Politica e “montanità”, in Italia

[Una veduta del nucleo di Codera, nell’omonima valle laterale della Valchiavenna, in provincia di Sondrio. Immagine tratta da www.valcodera.com.]
Per capire quanto sia riprovevole e al contempo deleterio il disinteresse sostanziale che da decenni la politica italiana riserva verso i territori di montagna – perché, è bene rimarcarlo anche se non dovrebbe più servire, le infrastrutturazioni dedicate al turismo di massa e agli ambiti correlati, cioè gli interventi di maggior portata realizzati in quelle aree e puntualmente definiti pratiche di “sviluppo dei territori montani”, spesso alimentati con finanziamenti pubblici a pioggia privi di qualsiasi visione progettuale, non rappresentano una forma di interesse e di cura verso la montagna ma una pratica di mero sfruttamento e messa a valore, più o meno lecita ma tant’è – dicevo, per capire quel disinteresse politico, forse più di dati numerici, statistiche e infografiche può bastare una semplice mappa dell’Italia sulla quale sia evidenziata la “montanità” del territorio nazionale e, per diretto raffronto cromatico, anche le aree non montane:

È la gran parte del suolo italico, in pratica. Ignorarla politicamente, come a mio modo di vedere (e non sono solingo a pensare ciò), è un po’ come ammirare un capolavoro artistico, ad esempio La Primavera del Botticelli, considerando solo il volto di Venere e non tutto il resto dell’opera, così lasciando questa restante parte di essa, la più ampia, senza cura dunque esposta al degrado.

E se è pur vero che buona parte della ricchezza del paese si concentra nella parte bianca della mappa suddetta, ciò non giustifica che nell’altra parte predominante si lasci diffondere l’indigenza – in senso economico ma pure sociale e culturale. Il valore artistico de La Primavera botticelliana è dato dall’opera nella sua interezza e integralmente ben curata, non da un solo suo frammento pur importante.

A fronte di tale cospicua montanità italiana, le rare iniziative attuate a suo favore – spesso con fondi europei, nemmeno nazionali, quindi non ascrivibili al buon agire statale se non per la parte burocratica – appaiono veramente poca cosa ovvero, osservando la situazione dall’altra parte, un chiaro atto di accusa alla classe politica del paese. Che può continuare a evitare di risponderne ma che non potrà mai evitare di esserne ritenuta responsabile, in primis di quel divario generale tra montagna e città che tanto spesso di dice di voler colmare quanto raramente si opera per farlo concretamente.

Posto ciò, non posso che augurami che le comunità di montagna sappiano riconquistare la lucidità culturale e la dignità politica, ovvero la più consapevole e compiuta relazione con i territori montani che abitano, per non farla passare liscia a certa politica così inadempiente e menefreghista, riportandola sui propri doveri e le relative responsabilità. Perché un’altra cosa evidente che “racconta” la mappa lì sopra pubblicata in senso geopolitico, è che se la montagna italiana è ben gestita e curata lo è l’intero paese. Non comprendere una cosa tanto chiara è solo un diabolico perseverare, ecco.

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1 commento su “Politica e “montanità”, in Italia”

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