Cari amministratori di Aprica, località montana dal contesto naturale magnifico (ho scritto “naturale” eh, non urbano), forse dovrei ammirare la vostra premura, così ben manifestata nella foto qui sopra pubblicata: già, perché noi che ci occupiamo di fruizione turistica del paesaggio montano, nell’indagare e constatare certi interventi realizzati in passato e tutt’oggi progettati in quel contesto, ci ritroviamo a dover utilizzare spesso definizioni come “divertimentificio” o “luna park alpino”… Ecco, è proprio così, l’impressione culturale (e non solo) che si ricava da quegli interventi è ben riassunta dalle suddette definizioni: ma caspita, non pretendiamo che poi voi le prendiate tanto strettamente alla lettera!
Oppure forse sì, avete proprio ragione voi: al punto in cui si è giunti in certe località alpine con le proposte turistiche e con i modelli culturali alla base di esse, tanto vale che si faccia un (piccolo) passo in più e si rendano ancora più giustificate quelle citate espressioni. In effetti, a suo modo, sarebbe un’innovazione ben maggiore rispetto a telecabine, seggiovie, skilift e altra ferraglia che è dal secolo scorso che si ripropone pedissequamente, messa al servizio di un’attività ludico-sportiva come lo sci che da anni perde pubblico e che oggi impone skipass sempre più cari a fronte di sempre meno certezze di neve sulle piste – e quando c’è è quella artificiale, che nella maggior parte dei casi pare polistirolo e la cui produzione per giunta contribuisce all’aumento spropositato dei costi degli skipass (nonché a decurtare le disponibilità idriche del luogo, ma questo è un altro discorso).
Già, forse avete ragione voi: ruote panoramiche, montagne russe e roller coaster, tagadà e calcinculo… e si risolve pure il problema dell’eventuale assenza di neve e del clima sfavorevole, con un bel risparmio di denaro. Che sia questo il futuro della frequentazione turistica di numerose località di montagna?
P.S.: la foto in testa al post è tratta da qui.