Sovente si vede in giro, quella citazione di autore (pare) anonimo, sui muri delle città italiane. Viene da chiedersi se chi l’abbia diffusa un po’ ovunque ne comprenda il senso o se, viceversa, la piazzi qui e là sui muri come vengono piazzate innumerevoli altri frasi più o meno suggestive, per il mero gusto di farlo e senza capirle.
Ma voglio credere alla prima che ho detto. Perché, in tutta la sua semplicità, quella è una verità sacrosantissima. Ciò che sa dirci, darci, spiegarci, esprimerci, farci vedere (di visibile e di invisibile), indicarci, manifestarci, decifrarci, insegnarci, illuminarci l’arte – quella contemporanea soprattutto, forse solo qualche dozzina di volumi scritti saprebbero fare e non sempre, ovvero, in mancanza di questi, veramente servirebbero troppe, troppe, troppe spiegazioni.
È veramente un peccato, di contro, che troppa gente invece preferisca sentire “spiegazioni” che mai ascolterà, rinunciando a farsi stupire dalla forza espressiva dell’arte per mera mancanza di spirito, di sensibilità, di apertura mentale, di reattività intellettuale. Costoro ricercheranno spiegazioni quasi sempre fornite da chi non avrebbe titolo, diritto e capacità di fornirle, spesso attraverso i media generalisti, con profluvi di parole per gran parte inutili, vuote di qualsiasi senso e sostanza, gettate al vento soltanto per fare rumore – possibilmente più rumore di chi altri starà facendo la stessa cosa, in un crescendo cacofonico che, alla fine, riuscirà a soffocare persino quelle rare parole che, se mai vi saranno, sarebbero potute servire per capire.
Invece, non capendo ciò, probabilmente essi non capiranno mai nulla di nulla.
Di contro, l’arte non chiede nemmeno di essere “capita”, in fondo. Chiede un dialogo, semmai, la possibilità di conversazione, di confronto, ovvero chiede solo la disponibilità a ciò. Se questa c’è, verrà certamente anche la comprensione, e con essa verrà la similare comprensione di quel mondo e di quella realtà, o di quell’utopia o fantasia o che altro, che l’arte comprende (doppio senso non casuale) nelle sue opere.
Tutto ciò rende l’arte il mezzo più fenomenale, rapido e fondamentale per capire il mondo in cui viviamo, nonché per immaginarne ciò che non vediamo, sia in senso fisico che metafisico. E senza bisogno di troppe parole, troppe ciance, troppo sproloqui – troppe spiegazioni che non spiegheranno mai tutto quello che dovrebbero spiegare, o forse non lo spiegheranno mai, per nulla.
Grazie, bella dissertazione. Ciao,65Luna
Grazie di cuore, Luna! 🙂
Concordo con te per quasi tutto il discorso. Ma dissento solo in un punto, quello sull’arte contemporanea: è il “soprattutto” che mi fa dissentire. E mi spiego…
È vero che l’arte è veicolo di un messaggio da sempre, in passato non solo a fini personali ma soprattutto politici, a volte propagandistici. Adesso l’arte è più libera dal servilismo però talvolta è priva anche di ogni senso. Un qualcosa di svuotato. Viene chiamata arte contemporanea qualsiasi cosa che abbia una parvenza solo lontanissima con questo nome. Allora in quel momento l’arte, anche fatta da grandi nomi, non è arte, non è più messaggio, ma diventa esibizione personale pura e semplice o bieca provocazione solo per far parlare di sé. Ecco solo questo mi lasciava perplessa…
Buongiorno, mitologica-anzi-ormai-assurta-alle-più-divine-sfere-celesti Faby! 😉
Chiaramente il mio riferimento all’arte contemporanea, lì nell’articolo, è da intendersi in senso generale, dunque hai certamente ragione tu quando dici che certa arte, anche quando venga supportata e osannata da sedicenti critici , tale non sia affatto ma venga fatta credere così nello stesso modo in cui, ad esempio in TV, viene celebrato e imposto come eccezionale un prodotto scadente ma dotato d’una efficace e furbesca pubblicità.
Tuttavia anche la “bieca” provocazione, quando riesce a innescare una discussione sul tema a cui fa riferimento, senza essere arte può rivestirne “i panni culturali”, per così dire. Esempio lampante e ormai classico è il famoso “dito medio” di Cattelan piazzato davanti alla Borsa di Milano: non è arte in senso ordinario, non offre un messaggio diretto articolato eppure, nel suo mero essere ciò che è, riesce a compendiare con rara efficacia ciò che quel palazzo alle sue spalle rappresenta per molti comuni cittadini. Insomma, ribadisco: è verissimo che a volte certa “arte” non ha un senso vero e proprio ma si riduce a mera esibizione di mediocrità (e forse per questo in tanti non si rendono conto del suo valore nullo) ma è, credo, un rischio che l’espressività artistica contemporanea, ormai quasi del tutto svincolata dal fattore estetico, debba considerare. Esattamente come, nella letteratura contemporanea, la facilità di pubblicazione di un libro, ad esempio attraverso le tecnologie di self publishing, può rivelare talenti assoluti altrimenti ignorati ma, per inevitabile statistica, pure tanti imbecilli assoluti che si credono meritevoli del Nobel. Il problema, alla fine della fiera, non è l’arte in sé, ma l’educazione all’arte e alla comprensione di cosa e dove sia. Come in mille altre cose, d’altronde, no?
Grazie di cuore, Faby! 🙂