Il vuoto dell’ignoranza e il pieno della tracotanza (Claudio Vercelli dixit)

[…] Oggi ci troviamo dinanzi non solo ad una disinvolta riscrittura della storia, tale poiché piegata alle esigenze di certe letture personaliste, identitarie e, quindi, nettamente faziose, ma anche alla convinzione che così facendo ci si comporti in omaggio ad una non meglio precisata “libertà”. Il pessimo uso dell’idea del passato, infatti, non ha molto a che fare con l’indifferenza in quanto tale verso i trascorsi. Semmai è una licenza di rilettura che, simulando la novità, il clamore, il rimando al sensazionalismo, disintegra il significato condiviso e l’accordo su come interpretare i segni e le tracce che ci sono pervenute da chi ci ha preceduti. La non comprensione, allora, non corrisponde ad un rifiuto o ad una rimozione. Non è il vuoto dell’ignoranza ma il pieno della tracotanza. Poiché chi non comprende ha in genere la presunzione di già sapere, non necessitandogli nessuna verifica. La storia diventa allora un bricolage, dove si tolgono e si mettono a proprio piacere tasselli di un castello immaginario. La presunzione, in questo caso, cancella non solo la complessità di quello che è stato ma anche le difficoltà del presente, contrapponendo all’una e alle altre i semplicismi intollerabili delle banalizzazioni e degli schematismi. Una falsa rassicurazione è, quasi sempre, il timbro prevalente nella melodia dei pifferai magici di ogni tempo e di qualsiasi dove. La meta è però una sola, e coincide con l’abisso della ragione.

È l’estratto di un articolo di Claudio Vercelli – intitolato Il vuoto e il pieno – pubblicato da Moked qualche giorno fa, al solito assai brillante ergo illuminante. Il vuoto dell’ignoranza non genera solo la tracotanza più piena ma pure – come ad esempio scrisse Hermann Melville in Moby Dick riguardo il “suo” capitano Achab – la più illogica paura ovvero l’abisso della ragione, appunto. Paura che ottenebra la mente, rendendola incapace di comprendere un verità fondamentale tanto quanto elementare: la memoria è un diritto, non un dovere. Invece come tale, un “dovere”, ci è stata fatta credere e, di conseguenza, è stata resa uno sforzo, un sacrificio del quale per vivere più “comodamente” il presente si può anche fare a meno. Eh, peccato però che senza memoria non si può costruire alcun futuro, relegando il presente a una provvisorietà irrimediabilmente stagnante e dunque inevitabilmente sottoposta a un costante processo di degrado, di autoconsumo, di abbandono da parte del tempo il quale, invece, non si ferma affatto, continuando a muoversi verso un futuro che, senza una consapevole cultura della memoria, non potrà mai essere veramente raggiunto.

INTERVALLO – Québec City, “Moby Dick” snow book sculpture

Annualmente a Québec City, in Canada, si svolge il cosiddetto Winter Carnival, che tra i suoi eventi annovera un concorso di sculture di neve. Qualche anno fa, tra le sculture presentate, una delle più apprezzate è stata quella di Horacio Castrejón Galván, Luis Alberto Campomanes Martinez and Hermann Seedorf de Colombres, dal Messico, che hanno voluto raffigurare nella loro opera il celeberrimo Moby Dick, romanzo di Hermann Melville nonché, in senso lato, rappresentare tutti i grandi capolavori della letteratura e le loro indimenticabili storie.
snowbook1
Così è stata presentata l’opera: “Scolpire la neve è un’occasione per raccontare una storia, è uno spazio per dire qualcosa. In questo caso, la storia di Moby Dick è un pretesto per gli artisti per creare forme dinamiche e cercare di realizzare una “immagine” piena di vita e di movimento.
In fondo tutti i libri sono pieni di vita e di movimento, e con questo fatto di neve, dunque assolutamente consono al periodo, auguro a tutti un buon 2015!