Weinstein e gli altri, ovvero: sull’abuso dell’abuso

Da comunissimo “uomo della strada” quale sono, mi viene da pensare che ‘sta questione delle molestie sessuali stia un po’ sfuggendo di mano.

A prescindere dalla consueta constatazione sul fatto che, evidentemente, buona parte della gente vive sui peri e, in tali occasioni, puntualmente casca da essi come di fronte a cose improvvise, impossibili da pensare e prevedere, ovviamente non sono in discussione le sacrosante denunce di atti vili compiuti da personaggi ignobili, alle quali spero facciano seguito adeguate e indiscutibili sanzioni. Tuttavia il solito caos sensazional-mediatico creatosi nel frattempo, entro il quale ci sta finendo di tutto, dallo stupro vero e proprio a episodi del tutto risibili (la cui lettura sugli organi d’informazione mi fa credere – consentitemelo – che le donne non siano più capaci di mollare sonori ceffoni ai “corteggiatori” meno eleganti e graditi e finirla lì con le loro più viscide avances!) rischia veramente di traviare il senso originario della questione.

I sensi, anzi, per come me ne vengano in mente numerosi. Ad esempio (ne cito solo alcuni, i primi che mi balzano in mente): uno, che buona parte del mondo in cui viviamo sia inesorabilmente regolato da tali vili bassezze; due, che per l’ennesima volta si dimostra che queste bassezze sono soprattutto appannaggio della parte maschile, che non perde occasione di dimostrare la propria sconcertante primitività nei confronti (in senso materiale e immateriale) della parte femminile; tre, che evidentemente nessuno ad esse voglia opporsi ovvero combatterle per eliminarle definitivamente, chissà se per menefreghismo, per accondiscendenza consapevole, per personali armadi ugualmente pieni di scheletri o altro; quattro, che, appunto, col polverone mediatico e gossiparo levatosi c’è il serissimo rischio di banalizzare i casi più gravi, di “normalizzarli” in un cumulo statistico troppo ampio e confuso dando di essi un riscontro pubblico meno ignominioso di quanto dovrebbe essere. Senza contare che, a proposito di gravità non così evidente di certi casi, ho pure il sospetto che qualche attricetta di scarso successo ne stia approfittando per tentare di ritornare sui giornali attraverso denunce che, a volte, sfiorano veramente il ridicolo, e che donne d’altri tempi o d’altra tempra avrebbero risolto in modi ben più spicci e amen, come detto.

Insomma, su tutto ciò il “comune uomo della strada” quale io sono si pone un tot di domande pressoché spontanee ovvero, per dire:

  • Ma dunque dove si deve concretamente porre il limite “moralmente condivisibile” tra molestia criminosa e avances pesante ma innocua?
  • E tra atto consenziente o meno?
  • Il fatto che la percezione di questi limiti sia ovviamente assai personale può giustificare alcune uscite di cui si legge sui giornali?
  • Ma tutto questo (all’apparenza) tamburellante dibattito pubblico sul tema segnala un autentico cambio d’atteggiamento, una reale volontà di “mondare” la società da questa piaga, oppure è solo il solito, bieco, ipocrita moralismo?
  • Perché nessuno, pare, riesce a cambiare questo ignobile e schifoso modus operandi tanto diffuso, non solo nello showbiz?
  • Ma tra qualche mese se ne parlerà ancora con tale insistenza, di questo argomento? Che dite?
  • E i tanti vari personaggi messi oggi giustamente sulla gogna, lo saranno ancora, tra un po’ di tempo? Oppure, comunque forti della loro influenza pubblica, l’avranno tranquillamente sfangata?

Come adeguatamente mette in luce questo ottimo articolo sul tema di dailybest.it, e come a mia volta ribadisco, il problema non è che se ne parli troppo (come qualcuno del mondo dello spettacolo sostiene) o troppo poco, ma che se ne parli bene, con serietà, appropriata cognizione di causa, relativo consapevole approfondimento, e senza alcun sensazionalismo terribilmente banalizzante oltre che assai viscido e subdolo. E, inutile rimarcarlo, punendo di conseguenza tutti i colpevoli in modo adeguato alle loro azioni.

