Una vacanza “undertourism” (o quasi)

Spesso ci ritroviamo a criticare l’iperturismo, o overtourism, per poi contribuire ad alimentarlo, a volte senza nemmeno rendercene conto, altre volte sì ma senza riuscire a sfuggire dalle sue lusinghe (ovviamente parlo anche per me stesso): perché è ovvio che l’overtourism è sovente il frutto di una comunicazione promozionale dei luoghi che indubbiamente funziona fin troppo bene, ciò anche per come nella sostanza si disinteressi delle proprie conseguenze sui luoghi stessi.

Almeno a questo annuale giro agostano ho pensato a una vacanza per molti aspetti “alternativa” ai modelli e alle rotte iperturistiche: per provare a rendervi l’idea di cosa è stata e per non farla troppo lunga, ve la descrivo in dieci iFaAQinFrequently autoAsked Questions 😄:

1) Dove sei stato? A Saint-Imier, nel Canton Berna in Svizzera:

2) Ah, vabbé, la Svizzera, roba da ricchi eh?! Per nulla: Saint-Imier si trova nel piccolo lembo del Canton Berna di lingua francese, ai confini con la Francia e tra le montagne del Giura, che è una delle zone meno dispendiose della Svizzera. Per essere chiari, a parità di durata del soggiorno e di periodo quello che ho speso meno quest’anno a Saint-Imier è inferiore a quanto avrei pagato in molti hotel similari italiani che avevo valutato prima di decidere.

3) Le montagne del Giura? In effetti molti, quando ho detto che andavo nel Giura, mi hanno guardato con fare interrogativo. Qualcuno magari si ricorda il toponimo per averlo sentito ai tempi della scuola (quando ancora la geografia era insegnata), altri no, o non ne sanno proprio nulla. Il massiccio del Giura è posto tra Svizzera e Francia (con una piccola parte in territorio tedesco) ed è formato di montagne molto diverse da quelle alpine, disposte in lunghe dorsali parallele, spesso pianeggianti, intervallate da valloni più o meno ampi. Una geografia molto particolare, insomma, che si riflette nei paesaggi in loco e nel modo in cui le comunità locali li hanno antropizzati e li vivono oggi.

4) Cos’hanno di così interessante le montagne del Giura? Tutto e nulla, dipende in che modo le si considera. Come accennato, sono molto diverse dalle vette alpine: non hanno verticalità, picchi, creste affilate, pareti rocciose (salvo rare falesie) o ghiacciai, appaiono più come grandi collinone ricoperte di vaste foreste e altrettanto ampi pascoli, le cui sommità si elevano di poco rispetto alle zone circostanti e raggiungono quote appena superiori ai 1700 metri. Non offrono certo le super-instagrammabili vedute delle Alpi, con spettacolari colate glaciali, pareti verticali da brivido e guglie altissime nel cielo o laghetti da sogno: nessun Seceda o Braies o Punta Helbronner, insomma. Di contro, essendo elevazioni molto isolate senza nulla intorno, regalano panorami tra i più vasti d’Europa e paesaggi che sono una delle rappresentazioni assolute del termine “bucolico”, con praterie idilliache, fattorie e mandrie al pascolo in mezzo a boschi misti e fitte foreste di conifere, in un gioco di alternanze cromatiche virenti che si prolunga fin dove lo sguardo può spingersi – soprattutto verso settentrione – sotto un cielo che sa già di nord Europa nel quale innumerevoli cumuli cotonosi navigano paciosamente acuendo la dimensione di placidità che fluisce dall’intero luogo. Una dimensione, appunto, che può apparire tanto affascinante per alcuni quanto tediosa e insignificante per altri. Per la cronaca, Saint-Imier si trova ai piedi dello Chasseral, la massima sommità del Giura bernese, che raggiunge la “mirabolante” quota di 1602 metri (la nona vetta in ordine di altezza del massiccio!)

5) Ma quanti turisti ci sono in quella zona? Pochi, almeno soggiornanti lì. Saint-Imier ha solo tre o quattro hotel, e una manciata di ristoranti (o brasserie, come si chiamano lì) piuttosto ordinari. Non ci sono infrastrutture turistiche (salvo la funicolare che da Saint-Imier raggiunge il Mont Soleil, una delle “montagne” sovrastanti il villaggio), niente passerelle sospese o panchine giganti oppure altre simili amenità acchiappa-turisti-allocchi. Sullo Chasseral ci sono alcuni skilift che formano un piccolo comprensorio sciistico il quale raggiunge al massimo i 1400 metri di quota. Nelle mie escursioni lungo i sentieri del Mont Soleil e dello Chasseral ho trovato al massimo una decina di altri camminatori per ciascuna uscita – al netto di quelli che, motorizzati, giungono all’Hotel Chasseral, posto a poca distanza dalla vetta della montagna, dove arriva una strada asfaltata.

