Dagli anni ’50 in poi, Carrà è stata una triplice delizia che sapeva cantare, ballare e recitare ugualmente bene, e ha avuto un’influenza senza rivali nella musica e nella cultura pop italiane. Tecnicamente parlando, l’Italia aveva cantanti molto più abili dal punto di vista vocale, che combinavano l’estensione con un tocco drammatico: Mina, mezzosoprano virtuoso; Milva, detta “la Rossa” per le sue inclinazioni politiche e la sua focosa criniera, celebrata per le interpretazioni di Brecht e Weill; Patty Pravo, contralto androgino; e Giuni Russo, che sublimava la tecnica operistica in pop, e aveva un’estensione di cinque ottave. Carrà le ha superate tutte.
Tratto da Raffaella Carrà: the Italian pop star who taught Europe the joy of sex, “The Guardian“, 16 novembre 2020.
Eccola, la carrambata maledettamente finale e definitiva, la più triste e dolorosa, troppo precoce e improvvisa, quella la cui “sorpresa” nessuno voleva vivere – nemmeno i suoi detrattori artistici, ne sono certo – quella che termina una storia assolutamente italiana ma che dà inizio a un mito internazionale assoluto e imperituro.
E ora, senza più la Carrà, chi comincerà a far l’amore?
Ecco, un cosiddetto mito che per me non lo è stato mai. Ma chi si è svegliato con il suo ombelico, prima, dov’era, cosa leggeva, studiava, guardava?
Paola, siamo in Italia, non scordarlo. Una nazione nella quale milioni di residenti si rivolgono a maghi e fattucchiere per “risolvere” i propri problemi. 😑
già! tendo a scordarlo
E’ che sei, e siamo, in periodo di vacanza, preferiamo non pensare alle cose più deprecabili. 😉