MONTAG/NEWS #8: cose interessanti successe sulle montagne la scorsa settimana

In questo articolo a cadenza domenicale trovate una selezione di notizie relative a cose di montagna pubblicate in rete nella settimana precedente che trovo interessanti e utili da conoscere e leggere, con i link diretti alle fonti originarie così che ognuno possa approfondirle a piacimento. Di notizie del genere sulle montagne ne escono a bizzeffe: questo è un tentativo di non perdere alcune delle più significative. Durante la settimana le più recenti di tali notizie le trovate sulla home page del blog nella colonna di sinistra; qui invece trovate il loro archivio permanente.


L’OBBLIGO DEL CASCO PER CHI SCIA, TRA SENSATEZZA E ILLUSIONE

Su “Lo ScarponeEnrico Camanni riflette da par suo sulla norma che da quest’anno rende obbligatorio il casco sulle piste da sci: «Se dal punto di vista della sicurezza (sempre quella parola d’ordine, sempre quell’illusione!) la norma risponde al buon senso, […] dal punto di vista simbolico è la fine della relazione storica tra sci e montagna. Oggi le piste sono considerate degli impianti al cento per cento, come un campo da tennis o da pallone, e allora se acquisto il biglietto devo essere “garantito” ed esonerato da ogni scelta, da ogni responsabilità, da ogni libertà.»


SCI TROPPO CARO: SEMPRE MENO ITALIANI E PIÙ STRANIERI SULLE PISTE

A proposito (anche) del mio articolo del 02/12 sul “caro-skipass”, se ne è occupata di recente anche “La Stampa”, in particolare sulla composizione del pubblico sciistico attuale: «Gli stranieri già da anni hanno superato gli italiani sulle nostre piste: ormai la proporzione è intorno al 40% di clientela domestica contro il 60% di sciatori esteri e oltre 70% nelle località più esclusive, tipo la dolomitica Alta Badia, la Val Gardena (73%) e Cortina: tre su quattro.» Ciò comporta che «il saldo positivo dei visitatori è in realtà una lente distorta. Il segno più è infatti drogato soprattutto dal crescere dei turisti stranieri, mentre quelli italiani sono in calo costante.»


IL PODCAST “DOVE IL GHIACCIO SCOMPARE”

In occasione del convegno della Carovana dei Ghiacciai “Ghiacciai e crisi climatica” del prossimo 9 dicembre, CIPRA Italia e Legambiente Alpi con il supporto di Fondazione Cariplo lanciano “Dove il ghiaccio scompare“, un podcast narrativo in sei puntate che attraversa le Alpi seguendo le tappe della Carovana dei Ghiacciai. Dal 9 dicembre il podcast sarà disponibile sulle principali piattaforme e sui canali di La Nuova Ecologia, CIPRA International e Legambiente.


L’“IDENTIFICATORE DI CIME” DI WIKILOC

Wikiloc, la nota piattaforma per appassionati di attività outdoor, ha introdotto nella propria app l’Identificatore di Cime, una nuova funzione basata sulla realtà aumentata che permette di riconoscere in tempo reale le montagne semplicemente puntando lo smartphone verso l’orizzonte. L’obiettivo è quello di rendere ogni uscita un’esperienza più consapevole, aiutando gli utenti a conoscere meglio il territorio: è una cosa quanto mai necessaria, senza dubbio, ma oltre alla conoscenza potrà alimentare anche la consapevolezza dei luoghi in cui ci si trova?


COSA STANNO FACENDO I PAESI ALPINI PER PROTEGGERE IL CLIMA?

La regione alpina è più colpita dai cambiamenti climatici rispetto alla maggior parte delle altre regioni europee. Si sta facendo di più per proteggere il clima? Su “Salto.bzThomas Benedikter compila una panoramica dettagliata sulle azioni e gli interventi in atto a livello istituzionale nei vari paesi delle Alpi, i quali registrano alcuni ritardi e/o tentennamenti ma pure interessanti eccellenze.

