Se l’arte è stata un processo profetico, oggi invece è esclusivamente rivelazione di un nuovo potere, di un territorio. L’arte è veicolo di esotismo, di mera pubblicità turistica. Si tratta solo di un’espressione di potere […] Non è più l’arte a sollecitare la nascita di un museo, ma sono i musei a sollecitare l’arte.
[Cliccate sull’immagine per conoscerne la fonte.]Se pur io – da semplice appassionato della materia quale sono – ho sempre apprezzato di più l’analisi critica dell’arte contemporanea proposta da Achille Bonito Oliva – suo “rivale”, in tal senso – so bene che Celant è stata una figura fondamentale dell’arte, in particolare di e per quella italiana. Con la sua dipartita, circostanza assai triste, si chiude una porta che ci ha concesso di “entrare” e conoscere un periodo artistico sublime, di creatività, attività, visionarietà potenti e vibranti, senza che – mi pare – di “porte” se ne siano nel frattempo aperte altre, almeno di quella grandezza e di quell’importanza al punto da permettere di accedere a dimensioni artistiche di paragonabile qualità.
Non per fare un discorso di nazionalismo spicciolo, ma questa io credo sia oggi la modernità – Che non bisogna pensare, in questo oceano di globalizzazione approssimativa, di perdere il legame. Perché tutto allora diventa inevitabilmente minore. E appunto l’emotività ed il perché definitivo che dice: “quello o la morte” si perde. Mentre non bisogna perdere proprio questo! Quella condizione o la morte. Per me questa è la distinzione culturale, e non c’è un altra possibilità per noi e per i più giovani. È un appello – nel viaggio, nel grande viaggio: non perdere l’identità, altrimenti si perde il perché!
(Jannis Kounellis, citazione tratta da una conversazione con Lucilla Saccà in Kounellis, a cura di Bruno Corà, Ed. Il Ponte, Firenze, 2007.)