Passi (una poesia da “The City of Simulation | La Città della Simulazione”)

Passipassi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi che passan via sui sassi e sui selciati della via in forza del far due passi o quattro passi o mille passi in compagnia a mo’ di contrappassi di gaie passeggiate sì per dir “facciam due passi” o di afflitte processioni per drammatici trapassi ma comunque passi avanti a oltrepassare transitorie impasse e non dover tornar sui propri passi o peggio non cadere in passi falsi come sono i tuoi che ora passi come se t’illuminassi dei fari fissi d’una scena e l’ego tuo sorpassi con passi da gigante che fracassi ogni cosa col suo passare assai pesante ma che con gli stessi passi non andasse certo molto avanti e per ciò sappi che non passi tanto tu oltre i momenti di alti e bassi entro cui qualsiasi vita pare appassire come le vie in questa città tra sovrappassi e sottopassi ove si passa sui propri passi tra il gran fracasso quotidiano e il denso chiasso d’un mondo urbano alquanto scosso da grossi e bassi formalismi che paion fossi entro cui inciampasse anche il passo più sicuro e s’intoppasse e s’incagliasse la passione che ancor reagisse o almen tentasse all’inevitabile anafilassi verso un presente spesso fesso ossia incrinato tra indefesse fesserie ed illogiche ossessioni quali Beckett altresì narrò nel proprio “Passi” ossia il collasso del consesso quotidiano che s’inscena sull’indiscussa messinscena che esibisce questa città ove io passo e anche tu passi e tutti passan coi propri passi ed i pensieri più o meno fissi verso i nessi della propria vita e l’incessante speme che tutto passi come il tempo passa e nulla si fissi o s’affossi o si sconquassi nell’essenza dell’esistenza entro cui passiamo per il mondo con la prassi dei nostri assidui ed incessanti passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi passi

Passi (cliccate sull’immagine in testa al post per vederlo nella sua versione originale) è uno dei componimenti di The City of Simulation | La Città della Simulazione: 14 poesie audio-visuali su CDr, un progetto di Luca Rota – io, sì! – e Tiziano Milani – da pochissimo uscito con il nuovo lavoro Materia (storie da ciò che rimane) – prodotto da Setola di Maiale e pubblicato nel 2010, ma assolutamente attuale nelle sue tematiche e nelle visioni offerte, siano esse in forma sonora o letteraria.

14 poemi audio-visual, intorno e dentro il concetto di città. 14 Mp3 e 14 Jpeg, che vanno a formare un tutt’uno, suono/testo. Oltre tre ore di musica, ed infinite letture/riletture che s’interrogano sulla valenza della forma città odierna.(…) Opera coraggiosissima, di elevata qualità, e inusuale concezione. Potrebbe esser additata da esempio nel futuro.

(Marco Carcasi, Kathodic, 07/12/2010)

Potete leggere QUI tutte le informazioni in merito, oppure visitare il sito del progetto e, se lo ritenete meritevole, acquistare il CD direttamente dal sito di Setola di Maiale, una delle migliori etichette indipendenti italiane, in campo artistico/musicale e non solo.

Sulla giornata mondiale della poesia. O sugli estremi onori? Insomma, la poesia oggi, al tempo del web

