Partiamo proprio dai secoli scorsi, quando nel lecchese era viva la convinzione che l’intero versante del Resegone compreso nei confini della Val Comera e, in particolare, i boschi del Magnodeno tra il Passo del Fò, la località di Campo de Boi (piccola capitale lecchese del mistero, come vi dirò a breve) e la zona sovrastante Maggianico fossero popolati da streghe fin da tempi remotissimi. Una credenza proveniente con tutta probabilità dagli adiacenti territori bergamaschi, nei quali si ritrovano molte leggende assai simili a quelle diffuse a Lecco e in Brianza – come hanno notato Felice Bassani e Luigi Erba nel libro I nostri vecchi raccontano… Storie leggende favole del territorio lecchese, edito nel 1982 da Bertoni Editore (dal quale sono tratte le testimonianze di seguito riportate). Il Resegone e i suoi valichi in effetti sono sempre stati territorio di transito tra il lecchese e la (attuale) provincia di Bergamo, con la quale vi sono sempre stati legami commerciali rilevanti a partire dagli spostamenti dei bergamini, i famosi pastori transumanti d’un tempo, che inseguendo i pascoli migliori per le proprie mandrie non si facevano mai troppi scrupoli confinari per i propri spostamenti, portandosi appresso pure le credenze delle terre d’origine.
Anche in tema di spiriti il Magnodeno è risultato da sempre ben dotato. Ancora intorno a Campo de Boi, ad esempio, succedevano sovente cose stranissime: un giorno un contadino che trasportava del latte si vide circondato da alcune ombre che gli spruzzavano addosso proprio quel liquido; a casa trovò poi i suoi recipienti vuoti. Stessa scena per un altro contadino del luogo: le solite ombre gli giravano attorno e, quando giunse a casa, trovò i recipienti vuoti, nonostante durante il trasporto gli sembrava che pesassero.
Altri spiriti infestavano invece il monte nella zona soprastante Maggianico: qui si diceva che molte persone vedessero le piante animarsi sentendo pronunciare le parole «Giüs, tra gió chel füs!». Il significato della frase non è chiaro, ma è certo che il füs era il fuso da filare, che ha in sé un’accezione magico-spiritica anche in molte altre culture: si veda la favola della Bella Addormentata, ad esempio, diffusa con alcune varianti in tutta Europa, che cade nel suo lungo sonno proprio per la puntura di un fuso.
Tuttavia, come detto, il Monte Magnodeno ha voluto rimarcare la propria natura misteriosa anche ai giorni nostri con un mito assolutamente contemporaneo: gli UFO. Raccontano infatti le cronache che la sera del 15 Novembre del 1977, limpidissima e senza un minimo di foschia, alcuni cittadini lecchesi notarono dalle proprie finestre o transitando per le strade tre oggetti misteriosi volteggiare presso le guglie del Resegone, per poi dirigersi nella zona di Monte Magnodeno. Si parlò subito di oggetti volanti non identificati – UFO, appunto – uno dei quali, con la sua coda luminosa, avrebbe poi lasciato il cielo del Resegone per scendere verso la località di Campo de Boi – evidentemente amata non solo da streghe e spiriti ma pure dagli alieni. L’eccezionale apparizione venne vista da tanti lecchesi sino a quando, verso le 23, le “luci” scomparvero improvvisamente: la zona di Campo de Boi venne addirittura perlustrata da volontari ed escursionisti, ma non furono rinvenute tracce di atterraggio di qualsivoglia astronave spaziale (sull’argomento “UFO-Magnodeno” ci ho scherzato sopra di recente, qui).
Insomma: al di là di visioni, suggestioni, superstizioni, allucinazioni o che altro, il Magnodeno è sempre stato un luogo montano carico di fascino sovente così grande da sconfinare nel soprannaturale e nell’incredibile. Al Resegone e ai suoi meravigliosi versanti non occorrono certo leggende d’alcun genere per rimarcare tutta la bellezza messa a disposizione dell’escursionista; d’altro canto tali storie mitologiche, curiose e divertenti anche per la mente più razionale, possono certamente rendere gli itinerari percorsi ancora più affascinanti e “magici”, regalando quella divertente aura di presumibile “mistero” – anche quando venga considerata dal più razionale punto di vista culturale e antropologico – che fa dell’esplorazione degli itinerari del monte un’esperienza ancor più interessante e, a suo modo, alternativa allo spettacolare ma iper-frequentato Resegone.
P.S.: il testo che avete appena letto è tratto dal volume Sö e só dal Pass del Fó. In cammino da 75 anni sui sentieri del Resegone e della storia di Calolziocorte, che ho scritto e curato nel 2015 per la sezione CAI di Calolziocorte. Per saperne di più, cliccate qui.