Dopo la fine del mondo? Resteranno solo polvere e fondamentalisti (Terry Pratchett & Neil Gaiman dixit #2)

«Sembra tutto così tranquillo» disse. «Secondo te come andrà a finire?»
«Be’, l’estinzione mediante guerra termonucleare ha sempre goduto di parecchio credito. E devo ammettere che i pezzi grossi si stanno comportando piuttosto bene, al momento.»
«Collisione con un asteroide?» chiese Azraphel. «Per quanto ne so, ora come ora va molto di moda. Un colpo dritto all’Oceano Indiano, una gran bella nuvola di polvere e gas, e tanti saluti a tutte le forme di vita più evolute.»
«Caspita» esclamò Crowley, sempre attento a mantenersi al di sopra del limite di velocità. Tutto faceva brodo.
«Idea insopportabile, non è vero?» disse Azraphel, scuro in volto.
«Tutte le forme di vita più evolute falciate in un attimo.»
«Terribile.»
«Niente altro che polvere e fondamentalisti.»
«Questa era cattiva.»
«Scusa. Non ho resistito.»

(Terry Pratchett, Neil Gaiman, Buona Apocalisse a tutti!, pagg.110/111, Arnoldo Mondadori Editore 2007, collana “Strade Blu”, traduzione di Luca Fusari; orig. Good Omens, 1990.)

Quindi, cari asteroidi in rotta di collisione con la Terra, alieni malvagi, Maya al prossimo tentativo o chi altri, se c’è da fare tabula rasa vedete di farlo compiutamente. Sennò è inutile, eh!
(E comunque QUI potete leggere la recensione del suddetto romanzo…)

Terry Pratchett, Neil Gaiman, “Buona Apocalisse a tutti!”

buona_apocalisse_copAll’inizio del Ventesimo Secolo l’Impero Britannico figurava come il più esteso della storia (eccetto forse solo quello dei Mongoli del XIII secolo), espandendo il proprio potere su un quarto delle terre del pianeta e un quinto della popolazione mondiale d’allora, e rappresentando di gran lunga la prima e più influente potenza mondiale, al punto che mai come per il dominio di Sua Maestà si può storicamente parlare di “imperialismo” alla massima potenza.
O forse no. Forse c’è qualcosa di britannico che, sotto certi aspetti, è divenuto ancora più egemone del citato potere politico su buona parte del pianeta… (e sì, così vi spiego anche il perché di quel mio prologo storico apparentemente bislacco, per la recensione di un romanzo): il british humor, ovvero il tipico stile umoristico letterario (e non solo) sviluppatosi in Terra d’Albione e divenuto nell’era moderna e contemporanea la principale scuola comica a livello planetario. A partire da certa pur aulica ironia shakespeariana fino ai mostri sacri degli ultimi decenni – Wodehouse, Waugh, Adams, Sharpe solo per citarne alcuni, con l’insuperabile appendice TV-filmica dei Monty Python che di letterario nei propri sketch mettevano tantissimo – mi viene da affermare con tranquillità che buona parte delle risate che nel mondo di oggi ci vengono da fare nascono proprio da quella scuola, da quel suo stile e dall’influenza veramente globale sulla comicità occidentale (ma non solo): uno stile molto più legato ad una costruzione complessa della gag comica rispetto allo stile mediterraneo, fatto di battute e freddure meno ragionate e più immediate. Uno stile più artistico, sotto molti aspetti.
Posto ciò, da appassionato cultore della letteratura umoristica di matrice anglosassone, indigena e non, e avendo letto innumerevoli romanzi riconducibili a questa “scuola” (definirlo meramente “genere” mi pare alquanto riduttivo) scritti da veri e propri mostri sacri di tale letteratura, mi rendo conto che a chi produca oggi opere analoghe si presenti l’arduo compito di affrontare inevitabilmente la storia e il confronto con essa, nonché la responsabilità da tutto ciò derivante – un po’ come il calciatore che si ritrovi a giocare con lo stesso numero, lo stesso ruolo e le stesse circostanze di Maradona, o di altri campioni assoluti del genere. Adocchiando dunque in libreria un romanzo sulla cui copertina campeggiano i nomi di Terry Pratchett e Neil Gaiman, due tra i più noti e celebrati scrittori britannici contemporanei, impegnati in un romanzo la cui presentazione interna cita Douglas Adams e i Monty Python quali riferimenti diretti per la storia narrata in esso, non potevo non supporre una lettura che non fosse meramente tale ma, appunto, assolutamente mirata a cercare una buona risposta alla domanda già poco fa indirettamente espressa: ma di eredi dei grandi autori umoristici britannici ce ne sono ancora, in circolazione? Ovvero: la letteratura umoristica anglosassone è ancora egemone, oggi, sulle altre di simile specie?
Il romanzo in oggetto è Buona Apocalisse a tutti! (Arnoldo Mondadori Editore, 2007, collana “Strade Blu”, traduzione di Luca Fusari; orig. Good Omens, 1990), la cui trama tento di riassumere in poche righe: le sfere divine decidono che per la Terra è giunta l’ora dell’Armageddon, mettendone in moto il processo irreversibile…