cropped-logo-poesiaSabato scorso, 21 marzo, si è festeggiata la Giornata Mondiale UNESCO della Poesia.
La poesia, sì.
P-o-e-s-i-a.
Massì, dai, quella cosa che sta coi relativi libri sugli scaffali più nascosti e impolverati delle librerie! Quella che vi insegnavano (e insegnano, temo) a scuola spesso col preciso intento di farvela odiare, quella che in tanti oggi dicono di scrivere e si fan chiamare “poeti” e invece risulta più poetico uno scontrino del supermercato! Quella che…
Avevate di meglio da fare quel sabato, dite? Beh, avete ragione. Sono d’accordo perché queste giornate piazzate una tantum nel corso dell’anno – a qualsiasi tema siano dedicate – a me odorano sempre di sostanziale inanità, concentrando l’attenzione popolare in un unico momento e, inevitabilmente, sfumandola per il resto dell’anno. Inoltre, sono d’accordo per colpa stessa della poesia. O di quella che troppe volte oggi viene spacciata come tale quando invece, di autentico spessore poetico-letterario, ne sanno generare di più i paracarri in pietra lungo le strade di campagna.
Beh, preciso, se ce ne fosse il caso: colpa dei troppi presunti e pretesi poeti. Quelli che scrivono e a volte riescono a pubblicare (ahinoi) poesia senza padroneggiarne la materia, pensando che la scrittura poetica sia solamente una questione di pseudo-espressività interiore più o meno estetizzata, magari con qualche rima, qualche assonanza, qualche frase a effetto che dia l’impressione di struggimento spirituale – quello che per convenzione il poeta patisce e dal quale proviene poi il relativo afflato poetico. Maddeché?
Ma, a parte tali osservazioni di natura primaria su certa produzione (non)poetica contemporanea, c’è a mio modo di vedere una sorta di handicap che molta poesia contemporanea – nel senso cronologico del termine – si auto infligge. In primis non considerando (o ignorando – per concreta ignoranza, intendo) la lezione delle avanguardie poetiche novecentesche, a partire dal Futurismo, passando per il Gruppo 63 e arrivando alla cosiddetta Terza Ondata, continuando invece su territori espressivi già del tutto esplorati e ormai ancorati al passato – le suddette banalissime estetizzazioni a colpi di frasi-a-effetto, ad esempio: roba che viene gettata immantinente nel cestino della spazzatura pure dal più banale e misconosciuto poeta di fine Ottocento. In secondo luogo, ma a ben vedere credo in modo ancora più importante, non considerando che oggi, ormai la gran parte dell’espressività artistico-letteraria passa innanzi tutto dal web, prima che dalla pur fondamentale carta stampata, e questa circostanza io credo valga soprattutto per un’arte come la poesia, sovente istintiva, spontanea, impulsiva, viscerale, dunque assai adatta ad un ambito come quello della rete.
Ma con criterio, però. Perché se è vero che scrivere di tramonti infuocati o di onde marine sussurranti (a proposito di frasi ad effetto) sul web è un po’ come vestirsi come una dama rinascimentale per andare ad un rave party, è anche vero che le infinite potenzialità che oggi offrono il web e tutte le forme di social networking vanno usate e sfruttate bene. “Internet è un gioco che solo i poeti possono vincere. Se la sfida è commuovere le persone usando soltanto 140 caratteri, o 6 secondi, o 500×500 pixel, il nostro linguaggio dovrà essere carico di significato. Quello che cerco di fare, quindi, è spingere più poeti, nel senso romantico del termine, a usare queste nuove piattaforme”. Questo l’ha detto Steve Roggenbuck, poeta e web-artist americano (citato da Valentina Tanni in questo articolo su Artribune), la cui produzione artistica potrà piacere o meno, ma che senza dubbio ha capito che se la poesia può avere un futuro, è nello sfruttare la propria naturale carica avanguardista – in senso espressivo tanto quanto linguistico – e nel farlo utilizzando quanto di più attuale e avanguardista è oggi disponibile. Negli USA si è già formato una sorta di movimento di nuovi web-poeti, denominato Alternative Literature – più conosciuto come Alt Lit), che si è dato come scopo principale quello di creare un innovativo modo di scrivere, raccontare, narrare, comunicare, ovvero un nuovo linguaggio il più possibile consono ai tempi e agli strumenti di comunicazione contemporanei. Riscoprendo peraltro forme espressive avanguardiste di qualche tempo fa come ad esempio la poesia visuale, la quale, capirete bene, nel regno dell’immagine totale del web può non solo rinascere ma fiorire alla grandissima, e con risultati potenziali impensabili. Trovate molte opere del suddetto movimento, come in generale delle nuove forme letterarie contemporanee basate sul web, nell’ormai celebre contenitore di UbuWeb, non a caso fondato nel 1996 da un poeta, Kenneth Goldsmith.
Insomma: un evento potenzialmente insulso (suo malgrado) come la Giornata Mondiale della Poesia appena trascorsa, ovvero il senso stesso di poesia oggi considerabile (al di là, ribadisco, dei pochi geni che sappiano ancora fare autentica poesia in modo “classico”. Ma, appunto, personalmente li conto sulle dita di una mano!) può trovare un suo apprezzabile valore solo se la poesia saprà tornare ad essere ciò che è sempre stata, l’arte letteraria più innovativa, illuminante e sperimentale, e se lo saprà fare restando assolutamente e interattivamente legata al tempo in cui si manifesta, dunque al presente e al futuro, non al passato. Nonché, cosa a mio modo di vedere anche più importante, tornando a essere realmente conosciuta e compresa nelle sue peculiarità più profonde ed essenziali. Per essere, in qualità di poeti, “Un incrocio tra Walt Whitman e Ryan Trecartin” – sono parole ancora di Goldsmith – dunque dotati di ispirazione storica di stampo romantico e insieme di attitudine ipercontemporanea ai formati web.
Se così sarà, o se così da qualche parte già è, allora auguri di buona ed eterna giornata della poesia, sul serio!