6) Dunque che senso ha passare le vacanze a Saint-Imier? A parte quello di starsene ben al di fuori dalle rotte del turismo di massa, ho scelto la zona in quanto ideale per visitare la parte nord-occidentale della Svizzera e città come Neuchatel, Biel/Bienne, La Chaux-de-Fonds o luoghi come il Lac de Brenets e il Saut du Doubs o il Creux du Van: tutti posti molti belli ma poco turistificati – infatti penso che alcuni non li conoscerete nemmeno e non per una vostra colpa. A un’ora d’auto poi c’è Berna e poco più distante Basilea; a due ore c’è Colmar, in Alsazia: queste sì località molto belle e assai attrattive dunque ben più frequentate dal turismo ma, appunto, piuttosto distanti da Saint-Imier.

7) Quindi nessun influencer lì a Saint-Imier che posta contenuti super cool sui social? No, nessuno.

8) Ma almeno l’hotel nel quale hai soggiornato offriva qualcosa di interessante? No, nel senso turisticamente contemporaneo del termine. Niente spa, wellness zone, palestra, piscine… solo una piccola sauna e poi pernottamento, prima colazione e stop. Be’, l’hotel ha il parcheggio coperto (a pagamento), ma non credo sia qualcosa che alimenti l’overtourism, almeno in quella zona. Infatti era un posto molto tranquillo e mai affollato, cosa da me molto apprezzata.

9) Sono zone che in futuro potrebbero essere interessate da fenomeni di iperturismo? Penso proprio di no, d’altro canto non c’è niente e nessuno, lì, che miri a obiettivi di quantità turistica: l’economia locale è in parte legata all’industria orologiera e in altra parte di tipo agricolo-rurale. Seppur ovunque, anche nei villaggi più piccoli, vi sia un ufficio del turismo o un posto presso il quale trovare informazioni turistiche, non c’è alcuna tendenza a portare l’afflusso turistico attuale a dimensioni “industriali” – al riguardo mi è bastato constatare quanto siano di tipo vetusto gli skilift sullo Chasseral: da noi li avrebbero già trasformati in seggiovie da portate di n-mila sciatori/ora. Penso sia anche per questo che i locali si dimostrano estremamente gentili e cordiali con qualsiasi forestiero – a Saint-Imier non ho mai trovato nessuno che non mi abbia sorriso e salutato gentilmente, pur incrociandomi per la prima e unica volta. Chissà perché, invece, nelle località dove l’overtourism impera, le comunità locali stanno diventando sempre più ostili nei confronti dei turisti…

[La veduta del vallone di Saint-Imier dal balcone della stanza nella quale ho soggiornato. Per chi se lo chieda: quella è una delle linee delle Chemins de Fer du Jura, le Ferrovie del Giura, che ha treni non solo puntuali – ci mancherebbe, in Svizzera – ma pure estremamente silenziosi. Nessun disturbo al soggiorno in hotel, insomma!]
10) Quindi in fin dei conti consiglieresti una vacanza a Saint-Imier ovvero in quella parte di Svizzera? No, anzi sì. In verità, ciò che “consiglio”, io (che sono nessuno, sia chiaro), è di scegliere le mete di vacanza perché vi va veramente di andare lì, non perché ve l’abbia detto qualcuno o abbiate visto qualche video attraente sui social. Ricordatevi sempre ciò che diceva Pessoa, «I viaggi sono i viaggiatori», e poi tenete presente che anche i viaggiatori possono essere il viaggio: i paesaggi che visitate sono innanzi tutto dentro voi stessi e quando il paesaggio esteriore è armonico a quello interiore, state certi che la vacanza che farete sarà la più bella possibile, ovunque la passerete!

N.B.: ovviamente le foto che corredano l’articolo le ho fatte io e dunque non so niente di che, chiedo venia, ma spero che almeno un poco rendano visivamente il senso di ciò che ho scritto.

