Un libro serve a chi lo scrive, raramente a chi lo legge, perciò le biblioteche sono piene di libri inutili.
(Luigi Pintor, Servabo. Memoria di fine secolo, Bollati Boringhieri, Torino 2001)
In poche parole, una verità assoluta e (ahinoi) drammatica sull’editoria contemporanea sancita da uno dei più brillanti intellettuali italiani del Novecento, Luigi Pintor – al di là delle posizioni ideologico-politiche espresso, sia chiaro. Perché la comprensione di certe verità, la cognizione profonda di esse e la capacità di coglierne gli effetti nel mondo in cui si vive e si interagisce è peculiarità di intelletti fini e sagaci – peculiarità che non hanno colore o parte. E certamente se la gran massa degli scrittori odierni scrivesse per offrire parole utili a chi le potrebbe leggere, piuttosto che a sé stessi, al proprio ego e alla pretesa autoaffermazione, ci sarebbero in circolazione libri ben più interessanti e stimolanti di quelli che, nella maggior parte dei casi, occupano gli scaffali delle librerie come superflui soprammobili sulle mensole di una ordinarissima e banalissima casa…
E a dar ancora maggior forza e valore alle parole di Pintor e alle sue intuizioni, c’era pure una peculiare e vivace ironia (anche auto-), come egli, scrittore assolutamente attivo fino agli ultimi mesi di vita, ci dimostra in quest’altra citazione:
Per scrivere un libro nel terzo millennio ci vuole una smisurata superbia. Basta entrare in una biblioteca comunale e guardare le vetrine di un cartolaio per capire che il mondo non ha bisogno di un volume in più.
(Il nespolo, Bollati Boringhieri, 2001.)
E’ un po’ come una martellata nei denti, ma dentro… lo so che ha ragione. 🙂
Diciamo che quella di Pintor è una visione piuttosto pessimistica dell’editoria contemporanea, e che noi di contro vogliamo essere ben più ottimisti ma, per chissà quale inopinata e sfortunata circostanza, non ci riusciamo… -_-
Grazie, Gianni!!! 🙂
Forse perché l’ostinazione è una caratteristica umana molto forte?
Ah, certo. Nel bene e nel male… 🙂