Stipendi che calano, skipass che aumentano e lo sci in un cul-de-sac

[Foto di Helena Volpi da Pixabay.]
A chi si occupa come me di montagna, dunque anche della sua frequentazione turistica in questi tempi difficili, viene inevitabile mettere a confronto le notizie che raccontano di come i redditi medi italiani (con il relativo potere d’acquisto) siano gli unici in Europa, insieme a quelli della Grecia, a essere diminuiti negli ultimi vent’anni (del 3,9%), e quelle che rimarcano i continui aumenti dei prezzi delle vacanze in montagna: ad esempio – visto che è appena cominciata la nuova stagione sciistica – quelli degli skipass, che per l’inverno 2025/2026 rincarano in media del 4/6% e che in soli quattro anni sono aumentati mediamente del 38% (!).

In effetti, lo sci contemporaneo appare per molti versi paradossale dal punto di vista economico anche più che da quello climatico. Ad oggi l’industria sciistica resta gioco forza un’economia irrinunciabile per molti territori montani, la cui gestione sempre più onerosa (anche in forza degli effetti della crisi climatica, ma non solo per quelli) costringe i responsabili dei comprensori sciistici ad aumentare continuamente i prezzi, a prescindere dalle mire di certe località di diventare mete di lusso – anche se ciò diventa un impulso e una giustificazione ulteriori per quegli aumenti.

[Infografica tratta da “Il Post.]
Tuttavia, come palesato dalle notizie sopra citate, la platea ad oggi ancora fondamentale per le stazioni sciistiche italiane, cioè quella del turismo nazionale, si sta sempre più restringendo in quantità di utenti e qualità della vacanza, il che costringe le stazioni ad attirare il turismo estero, per certi versi più redditizio ma per altri meno fidelizzabile e garantito, essendo più legato all’andamento del mercato turistico e ai relativi trend stagionali.

[Qui “Il Sole-24Ore” riassume gli aumenti in alcune delle principali stazioni sciistiche italiane per la stagione 2025/2026.]
Per restare attrattive e fronteggiare la concorrenza del mercato le stazioni devono costantemente investire in nuovi impianti, infrastrutture e servizi, accollandosi ulteriori costi che inevitabilmente, pur con le frequenti e discutibili iniezioni di soldi pubblici che la politica italiana riserva all’industria dello sci, finiscono per alimentare ulteriori aumenti dei prezzi al pubblico, con il risultato che la forbice tra accessibilità economica dell’attività sciistica e più in generale della vacanza invernale in montagna e sostenibilità per un pubblico sempre più ampio si allarga continuamente, ben oltre i limiti che molti utenti possono ritenere accettabili per le proprie finanze ordinarie. Nel frattempo, come accennato, il pubblico straniero oggi c’è e domani non si sa, magari diretto verso altre mete che intanto hanno accresciuto la propria attrattività turistica, sicché i corposi e costosi investimenti compiuti dalle stazioni rischiano di non essere finanziariamente ammortizzati, con conseguenti dissesti nei bilanci e ulteriori debiti da coprire. Come? Con altri aumenti dei prezzi, inevitabilmente.

Un gran “bel” cul-de-sac, insomma, nel quale le stazioni sciistiche si stanno infilando sempre più a fondo, consapevoli dei rischi crescenti per la propria sopravvivenza già a breve termine ma d’altro canto non sapendo che fare di diverso – o, meglio, non avendo la volontà e la capacità di farlo.

[Prestigiosi hotel di lusso in certe località e brutti condomini di seconde case vuote in altre: le due facce della medaglia turistica alpina.]
Per questo sostengo che la fine dello sci, in molte stazioni che ancora oggi resistono con i propri comprensori, ancor più che dalla (ovvero in correlazione con la) crisi climatica potrebbe essere cagionata dalla sostanziale, inesorabile insostenibilità economica e dalla conseguente implosione del settore ormai divenuto una bolla, salvo pochi casi tra i comprensori più strutturati e meno soggetti tanto al degrado del clima quanto alle variabili del mercato.

Una cosa è comunque certa: sulle nostre montagne lo sci, in gran parte, ha ormai il destino segnato, e lo affermo senza alcun sarcasmo ma con molto dispiacere.