Daniele Benati, Paolo Nori, “Baltica 9. Guida ai misteri d’Oriente”

baltica9_copOk, dovete partire per un viaggio. Verso paesi e città non propriamente turistici – ovvero, non state andando nel classico villaggio dove tutto quanto è uguale a ciò che trovate nel resto dell’anno sotto casa… Un viaggio vero, autonomo, a contatto con la gente del posto, la sua cultura e i suoi costumi. Ok, dunque vi serve una buona guida, una di quelle che vi dia tutte, ma proprio tutte, le informazioni necessarie al viaggio stesso, e alla permanenza nei luoghi in cui andrete: precisa, dettagliata, affidabile, senza divagazioni su temi e argomenti poco consoni al suddetto viaggio. Una guida che vi dia sicurezza fin dal titolo, ecco.
Ok. Posto ciò, diciamo che a un testo del genere che s’intitoli come una bevanda alcolica parecchio forte, e che peraltro nel paese in cui dovreste andare in certi casi non è così ben vista, quella bevanda alcolica, non è il caso di affidarsi. Peccato, però, perché se invece vi si affidate, leggereste le migliori informazioni (o, diciamo, le meno ordinarie) per uno dei viaggi più particolari che potreste fare… Mica chissà dove – restiamo comunque nella vecchia Europa – d’altro canto non è la distanza, l’esotismo della meta o la bizzarria dei luoghi visitati a decretare che un Viaggio sia di quelli con la V maiuscola, autentico, genuino, esperienziale. Bastano poche migliaia di chilometri, magari ancora meno: il vero viaggio è dentro i veri viaggiatori, altri li potresti mandare al Polo Sud ma si comporterebbero sempre come in ufficio o nel centro commerciale vicino casa…
Baltica 9. Guida ai misteri d’Oriente (Laterza, 2008, collana “Contromano”) è la “roadmap” di due degli scrittori italiani più particolari in circolazione, Daniele Benati e Paolo Nori, che dalla (dalle) loro esperienza (esperienze) lassù dove l’Europa Occidentale tocca in modo non del tutto soave l’Est, ricavano un vero e proprio taccuino a due mani sul quale appuntano di tutto, da buoni consigli di viaggio a considerazioni campare per aria, da cronache di avventure non sempre finite bene a indicazioni pratiche su come non finire invischiati nelle labirintiche (nella logica) frontiere oltre l’Austria…

Benati-Nori-photoLeggete la recensione completa di Baltica 9. Guida ai misteri d’Oriente cliccando sulla copertina del libro lì sopra, oppure visitate la pagina del blog dedicata alle recensioni librarie. Buona lettura!

“I libri han questo di bello, che non muoiono mai.” (Daniele Benati e Paolo Nori dixit)

libro-scadenza

I libri si considerano troppo spesso come una semplice merce di consumo ma certi libri hanno fatto una fatica boia per stare al mondo finendo magari nel dimenticatoio per decenni dove però non sono mai morti del tutto perché certi libri hanno questo di bello, che non muoiono mai.

(Daniele Benati, Paolo Nori, Baltica 9. Guida ai misteri d’Oriente (Laterza, 2008, collana “Contromano”, pag.79)

A volte mi ritrovo con qualcuno a parlare di qualche mia opera edita anni fa, e io ovviamente ne parlo come se l’avessi scritta ieri (anche se, in verità, la riscriverei dall’inizio alla fine – ma questo potrebbe valere pure per il testo che state leggendo), di contro molti tendono a osservarmi «Ah, ok, ma è un libro vecchio. Quali sono quelli più nuovi?» come se, appunto, i libri fossero cose dotate di una data di scadenza – eccezion fatta per i grandi classici. E io, puntualmente, nel rispondere in pratica sostengo quanto anche Benati e Nori sostengono: un buon libro (non che i miei siano tali, non sarò certo io a dirlo, qui dico in generale) è sempre vivo come il primo giorno in cui è stato pubblicato, e non avrà mai, e ribadisco mai, scadenza. Perché non hanno mai scadenza le belle parole, le storie intelligenti e coinvolgenti, le idee da esse generate, la visione del mondo e della realtà che ci rivelano. Che magari, in quel libro finito dopo pochi mesi – o settimane! – negli scatoloni dei resi per colpa del sempre più forsennato e suicida ritmo di uscita dei nuovi titoli imposto dai grossi gruppi editoriali (i quali poi non ci pensano due volte a sbattere nell’angolo più buio e sporco del magazzino il libro di un autore non ancora celebre per far spazio all’ennesima boiata in carta e inchiostro sulle ricette della tizia che chissà perché scrive libri di ricette visto che non ha nessuna qualifica professionale sul tema, o sulla vita di questa o quell’altra soubrette inevitabilmente intrisa di “rivelazioni piccanti”) – dicevo, in quel libro del nuovo autore dimenticato tra la polvere c’è l’opera letteraria più rivoluzionaria mai scritta. Ma non lo sapremo mai.

D’altronde, ugualmente non sanno, quei grossi gruppi editoriali e distributivi che così hanno corrotto e mercificato il mercato editoriale nostrano, che pure la loro data di scadenza è ormai stata superata, da un pezzo e soltanto per loro colpa.

P.S.: e a breve, la recensione del libro da cui è tratta la citazione.