Leggete la recensione completa di Buona Apocalisse a tutti! cliccando sulla copertina del libro lì sopra, oppure visitate la pagina del blog dedicata alle recensioni librarie. Buona lettura!

L’Inferno è vuoto, e tutti i diavoli sono qui (Terry Pratchett & Neil Gaiman dixit #1)

Crowley aveva sempre saputo che, nel momento in cui il mondo fosse finito, lui ci sarebbe stato, visto che erra immortale e non aveva alternative. Ma sperava che quel momento giungesse il più tardi possibile.
Perché, in fondo, gli uomini gli piacevano. Difetto non da poco, essendo un diavolo.
Certo, aveva sempre fatto del suo meglio per rovinare le loro vite, dal momento che era il suo lavoro, ma nessuna delle sue diavolerie aveva mai retto il confronto con quelle escogitate dagli uomini stessi. Sembrava un loro talento naturale. Forse era una specie di difetto di costruzione. Nascevano in un mondo ostile, e spendevano tutte le energie a loro disposizione per renderlo ancora peggiore. Col passare degli anni, Crowley si era trovato sempre più in difficoltà a inventare atti diabolici che spiccassero nel desolante panorama di una cattiveria generalizzata. Più di una volta nell’ultimo millennio gli era venuta voglia di inviare Laggiù un messaggio, dicendo: “Sentite un po’, forse è il caso che lasciamo perdere, chiudete pure Dite, Pandemonium e tutto il resto, e trasferiamoci addirittura quassù, tanto qui ormai mettono in pratica tutto ciò che vorremmo architettare noi, e sono persino in grado di compiere gesta a cui noi non avremmo nemmeno pensato, anche con l’aiuto di elettrodi. Hanno tutto ciò che manca a noi. Hanno l’immaginazione. E l’elettricità, ovviamente”. Uno di loro l’aveva anche scritto, no? “L’Inferno è vuoto, e tutti i diavoli sono qui”.

(Terry Pratchett, Neil Gaiman, Buona Apocalisse a tutti!, pag.43, Arnoldo Mondadori Editore 2007, collana “Strade Blu”, traduzione di Luca Fusari; orig. Good Omens, 1990.)

Eh già… Lo sostengo da sempre che Satana dovrebbe chiederci i danni, morali e materiali!
E comunque a breve, qui nel blog, la recensione del libro suddetto…

Perché il nostro futuro dipende da biblioteche, dalla lettura e dal sognare ad occhi aperti… (Neil Gaiman dixit)

In questi giorni sto leggendo un romanzo del quale uno degli autori è Neil Gaiman, senza dubbio tra i più noti scrittori britannici contemporanei. Mi è per questo tornato in mente di aver letto, qualche tempo fa, un suo lungo articolo – originariamente parte del testo di una conferenza tenuta a Londra il 14 Ottobre dello scorso anno e poi uscito sul quotidiano inglese The Guardian – veramente molto interessante e sentito, fin dal titolo: “Perché il nostro futuro dipende da biblioteche, dalla lettura e dal sognare ad occhi aperti”, il quale in verità riassume fin troppo sbrigativamente i molti argomenti trattati in esso da Gaiman. Partendo da un’appassionata analisi dell’importanza della lettura presso i più giovani (cosa scontata ma mai troppo, vista anche la realtà dei fatti), l’autore britannico giunge ad illuminare l’altrettanto importante ruolo del lettore adulto nell’essere esempio e guida, in veste di genitore, per i bambini ma pure per l’intera società, che solo attraverso la maggior diffusione della cultura si può e si potrà definire sempre più avanzata, finendo per sostenere l’indispensabile presenza delle biblioteche nelle nostre città quali autentici baluardi culturali e luoghi in cui trovare quelle stesse atmosfere magiche che solo i libri (e ben più che la TV, come spiega Gaiman) sanno donare.
Una dissertazione, insomma, da leggere con attenzione e sulla quale meditare: nella sua (in fondo) schietta semplicità risulta parecchio lucida e assolutamente programmatica.
Di seguito riporto alcuni significativi estratti del testo, che può essere letto nella versione originale dal sito del Guardian QUI, e ottimamente tradotto in italiano da Valentina Nicoletti QUI, dal blog letterario Dusty Pages in Wonderland.