È chiedere troppo, questo? Forse, la risposta a questa domanda è proprio, e purtroppo, nella constatazione dell’attuale realtà dei fatti. Sperando che quella di domani, di realtà, sia diversa da quella che è stata fino a oggi, ovvero che veramente scaturisca la volontà di finirla una volta per tutte con quel mondo schifoso e con i tanti personaggi che ne sono reggenti e rappresentanti, l’un l’altro reciprocamente sodali nei propri ambiti e al di fuori di essi.

Io per ora un’opinione ce l’ho, e mi auguro vivamente sia quella sbagliata. Ecco.

Maurizio Buscarino: quando la vita è il teatro, il mondo intero il palco e il cuore un obiettivo fotografico…

Pochi giorni fa, grazie alla preziosa intercessione di Francesco Lussana, ho avuto la grandissima fortuna di conoscere personalmente Maurizio Buscarino. Devo ammettere che sapevo poco o nulla di lui fino a qualche tempo fa, eppure rapidamente, e in maniera quasi sorprendente anche per me, sono arrivato a considerarlo uno dei più grandi fotografi italiani di sempre (opinione che peraltro non sono certo io il primo ad aver maturato!). Conoscerlo di persona, appunto, mi ha ancora di più mostrato e confermato come l’intensa e profondissima valenza artistica delle sue opere sia riscontrabile, tale e quale, anche in colui che le ha create – cosa assolutamente non automatica, nell’arte come in ogni altra attività creativa umana.
Ma, ancora, mi viene difficile mettermi a disquisire – qui, ora, e/o in altre sedi – dell’arte di Buscarino. E questo perchè la raffigurazione del grande e fantasmagorico mondo del teatro che è stato il tema peculiare e portante della propria attività fotografica, la quale si interseca con una visione della condizione umana nel mondo reale a sua volta (sempre più) spesso simile a un palcoscenico che trasforma le vite quotidiane in recite di attori e comparse, ovvero lo scambio di ruoli, di senso e di verità tra la realtà e la fantasia, tra il teatro che diviene sotto certi aspetti più vero della realtà effettiva, viceversa artificiosa al punto da diventare più simile a una rappresentazione teatrale… – insomma, tutte queste peculiarità che ritrovo nell’arte di Maurizio Buscarino creano tali e tanti spunti, motivi, impulsi di studio, riflessione e dissertazione, e così tanto profondi, intensi, strutturati, sociologici e filosofici mi viene pure da dire, che veramente il provare a compendiare tutto quanto in poche righe d’articolo da blog mi sembra come pensare fare il giro del mondo in bicicletta senza un più che adeguato allenamento.
Di contro, questa appena espressa opinione rafforza la mia già ferma volontà di conoscere ancora più a fondo, studiare, meditare e comprendere – per quanto potrò fare – l’opera di Maurizio Buscarino. Perché, lo ribadisco ancora, trovarsi di fronte ad una così meravigliosa arte, e al suo creatore così grande, rende quella volontà semplicemente imprescindibile.

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Vi invito a conoscere a vostra volta (per chi già non lo conosca, ovvio!) Maurizio Buscarino. E’ quasi inutile che affermi nuovamente come lo ritenga tra i più grandi fotografi italiani di sempre: se appunto andrete alla scoperta della sua arte, sono convinto che ve lo affermerete da soli.
QUI potete trovare un suo (piccolissimo, vista l’entità della sua produzione) portfolio, che traggo da Lombardia Beni Culturali, il portale unificato del patrimonio culturale lombardo – ma in effetti la rete è disseminata di immagini delle sue opere…
Da par mio, nel frattempo, sollevo il sipario su un palcoscenico grande come la vita, e su una delle più affascinanti rappresentazioni a cui si possa assistere… Ve ne darò certamente ancora conto, di questo spettacolo.

(Nell’immagine: Re Nicolò, di Frank Wedekind, Teatro Stabile di Genova, 1981)