo spessore personale incomparabile, la cui morte non ha solo privato il nostro paese della loro presenza, ma ha pure indebolito l’intera struttura socio-culturale nazionale, anche per come poi il loro posto è stato preso da altri – i “personaggi” VIP di oggi – sovente dal discutibile talento, dallo spessore umano risibile e dalla capacità di lasciare qualcosa di buono nella storia della cultura e del costume italiani quasi nullo.
E’ cambiato tutto, senza dubbio, nel giro di soli pochi anni. Tutto si adegua, inevitabilmente, al presente e alle sue realtà, e la riflessione che vi sto sottoponendo non vuole certamente essere indiscutibile – anzi, sono io il primo a sperare di stare solo esagerando; tuttavia veramente, di fronte alla scomparsa di personaggi come la Lisi ovvero tanti altri, mi chiedo: dove sono oggi altre Virna Lisi, altre donne di simile fascino (non artefatto) e relativa eleganza nonché bravura artistica? Dove sono altri Sordi, De Sica, Visconti, Fellini, Calvino, Buzzati, De Chirico, Fontana…? – inutile dirlo, l’elenco potrebbe continuare a lungo e toccare qualsiasi disciplina di interesse popolare, ho solo messo in fila i primi nomi che mi sono balzati in mente.

Nel 1965 il pittore americano Mel Ramos ritrasse Virna Lisi anche come regina pop, nell’opera “Virnaburger”.
Nel 1965 il pittore americano Mel Ramos ritrasse Virna Lisi anche come regina pop, nell’opera “Virnaburger”.

Ribadisco: certamente alcuni grandi personaggi ci sono anche oggi, magari anche più grandi di tanti del passato, tuttavia l’impressione personale – o il timore, fate voi – è che non ci sia più la dimensione giusta affinché ne nascano come un tempo e, d’altro canto, ancor meno vi sia la capacità e la volontà diffuse di comprenderne il valore. Temo appunto che ci si stia terribilmente impoverendo, che nella situazione socio-culturale attuale, per le cause che voi stessi conoscete bene – certi grandi personaggi che se ne vanno lascino vuoti sostanzialmente incolmabili, i quali per inesorabile effetto collaterale non facciano che abbruttire sempre più la società nella quale viviamo. D’altronde, molto banalmente, basta vedere – magari su qualche canale satellitare che ritrasmette vecchi programmi – gli show televisivi RAI di un tempo e i personaggi che li presentavano e animavano, e fare un rapido confronto con gli epigoni attuali. “Sono sempre i migliori che se ne vanno”, recita quel noto motteggio: beh, grazie, fatto sta che così ci ritroviamo in mezzo a quelli peggiori, la cui specie non se ne va affatto, anzi, pare in costante e irrefrenabile aumento! E la lotta tra diffusione culturale di valore, anche quando popolare (ad esempio gli show televisivi di un tempo, appunto) e l’incultura imposta anche strategicamente dal sistema (quello i cui massimi esponenti dichiarano pubblicamente che “con la cultura non si mangia”, per capirci) pare sempre più appannaggio di questa seconda, con i risultati sopra esposti.
Insomma: la scomparsa di tali grandi personaggi non sta solo facendo svanire un’intera epoca recente e fondamentale della nostra storia dentro le fumose spire del tempo, tra le quali ormai abbiamo perso la capacità di vedere, noi popolo cronicamente senza memoria, ma sta privandoci di una bellezza umana autentica e piena che oggi, ripeto, personalmente faccio fatica a ritrovare. A meno di fermarsi a considerare la mera esteriorità di quanto abbiamo a disposizione: ma sarebbe come credersi lettori soltanto ammirando le copertine dei libri.