Costruire nuove dighe sulle Alpi Italiane? Il “caso” di Combanera, in Valle di Viù

Il progetto della diga e dell’invaso di Combanera in Valle di Viù, provincia di Torino, è uno di quelli su cui si sta discutendo in Italia riguardo l’aumento della produzione di energia idroelettrica, dunque di transizione energetica verso le rinnovabili come stabilito dai (labili) accordi internazionali e, ancor più, di creazione di riserve d’acqua, tema divenuto caldo dopo le recenti siccità. Invero da molti anni ve ne sono altri, di progetti di nuove dighe in discussione se non in dibattimento più o meno strumentale: ad esempio quelle di Moiola in Valle Stura e di Pont Canavese in Valle Soana, sempre in Piemonte, oppure la diga del Vanoi, tra Trentino e Veneto (della quale ho parlato qui). Al momento mi pare che si sia ancora nella fase del mero pour parler strumentale sovente appesantito dalla consueta caciara politica, appunto: attività nella quale in Italia si è maestri capaci di insistere per decenni senza trarre nulla di concreto. Di una diga a Combanera si discute da settant’anni, per dire.

Del presente e del futuro prossimo delle dighe e dei bacini artificiali nei territori montani ne ho inevitabilmente scritto nel mio libro Il miracolo delle dighe; il tema è complesso, inutile dirlo, e va ben oltre il “semplice” fatto del produrre energia o accumulare risorse idriche. Il caso della diga di Colombera non lo conosco approfonditamente – ne scrive alla sua mirabile maniera l’amico Toni Farina su Facebook, dalla cui pagina viene anche l’immagine lì sopra (l’articolo è del settimanale “Il Risveglio”) – dunque nello specifico mi limito a osservare che l’andare «verso la stesura della progettazione definitiva» formalmente non significa ancora nulla, anzi, conferma che al riguardo si navighi ancora in alto mare. Considerando poi che per costruire e mettere in servizio una diga, dall’apertura del cantiere, passano almeno 15 anni, e la sua progettazione ne potrebbe richiedere quasi altrettanti.

[Panorama invernale dell’alta Valle di Viù. Immagine tratta da www.lanzotrekking.it.]
Più in generale mi viene da proporre due considerazioni. La prima: Combanera è in Piemonte, regione che ha una percentuale di perdita di acqua immessa nelle proprie reti idriche del 32%. Meglio di altre regioni italiane, certamente, ma comunque significa che di dieci litri di acqua che dal futuro lago di Combanera immettesse nella rete idrica piemontese, tre ne andrebbero persi; il lago conterrebbe 50 milioni di metri cubi d’acqua in teoria, ma nei fatti è come se ne contenesse poco più di 30. Forse che quei 430 milioni di Euro di costo stimato per la costruzione della diga sarebbero prima da spendere per evitare il più possibile che l’acqua immagazzinata nel bacino venga poi persa e sprecata a valle?

La seconda considerazione: in Svizzera, paese che produce quasi il 60% del proprio fabbisogno energetico dalle dighe e dai loro bacini artificiali e nel quale il dibattito sulla costruzione di nuovi invasi è molto più avanzato, essendo già stato discusso anche nei massimi organi governativi federali, una delle principali aziende elvetiche di produzione di energia, Axpo, dichiara che «preferisce non investire nello sfruttamento energetico dei laghi glaciali alpini. Malgrado ci sia un certo potenziale e nonostante le sovvenzioni all’idroelettrico, l’imprevedibilità dell’andamento dei prezzi dell’elettricità e la durata del periodo di ammortamento (60-80 anni) rendono questo tipo di investimenti poco sicuri e poco redditizi». Ecco: 60/80 anni per ammortare un investimento pubblico di oltre 400 milioni di Euro (salvo aumenti futuri), come nel caso della diga di Combanera, se sono tanti in Svizzera figuriamoci in Italia. In buona sostanza potrebbe essere un’opera destinata a vivere perennemente in perdita economica, non solo idrica.

[Panorama estivo della Valle di Viù. Immagine di Aidan Fenten da Google Maps, link: https://maps.app.goo.gl/issyss4rfbbUGx9w8 ]
Insomma: è facile ipotizzare e prospettare la costruzione di nuove dighe tra le nostre montagne; è ben più difficile passare dalle parole ai fatti, anche solo in quelli meramente propedeutici come le iniziali fasi progettuali, e ciò anche al netto di tutte le altre questioni al riguardo: ecologiche, ambientali, politiche, sociali, culturali, antropologiche eccetera. Non è un questione di prevenzione, cioè un essere contro a prescindere o meno ai nuovi invasi, ma di complessità estrema del tema, la quale genera inesorabilmente un carico altrettanto complesso di responsabilità al quale non si può e non si deve sfuggire.

Di contro, ci potrebbero essere altre “soluzioni” ipotizzabili per accrescere la produzione di energia idroelettrica dai bacini artificiali senza per questo costruire nuove grandi dighe, soluzioni peraltro già in realizzazione altrove: ne parlerò in un prossimo articolo.

3 pensieri riguardo “Costruire nuove dighe sulle Alpi Italiane? Il “caso” di Combanera, in Valle di Viù”

    1. Grazie Pietro. Un tema del genere impone il massimo realismo possibile, fosse solo per i costi esorbitanti per costruire una nuova grande diga.

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