Gli adulti possono facilmente distruggere l’amore di un bambino per la lettura – non scoraggiate i bambini dal leggere, solo perché pensate che stanno leggendo la cosa sbagliata. Per i bambini non esistono né la lettura sbagliata, né la cattiva narrativa.

La narrativa ha due funzioni. In primo luogo, è un vera e propria droga alla lettura. La necessità di sapere cosa succede dopo, il bisogno di voltare pagina, l’esigenza di andare avanti, anche se ciò che leggiamo ci appare difficile, perché qualcuno è in difficoltà e bisogna sapere come tutto andrà a finire… è una vera e propria droga. Poi ti costringe a imparare nuove parole, a pensare nuovi pensieri per andare avanti, per scoprire che la lettura di per sé è piacevole. Una volta imparato questo, siete sulla buona strada per leggere di tutto.

E la seconda cosa che la narrativa produce è la costruzione dell’empatia. Quando si guarda la TV o un film, si osservano cose che accadono ad altre persone. La prosa narrativa è qualcosa che si costruisce attraverso la combinazione di 26 lettere e una manciata di segni di punteggiatura e voi,  solo voi, usando la vostra immaginazione, create un mondo e la gente che lo abita, in modo che possiate guardare attraverso altri occhi. Si arriva a sentire cose, visitare luoghi e mondi che altrimenti non avreste mai conosciuto. Si impara che anche il resto delle persone là fuori è un “io”. Ci si comporta come qualcun altro, e quando si torna al proprio mondo, si procede in modo che questo si trasformi leggermente.

La narrativa è in grado di mostrare un mondo diverso, trasporta in un luogo in cui non si è mai stati. Una volta che hai visitato altri mondi, come quelli in cui si mangia frutta fatata, non si può mai essere del tutto a proprio agio con il mondo nel quale si è cresciuti, e il malcontento è una buona cosa: le persone scontente possono modificare e migliorare i loro mondi, li vivono meglio e li rendono diversi.

Un altro modo per distruggere l’amore di un bambino per la lettura, ovviamente, è quello di assicurarsi che non ci siano libri di ogni genere in giro e non dare loro un posto dove leggere quei libri. Io sono stato fortunato, avevo un ottimo locale biblioteca da piccolo. Ho avuto quel tipo di genitori che potevano essere persuasi ad accompagnarmi biblioteca sulla strada per andare a lavoro durante vacanze estive, e il tipo di bibliotecari ai quali non importava che un piccolo ragazzo non accompagnato tornasse in biblioteca ogni mattina per sbirciare nelle schede del catalogo per bambini alla ricerca di libri con fantasmi, magia, razzi spaziali, oppure vampiri, investigatori, streghe e altre meraviglie.

Le biblioteche sono sinonimo di libertà, libertà di leggere, libertà di idee, libertà di comunicazione. Creano l’educazione (che non è un processo che termina il giorno in cui lasciamo la scuola o università), intrattenimento, creazione di spazi sicuri e facile accesso alle informazioni.

L’alfabetizzazione è più importante che in passato in questo mondo di testo ed e-mail, un mondo di informazioni scritte. Abbiamo bisogno di leggere e scrivere, abbiamo bisogno di cittadini globali che possano leggere comodamente, comprendere ciò che stanno leggendo, capire le sfumature e farsi capire.

Abbiamo l’obbligo di leggere per piacere, in privato e in luoghi pubblici. Se leggiamo per piacere, se gli altri ci vedono leggere, allora impariamo, esercitiamo la nostra immaginazione. Mostriamo agli altri che la lettura è una buona cosa.

Abbiamo (noi scrittori, n.d.s.) l’obbligo di dire ai nostri politici quello che vogliamo, di votare contro i politici di qualsiasi partito che non capiscono il valore della lettura nella creazione di cittadini meritevoli, che non vogliono agire per preservare e proteggere le conoscenze e favorire l’alfabetizzazione. Questa non è una questione di politica di partito. Questa è una questione di umanità comune.