Denaro (una poesia da “La Città della Simulazione”)

potere prestigio fama influenza diritti (sopra tutto e tutti) –
diritti a velocità smodata per le strade della città imperata –
e poi in alto (sopra tutto e tutti) nel superattico galattico, asettico e apodittico profilattico per il pensiero asfittico (e c’è quel celebre politico, stasera a cena) –
e c’è la messinscena della créme dell’alta società sul palcoscenico in vetro e acciaio sopra la città
( – and all is cool, the mood is right to live the night – )
costosi tight conducono fastosi decolleté a guadagnar il posto per l’indomani ancora, la vita è ora e oro
(comprare Barrick Gold, $ 49.69, + 5,71%)
ovvero tutta una speculazione morale: oggi vale un prezzo sulla piazza, domani è già tutt’altro l’intrallazzo per un altro prezzo –
(“…e se il mercato immobiliare crolla, il superattico è quel che cade da più in alto…”) vorrebbe dire il consulente, però cosciente che accondiscendere e mentire è come già ottenere la propria quotidiana ciotolina di
DENARO.

Denaro_LCDS

Denaro (Quartieri di città) (il testo che leggete in testa al post è un estratto, ovvero una delle quattro parti che la compongono; cliccate sull’immagine per leggerlo nel formato originale) è uno dei componimenti di The City of Simulation | La Città della Simulazione: 14 poesie audio-visuali su CDr, un progetto di Luca Rota e Tiziano Milani prodotto da Setola di Maiale e pubblicato nel 2010, ma assolutamente attuale nelle sue tematiche e nelle visioni offerte, siano esse in forma sonora o letteraria.

14 poemi audio-visual, intorno e dentro il concetto di città. 14 Mp3 e 14 Jpeg, che vanno a formare un tutt’uno, suono/testo. Oltre tre ore di musica, ed infinite letture/riletture che s’interrogano sulla valenza della forma città odierna.(…) Opera coraggiosissima, di elevata qualità, e inusuale concezione. Potrebbe esser additata da esempio nel futuro.

(Marco Carcasi, Kathodic, 07/12/2010)

Potete leggere QUI tutte le informazioni in merito, oppure visitare il sito del progetto e, se lo ritenete meritevole, acquistare il CD direttamente dal sito di Setola di Maiale, una delle migliori etichette indipendenti italiane, in campo artistico/musicale e non solo.

“Touch”, la nuova opera sonora di Tiziano Milani per Setola di Maiale

Il “fare” musica, nel senso tradizionale di suonare e studiare uno strumento, è oggi talmente in svantaggio rispetto alla musica “fatta” che proprio per questo può svincolarsi senza strappo e senza rancore. Questo svantaggio epocale rispetto ai sistemi moderni di composizione-editing musicale digitale e di diffusione digitale, lascia talmente indietro il “fare” musica tradizionale che questo può prendersi tutto il tempo che vuole per fermarsi, riscoprirsi, per rispolverare la sua fenomenologia. Poiché la sua rincorsa è inutile, esso può fermarsi e guardarsi addosso, riflettere, muovendo le mani sullo strumento, come se fosse la prima volta. Non ha importanza se nessuno ascolta.
Piero Antonaci, Etica della musica, Musicologia.it, 2007.

Touch è la nuova opera sonora di Tiziano Milani, il “co-titolare” con lo scrivente di The City of Simulation | La Città della Simulazione. Edita in CDR digipak da Setola di Maiale (come peraltro la stessa LCDS), Touch conferma lo status di Tiziano quale uno tra i migliori e più apprezzati compositori sperimentali e di ricerca italiani, tanto più che, per questo nuovo lavoro, si è potuto avvalere della collaborazione di musicisti del calibro di Koji Nishio al pianoforte, Hiromi Makaino agli oggetti/percussioni elettroniche/ritmi, Lars Musiikki al contrabbasso/chitarra acustica, Cristian Corsi al sax tenore e Lynn Westerberg alla viola. Il tutto, come detto, sotto l’egida di Setola di Maiale, preziosa e ormai indispensabile fucina di ottima musica contemporanea – e lo si intenda nel senso più artisticamente alto che tale aggettivo può avere.

Forse, come sostiene Piero Antonaci, non ha importanza se nessuno ascolta, ma certamente è della massima importanza che vi sia qualcuno, come Tiziano Milani, da poter ascoltare.
Fatelo, allora, ascoltatelo. Ne vale davvero la pena. E cliccate sull’immagine in testa al post per visitare la pagina dedicata a Touch nel sito di Setola di Maiale.